Netanyahu torna dagli Usa: parla di possibile tregua vicina e conferma 20 ostaggi ancora vivi
Sanzioni alla rappresentante Onu Albanese: "Si tratta di un'intimidazione, non mi fermo"

Mentre Netanyahu lascia gli Stati Uniti paventando una tregua a Gaza, le tensioni internazionali si acuiscono anche sul fronte diplomatico e dei diritti umani.
Il caso Francesca Albanese - giurista italiana, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi - apre un nuovo fronte tra ONU e Washington, e solleva interrogativi profondi su giustizia, libertà di parola e responsabilità internazionale nel conflitto israelo-palestinese.
Netanyahu torna dagli Usa: parla di possibile tregua vicina
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha concluso la sua visita di quattro giorni negli Stati Uniti e ha fatto ritorno in Israele. La missione diplomatica a Washington si è chiusa con un bilancio positivo, almeno secondo il suo entourage:
"Tutti gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti", ha dichiarato l'ufficio del Primo Ministro.
השתתפנו היום, רעייתי שרה ואני, בטקס זיכרון מרגש בשגרירות ישראל בוושינגטון - לזכרם של שרה מילגרים וירון לישינסקי ז״ל, שנרצחו באכזריות אנטישמית בזמן שליחותם למען מדינת ישראל.
זוג צעיר שעמד להינשא וחייהם נגדעו בגלל שנאה.
זכרם ילווה אותנו.
ננצח את השנאה.
ננצח את הרוע.עם ישראל חי… pic.twitter.com/RgdaKYCoQR
— Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו (@netanyahu) July 10, 2025
Durante la visita, Netanyahu ha avuto occasione di visitare Monticello, la storica residenza di Thomas Jefferson in Virginia. In seguito, ha raggiunto la base militare Andrews Joint Base a bordo del Marine One, l’elicottero presidenziale americano messo a disposizione dal presidente Donald Trump. Da lì, lui e la moglie Sara sono saliti sul “Wing of Zion”, l’aereo ufficiale del primo ministro israeliano, per fare ritorno a casa.
Poco prima della partenza, Netanyahu ha rilasciato un’intervista al canale Newsmax in cui ha espresso un cauto ottimismo su un possibile accordo per una tregua nella Striscia di Gaza.
“Spero che potremo concludere un accordo nei prossimi giorni”, ha dichiarato. Ha poi aggiunto che potrebbe essere concordato un cessate il fuoco di 60 giorni, durante il quale verrebbe rilasciato un primo gruppo di ostaggi israeliani. “Utilizzeremo quel tempo per cercare di negoziare la fine di tutto questo”, ha spiegato, riferendosi al conflitto in corso con Hamas.
Nonostante le pressioni interne e quelle provenienti dagli Stati Uniti, i negoziati per il rilascio degli ostaggi restano però in stallo. Netanyahu ha confermato che circa 50 ostaggi si trovano ancora nelle mani di Hamas: “20 di loro sono sicuramente vivi, circa 30 non lo sono”.
Il piano negoziale prevede la liberazione di metà dei vivi e metà dei deceduti, il che lascerebbe ancora 10 ostaggi in vita da liberare e circa 12 corpi da recuperare.
“Ma voglio riportarli tutti a casa”, ha sottolineato, ribadendo la volontà di concludere presto un’intesa. “Sconfiggeremo questi mostri”, ha dichiarato, riferendosi ad Hamas.
Bufera diplomatica: gli Stati Uniti sanzionano Francesca Albanese
Contemporaneamente al viaggio del premier israeliano, negli Stati Uniti è scoppiato un nuovo caso diplomatico destinato a fare rumore. Il senatore repubblicano Marco Rubio, attuale Segretario di Stato, ha annunciato su X (ex Twitter) l’imposizione di sanzioni contro Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi.
As @SecRubio stated, we will not tolerate these campaigns of political and economic warfare which threaten our national interests and sovereignty. https://t.co/G38og8X71R
— Secretary Doug Burgum (@SecretaryBurgum) July 10, 2025
Rubio ha accusato la giurista italiana di “sforzi illegittimi e vergognosi” per aver sollecitato l'intervento della Corte Penale Internazionale contro funzionari, aziende e dirigenti israeliani e statunitensi. Tuttavia, la natura precisa delle sanzioni resta poco chiara: il comunicato del Dipartimento di Stato non specifica le misure concrete adottate, anche se è probabile che ad Albanese venga vietato l’ingresso negli Stati Uniti, come già avviene in Israele da oltre un anno.
La reazione internazionale non si è fatta attendere. Il presidente del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, l’ambasciatore svizzero Jürg Lauber, ha definito la decisione “deplorevole”, ricordando che tutti gli Stati membri, inclusi gli Stati Uniti, hanno il dovere di collaborare con i relatori speciali dell’ONU e di astenersi da ogni forma di intimidazione o rappresaglia. Anche l’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Tuerk, ha chiesto formalmente la “rapida revoca” del provvedimento.

Francesca Albanese, che ricopre il suo incarico dal 2022 ed è la prima donna a farlo, ha replicato definendo le sanzioni “oscene” e una “ritorsione” per il suo lavoro volto alla ricerca della giustizia nella guerra tra Israele e Gaza. In un'intervista ad Al-Jazeera ha affermato che queste misure ricordano “le tecniche di intimidazione della mafia”, ma ha ribadito che non fermeranno il suo impegno per il rispetto del diritto internazionale.
“Funzionano solo se le persone hanno paura e smettono di impegnarsi”, ha dichiarato.
Il rapporto che ha irritato Washington
A provocare la reazione degli Stati Uniti è stato in particolare l’ultimo rapporto presentato da Albanese all’ONU, dal titolo “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”. Il documento elenca ben 45 aziende che, direttamente o indirettamente, sosterrebbero l’azione dell’esercito israeliano e l’occupazione dei territori palestinesi, traendo profitto dalla distruzione di vite umane. Fra le aziende citate figurano colossi americani come Lockheed Martin (produttrice degli F-35), Caterpillar, Google, Microsoft, Amazon, IBM e Palantir. Ma nell’elenco compare anche l’italiana Leonardo.
Nonostante le sue critiche a Israele, Albanese ha sempre condannato anche Hamas per le violenze commesse, incluso l’attacco del 7 ottobre 2023 contro civili israeliani. Il suo lavoro ha incluso sei rapporti ufficiali per l’ONU, che trattano temi come la detenzione arbitraria, il trattamento dei minori e le accuse di genocidio. La relatrice ha chiesto alla Corte Penale Internazionale di indagare su eventuali responsabilità individuali.

“Gli Stati Uniti oggi sono allergici alla giustizia”, ha affermato Albanese. “Il potere economico e politico cerca di silenziare chi lo critica, dopo averlo ridicolizzato e diffamato. Ma io denuncio questo sistema, che funziona solo se la gente si lascia impaurire e dividere”.
Secondo Albanese, la guerra è alimentata anche da una rete economico-finanziaria globale: aziende, banche, fondi pensione e settori strategici come armamenti, tecnologia, intelligenza artificiale e sorveglianza. “E queste armi le stiamo comprando noi”, ha concluso, denunciando un meccanismo che, a suo dire, produce profitti sulla pelle di civili innocenti.