La più grande portaerei del mondo, la USS Gerald R. Ford, è entrata nella zona di competenza del Comando Meridionale degli Stati Uniti (Southcom), che copre l’America Latina e i Caraibi. Il dispiegamento, annunciato dal Pentagono, segna un notevole rafforzamento delle operazioni statunitensi contro il narcotraffico, ma ha provocato una nuova ondata di tensione con il Venezuela, che denuncia una “minaccia imperialista” e ha risposto con una mobilitazione militare senza precedenti.
200mila soldati schierati in Venezuela
Secondo il ministro della Difesa Vladimir Padrino López, circa 200.000 soldati sono stati schierati in tutto il Paese per partecipare a esercitazioni che coinvolgono “forze terrestri, navali, fluviali, aeree e missilistiche”, nel quadro di una “fase superiore” del Piano Indipendenza 200, varato lo scorso settembre per difendere la sovranità nazionale.

Il dispiegamento, ha spiegato il ministro, è iniziato all’alba di martedì 11 novembre e proseguirà fino a mercoledì 12. “Seguiamo gli ordini impartiti dal presidente Nicolás Maduro”, ha dichiarato López, sottolineando che l’iniziativa rappresenta una risposta “alle minacce provenienti dagli Stati Uniti”.
Operazione Usa “contro il narcotraffico”
Il segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth ha riferito che l’operazione, ordinata tre settimane fa dal presidente Donald Trump, mira a “smantellare le organizzazioni criminali transnazionali e contrastare il narcoterrorismo”.

Il portavoce del Pentagono, Sean Parnell, ha dichiarato che la presenza della portaerei “rafforzerà la capacità degli Stati Uniti di individuare, monitorare e interrompere attività illecite che minacciano la sicurezza nell’emisfero occidentale”. La USS Gerald R. Ford, considerata il fiore all’occhiello della marina americana, trasporta quattro squadriglie di caccia F/A-18E Super Hornet ed è accompagnata da tre cacciatorpediniere lanciamissili.
Dallo scorso settembre, Washington ha effettuato una ventina di raid aerei contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti nel Mar dei Caraibi e nell’Oceano Pacifico, causando almeno 76 morti. Secondo il Pentagono, le navi colpite trasportavano droga da Venezuela e Colombia. Caracas sostiene invece che gli attacchi fanno parte di “un piano per rovesciare il governo di Nicolás Maduro” e “impadronirsi del petrolio venezuelano”.
Londra e Ottawa prendono le distanze
L’arrivo della Ford coincide con una spaccatura tra Washington e alcuni suoi storici alleati. Secondo quanto riportato dalla Cnn, il Regno Unito ha sospeso la condivisione di informazioni di intelligence con gli Stati Uniti sulle imbarcazioni sospettate di trasportare droga nei Caraibi, per non essere “complice di attacchi ritenuti illegali”.

Fonti britanniche hanno spiegato che i dati raccolti finora – provenienti anche da territori d’oltremare britannici nella regione – venivano usati per consentire alla Guardia Costiera americana di intercettare e sequestrare le navi sospette. Ora, però, Londra considera le operazioni statunitensi come violazioni del diritto internazionale, in quanto “uccisioni extragiudiziali”, come denunciato anche dall’Alto Commissario Onu per i diritti umani Volker Türk.
Anche il Canada ha deciso di limitare la collaborazione, mantenendo i canali d’intelligence aperti ma imponendo che le informazioni non vengano utilizzate per colpire obiettivi militari. Si tratta di una rottura inedita all’interno dell’alleanza anglosassone dei “Five Eyes”, di cui fanno parte anche Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda.
Condanne da Mosca e allarme Onu
La Russia, alleato storico di Caracas, ha condannato duramente i raid americani.
“È così che operano i paesi che si considerano al di sopra della legge”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, definendo gli attacchi “inaccettabili” e accusando Washington di usare la guerra alla droga come “pretesto” per azioni ostili contro il Venezuela.

Da New York, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha espresso “preoccupazione per la presenza della portaerei Ford nei Caraibi” e ha invitato “tutte le parti ad evitare un’ulteriore escalation nelle acque al largo dell’America Latina”.
Maduro: “Difenderemo la patria con tutti i mezzi”
Il presidente Nicolás Maduro ha firmato la “Legge del Comando per la Difesa Integrale della Nazione”, che istituisce nuovi comandi territoriali composti da militari, funzionari pubblici e civili, “per essere preparati in caso di conflitto armato”.

Durante un discorso trasmesso in diretta televisiva, Maduro ha dichiarato che il Venezuela “ha la forza e il potere per rispondere a qualsiasi aggressione” e ha invitato i cittadini ad arruolarsi nella Milizia Bolivariana, corpo ausiliario delle Forze Armate a forte connotazione ideologica.
“Se l’imperialismo dovesse organizzare un colpo di stato e causare danni, l’intero popolo venezuelano sarà pronto a mobilitarsi e combattere”, ha detto il presidente.
Una crisi regionale in piena evoluzione
Le tensioni si estendono anche oltre il Venezuela. Il presidente colombiano Gustavo Petro ha annunciato la sospensione della cooperazione in materia di sicurezza con Washington, mentre i governi di Brasile e Messico hanno espresso “forte preoccupazione” per il rischio di escalation militare nel Mar dei Caraibi.
“È un passo pericoloso verso la destabilizzazione regionale”, ha commentato Petro, mentre il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha invocato “un approccio multilaterale alla lotta al narcotraffico, nel rispetto del diritto internazionale”.
Intanto, la portaerei USS Gerald R. Ford rimane nel cuore dei Caraibi, simbolo della crescente assertività militare statunitense e del rischio – sempre più concreto – che la crisi tra Washington e Caracas si trasformi in un confronto diretto nelle acque del Sud America.