L’esercito israeliano (Idf) ha annunciato di aver “completato una serie di attacchi contro infrastrutture terroristiche e depositi di armi della Forza Radwan nel Libano meridionale”.
I ripetuti attacchi di Israele in Libano
I raid, condotti dopo l’ordine di evacuazione ai civili dei villaggi di Taybeh e Tayr Debba, hanno preso di mira “diversi depositi di armi” di Hezbollah “costruiti nel centro di aree popolate da civili”. Secondo l’Idf, le milizie filo-iraniane “usano cinicamente i civili libanesi come scudi umani”.
Fonti libanesi riferiscono che gli attacchi aerei hanno colpito più volte il sud del Paese, in particolare i villaggi di Dounine, Toura, Abbasiyah, Taibe, Tayr Dibbah e Ayta al Jabal. Il ministero della Salute libanese segnala almeno un morto e tre feriti a Toura, mentre le scuole di Nabatieh e Tiro resteranno chiuse per ragioni di sicurezza.
L’Unifil, la forza di pace delle Nazioni Unite dispiegata lungo la Linea Blu, ha confermato di aver “osservato numerosi attacchi aerei israeliani all’interno della nostra area di operazioni nel Libano meridionale”, definendoli “chiare violazioni della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza” e chiedendo a Israele di “cessare immediatamente” le operazioni.
Le accuse libanesi e la solidarietà di Hamas
Le Forze Armate libanesi hanno accusato Israele di voler “impedire il pieno dispiegamento dell’esercito nel sud, destabilizzando il Paese e mantenendo la minaccia costante contro i libanesi”. Anche il presidente Joseph Aoun ha denunciato i raid come “un crimine” e “una violazione del diritto internazionale umanitario”, affermando che “ogni volta che il Libano manifesta apertura a un approccio negoziale, Israele intensifica la sua aggressione”.
Da parte sua, Hezbollah ha invitato le autorità libanesi a “unire le forze per fermare l’aggressione israeliana”, accusando gli Stati Uniti di “esercitare pressioni su Beirut nell’interesse di Israele” e ribadendo che “il nemico sionista non prende di mira solo Hezbollah, ma l’intero Libano”. Hamas, in una dichiarazione del leader Ali Baraka, ha espresso “piena solidarietà” al Libano, definendo gli attacchi “un crimine di guerra” e chiedendo alle Nazioni Unite e ai Paesi arabi e musulmani di “chiamare Israele a rispondere delle sue azioni”.

Secondo i media israeliani, l’Idf avrebbe colpito negli ultimi giorni più di venti obiettivi di Hezbollah, uccidendo diversi membri della forza d’élite Radwan. Un attacco con droni ha eliminato uno di loro a Burj Rahal, nel distretto di Tiro. Dall’inizio del cessate il fuoco in Libano, nel novembre 2024, Israele sostiene di aver ucciso oltre 330 miliziani del gruppo sciita, accusati di violare i termini della tregua.
Nel frattempo, cresce la tensione anche sul fronte di Gaza. L’Idf ha confermato di aver ucciso due uomini “che avevano attraversato la Linea gialla”, mentre è stato restituito a Israele il corpo di Joshua Lotilu Mollel, cittadino della Tanzania rapito il 7 ottobre 2023. Restano nella Striscia i corpi di sei ostaggi israeliani.
Presentato all’ONU il piano USA per Gaza
Sul piano diplomatico, gli Stati Uniti hanno presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione a sostegno del piano di pace di Donald Trump per Gaza, che prevede il dispiegamento di una Forza internazionale di stabilizzazione temporanea di circa 20mila soldati.
Il contingente, sotto l’autorità del “Board of Peace”, un’amministrazione transitoria della durata di due anni, avrebbe il mandato di “proteggere i civili, garantire la sicurezza delle aree di confine con Israele ed Egitto” e soprattutto “smilitarizzare la Striscia”, distruggendo le infrastrutture militari di Hamas e disarmando i gruppi armati non statali.

La forza internazionale sarebbe autorizzata a “usare tutte le misure necessarie”, compreso l’uso della forza. Trump ha escluso la presenza di soldati americani, ma ha chiesto contributi militari a Indonesia, Egitto, Qatar, Turchia, Azerbaigian ed Emirati Arabi Uniti. Secondo Reuters, Washington avrebbe già ottenuto l’appoggio di Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Turchia ed Emirati.
Per essere approvata, la risoluzione dovrà ottenere almeno nove voti favorevoli su quindici e nessun veto dei membri permanenti (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito).
“Parliamo di settimane, non di mesi”, ha dichiarato un alto funzionario americano, definendo il piano “il più promettente della generazione”.
Nel frattempo, la tregua in Medio Oriente resta fragile. Mentre Tel Aviv intensifica le operazioni contro Hezbollah al nord e mantiene il controllo su Gaza, all’Onu si discute il futuro della Striscia, tra timori di una nuova escalation e speranze per una stabilità ancora lontana.