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Il vertice a Budapest fra Trump e Putin non si farà: “Non voglio perdere tempo con Mosca”

Posizioni lontane, la guerra in Ucraina non si ferma. Gli alleati europei rilanciano un Piano di Pace in 12 punti

Il vertice a Budapest fra Trump e Putin non si farà: “Non voglio perdere tempo con Mosca”

Contrordine dalla Casa Bianca:

“Non ci sarà nessun incontro tra i due leader nel prossimo futuro”.

Con questa nota ufficiale, l’amministrazione statunitense ha messo fine alle voci sull’annunciato bilaterale tra Donald Trump e Vladimir Putin previsto a Budapest. Il vertice, che avrebbe dovuto affrontare la possibilità di un cessate il fuoco in Ucraina, è stato dunque cancellato. Le distanze tra Washington e Mosca restano profonde.

Durante la cerimonia del Diwali alla Casa Bianca, Trump ha confermato che il faccia a faccia con il presidente russo “è stato rinviato” e che “non è stata ancora presa una decisione”.

Il capo della Casa Bianca ha spiegato di non voler “avere un incontro sprecato né perdere tempo”, sottolineando che il conflitto in Ucraina “è una guerra feroce, ma non ci riguarda: vendiamo equipaggiamento alla Nato e non spendiamo più nulla”. Il tycoon ha poi ribadito che, se fosse stato lui alla Casa Bianca all’inizio del conflitto, “la guerra non sarebbe mai iniziata”.

Le ragioni dello stop

Il vertice avrebbe dovuto essere preceduto da un colloquio tra i ministri degli Esteri dei due Paesi, Marco Rubio e Sergei Lavrov. La telefonata tra i due, tuttavia, non ha prodotto risultati concreti.

“Hanno avuto una conversazione produttiva pertanto un ulteriore incontro di persona tra i due non è necessario e non ci sono piani per un summit a breve tra il presidente Trump e il presidente Putin”, ha precisato la Casa Bianca.

Dal Cremlino, il portavoce Dmitri Peskov ha liquidato la questione con tono tagliente:

“Non si può rinviare ciò che non è mai stato fissato”.

La prospettiva di un incontro a Budapest, evocata da Trump a metà ottobre, sfuma dunque.

“Serviranno più di quindici giorni”, aveva detto allora il presidente americano, ma le condizioni politiche e diplomatiche restano sfavorevoli.

Secondo fonti diplomatiche europee citate da Reuters, la Russia non avrebbe alcuna intenzione di accettare un cessate il fuoco. Mosca insiste perché siano affrontate le “radici del conflitto”, ossia la consegna del Donbass sotto controllo russo. Attualmente, l’esercito del Cremlino controlla circa il 99% della regione di Lugansk e il 78% di quella di Donetsk.

“I russi vogliono troppo – hanno riferito due fonti europee – ed è apparso evidente agli statunitensi che, a Budapest, Trump non sarebbe riuscito a strappare a Putin alcun accordo”.

Trump ridicolizzato in TV russa

Intanto, a Mosca, l’immagine di Donald Trump è precipitata. Le emittenti controllate dal Cremlino, che un tempo lo descrivevano come “la parte ragionevole dell’Occidente”, oggi lo deridono apertamente.

Nelle trasmissioni di Vladimir Solovyov e Olga Skabeeva, due dei volti più noti della propaganda russa, Trump è diventato bersaglio di imitazioni e battute. In un episodio del talk show di Rossiya-1, Solovyov ne imita il tono di voce dicendo:

“Sto pensando di rifornire l’Ucraina di missili Tomahawk, ma prima devo parlarne con Putin”. Lo studio scoppia a ridere, e un ospite rincara la dose: “Un fesso, ma un incomparabile, eccezionale, inimitabile fesso”.

Le risate del pubblico e gli applausi dei deputati di Russia Unita confermano il cambio di registro. Quella che un tempo era un’alleanza tattica si è trasformata in una caricatura politica.

