Dopo l’uccisione di un soldato israeliano negli scontri con Hamas a Rafah e l’“inganno” legato alla restituzione dei resti di un ostaggio già rimpatriato due anni fa, il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ordinato all’esercito di riprendere “massicci attacchi immediati” sulla Striscia di Gaza. I caccia dell’aviazione israeliana (Iaf) hanno colpito soprattutto il nord e il centro dell’enclave palestinese, in particolare le aree di Gaza City, Khan Younis e Deir al-Balah.
Israele: “Risposta alle violazioni di Hamas”
Il bilancio è drammatico, in special modo considerando le sole 24 ore dall’ultimo stop alla tregua: secondo fonti mediche locali, almeno 104 persone sono state uccise, tra cui 46 bambini e 20 donne, e 253 sono rimaste ferite. Solo all’ospedale di Aqsa, a Deir al-Balah, sono arrivati dieci corpi, compresi tre donne e sei bambini, dopo due raid nella notte. Gli attacchi hanno colpito anche il campo profughi di Bureij e il quartiere Sabra di Gaza City.

L’Idf ha riferito di aver “colpito trenta terroristi che ricoprivano posizioni di comando” nelle organizzazioni operative nella Striscia, spiegando che le operazioni erano “una risposta alle violazioni di Hamas”. Gli attacchi, ordinati da Netanyahu e durati circa dodici ore, sarebbero stati mirati contro depositi di armi a Beit Lahia e altre infrastrutture considerate minacce “imminenti” contro Israele. Secondo Ynet, un ulteriore raid ha colpito nel pomeriggio la zona settentrionale della Striscia.

Da Tel Aviv, l’esercito aveva annunciato in mattinata il ripristino del cessate il fuoco “a partire dalle 9”, dopo “una serie di attacchi in risposta alle violazioni di Hamas”. Ma la tregua è stata nuovamente infranta poche ore dopo.
La ripresa dei bombardamenti è arrivata mentre cresceva in Israele l’indignazione per la riconsegna, da parte di Hamas, dei resti del soldato Ofir Tzarfati, già recuperati in parte mesi prima. Netanyahu ha convocato una riunione d’emergenza e ha autorizzato “colpi potenti” in risposta a quella che il governo ha definito “una macabra messa in scena”. I ministri dell’ala più dura del suo governo, come Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, hanno chiesto “una risposta definitiva” e la distruzione totale di Hamas.
Trump: “Un atto di rappresaglia”
Da Washington, il presidente Donald Trump ha definito l’attacco israeliano “un atto di rappresaglia” per la morte del soldato a Rafah, dichiarando che “nulla metterà a repentaglio la tregua a Gaza”.

“Israele ha avuto un suo soldato ucciso e ha reagito. Doveva reagire”, ha detto il presidente statunitense ai giornalisti sull’Air Force One, aggiungendo che il cessate il fuoco “è tornato in vigore”.
Anche il vicepresidente JD Vance ha minimizzato gli scontri definendoli “scaramucce” e sostenendo che “la pace in Medio Oriente resisterà”.
Le Nazioni Unite condannano le uccisioni di civili
Le Nazioni Unite, invece, hanno condannato con forza i bombardamenti.
“Il segretario generale condanna fermamente le uccisioni di civili a Gaza a causa dei raid aerei israeliani, tra cui molti bambini”, ha dichiarato il portavoce Stephane Dujarric.
Medici Senza Frontiere ha ribadito l’appello per un cessate il fuoco duraturo, denunciando “le ripetute violazioni che perpetuano il massacro dei civili”.
Nelle prossime ore, secondo le fonti israeliane, Hamas dovrebbe consegnare quattro dei tredici corpi degli ostaggi ancora dispersi. Ma dopo quella notte di sangue, la tregua raggiunta a fatica appare di nuovo appesa a un filo.