L’Unione europea compie un passo decisivo verso l’immobilizzazione a tempo indeterminato degli asset sovrani russi, aprendo la strada al futuro prestito di riparazione destinato all’Ucraina. Dopo settimane di stallo, il Comitato dei rappresentanti permanenti dei 27 (Coreper) ha approvato una versione rivista della proposta fondata sull’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, avviando la procedura scritta per la decisione finale del Consiglio, attesa entro le ore 17 di oggi, venerdì 12 dicembre 2025.
Al centro dell’iniziativa figura un cambiamento sostanziale nel regime sanzionatorio: il congelamento dei beni russi, finora soggetto a rinnovo semestrale all’unanimità, diventa stabile nel tempo e rivedibile solo a maggioranza qualificata. L’obiettivo è evitare il rischio che, in caso di veto o mancato rinnovo delle sanzioni, gli asset – per oltre 185 miliardi di euro custoditi presso la camera di compensazione Euroclear a Bruxelles – possano essere restituiti a Mosca, esponendo il Belgio e la stessa Unione a responsabilità finanziarie potenzialmente colossali.
La posizione della Commissione e il ruolo dell’articolo 122
La Commissione europea, che ha promosso la mossa accolta dalla presidenza di turno danese, considera l’uso dell’articolo 122 un passaggio necessario per stabilizzare l’immobilizzazione dei beni russi e costruire basi giuridiche solide per il futuro prestito destinato a Kyiv.
Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha spiegato che il nuovo regolamento “contribuirà alle discussioni sul prestito di riparazione“, eliminando la dipendenza da un regime rinnovabile ogni sei mesi e garantendo continuità e certezza agli investitori che parteciperanno all’emissione delle obbligazioni legate al prestito.

“Si vieta il trasferimento dei beni russi immobilizzati“, ha aggiunto, “impedendo a Mosca di utilizzarli per alimentare ulteriormente la sua guerra di aggressione e riducendo un significativo fattore di rischio economico per l’Unione”.
I portavoce della Commissione, rispondendo alle critiche, hanno sottolineato che l’invasione russa dell’Ucraina ha generato un impatto economico profondo sull’Europa, legittimando il ricorso allo strumento d’emergenza previsto dai Trattati.
“Senza la guerra – ha affermato il portavoce Balazs Ujvari – oggi l’Ue si troverebbe in una condizione economica ben più prospera”.
Le resistenze di Belgio, Ungheria e Slovacchia
Nonostante il largo sostegno della maggioranza degli Stati membri, il dossier resta delicato. Belgio, Ungheria e Slovacchia hanno espresso riserve: Budapest e Bratislava sono orientate a votare contro, mentre Bruxelles – la cui Euroclear ospita la quasi totalità degli asset – potrebbe decidere di astenersi.

Il primo ministro belga Bart De Wever aveva messo in dubbio la legalità dell’operazione, sostenendo che non si tratti di una vera emergenza economica e paragonando l’uso dei beni russi a “entrare in un’ambasciata, portare via i mobili e venderli“. Preoccupa in particolare il rischio che, in caso di ricorsi russi, Euroclear possa essere chiamata a risarcimenti miliardari, mentre solo pochi Stati (tra cui la Germania) hanno finora risposto alla richiesta di condividere gli oneri finanziari.
La scelta è fatta
La decisione di passare al voto a maggioranza qualificata consente all’Ue di aggirare il veto sistematico dell’Ungheria, che negli ultimi due anni ha più volte minacciato di bloccare il rinnovo delle sanzioni, salvo poi cedere sotto pressione.
Stabilizzare il congelamento degli asset è ritenuto indispensabile anche per garantire il futuro meccanismo di finanziamento dell’Ucraina, soprattutto in vista del summit europeo della prossima settimana (giovedì 18 dicembre 2025), dove si prevede un via libera politico complessivo.
Nonostante le perplessità, la scelta è fatta. Il congelamento sine die degli asset russi rappresenta la carta più forte che Bruxelles ritiene di avere nel complesso negoziato internazionale su Ucraina e sicurezza europea. Una mossa che segnala la volontà dei Ventisette di non farsi marginalizzare mentre Washington e Mosca continuano a parlare tra loro, e che potrebbe presto diventare la base materiale del nuovo sostegno finanziario all’Ucraina, in vista del 2026 e 2027.