Il sarcasmo televisivo, ormai sistematico, è diventato uno strumento di propaganda: segna la presa di distanza simbolica da Washington e la convinzione del Cremlino di poter trattare gli Stati Uniti da posizione di forza. Dopo il summit del cosiddetto “Nuovo Mondo multipolare” a Pechino, Putin appare sempre più saldo nella sua rete di alleanze, in particolare con Xi Jinping. Secondo l’agenzia Ria Novosti, il rapporto tra i due leader è ormai “strategico e impermeabile alle oscillazioni americane”.

In un Paese dove la satira contro i potenti è rigidamente controllata, il via libera a simili battute è un chiaro segnale politico: Trump non è più un interlocutore utile, ma un simbolo dell’impotenza occidentale.

L’Europa rilancia: un piano di pace in dodici punti

Mentre Washington e Mosca restano ferme sulle rispettive posizioni, le capitali europee provano a riempire il vuoto diplomatico. Le nazioni dell’Unione Europea, insieme all’Ucraina, stanno lavorando a un piano in dodici punti per mettere fine alla guerra lungo le attuali linee di battaglia, respingendo le richieste di Putin che vorrebbe la cessione del Donbass in cambio di un accordo.

In una dichiarazione congiunta, i leader di Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Polonia, Norvegia, Finlandia e delle istituzioni europee – affiancati da Volodymyr Zelensky – hanno ribadito di voler garantire che “l’Ucraina si trovi nella posizione più forte possibile, prima, durante e dopo qualsiasi cessate il fuoco”.

“Siamo tutti uniti nel desiderio di una pace giusta e duratura, che il popolo ucraino merita – si legge nel testo –. Le tattiche dilatorie della Russia hanno dimostrato che Kiev è l’unica parte seriamente intenzionata alla pace, mentre Putin continua a scegliere la violenza e la distruzione”.

Il piano, rivelato da Bloomberg, prevede tra l’altro il rientro dei bambini ucraini deportati, lo scambio di prigionieri, garanzie di sicurezza per Kiev, fondi per la ricostruzione e un percorso accelerato verso l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea.

Le sanzioni contro la Russia verrebbero progressivamente revocate solo dopo la firma di un accordo, ma gli asset della Banca Centrale russa congelati in Occidente non sarebbero restituiti fino a quando Mosca non avrà contribuito economicamente alla ricostruzione dell’Ucraina. In caso di nuove aggressioni, le misure verrebbero immediatamente ripristinate.

Un eventuale “comitato di pace” presieduto da Donald Trump dovrebbe vigilare sull’attuazione del piano, ma al momento il Cremlino ha respinto al mittente gran parte delle proposte, soprattutto l’idea di una tregua prima dei negoziati. A Bruxelles prevale la sensazione che “si stia girando in tondo”, e che l’unica via d’uscita passi per il logoramento economico della Russia.

Secondo il Wall Street Journal, durante un recente incontro alla Casa Bianca Trump avrebbe detto a Zelensky di non voler fornire missili Tomahawk e di considerare “non prioritaria” la riconquista del Donbass, puntando a “risolvere rapidamente il conflitto indipendentemente dal destino della regione”.

Nuovi attacchi in Ucraina: morti anche due bambini

Nel frattempo, il fronte ucraino continua a pagare un prezzo altissimo. La testata Kyiv Independent ha riportato che nella notte la Russia ha lanciato un massiccio attacco con droni e missili contro Kiev, provocando la morte di almeno tre persone, tra cui due bambini.

Le prime esplosioni sono state udite intorno all’1:10 ora locale, seguite da una seconda ondata circa mezz’ora dopo. Deflagrazioni sono state segnalate anche a Dnipro, Zaporizhzhia e nella città portuale di Izmail. Ancora una volta, la guerra continua a colpire i civili, lontano dai tavoli diplomatici e dalle conferenze stampa.