L'INTERVENTO

Il cardinale Pizzaballa: “In Israele e Palestina auspicabile un cambio di leadership”

Intanto l'Onu chiede la riapertura del valico di Rafah per gli aiuti. L'Italia pronta a inviare 100 tonnellate di cibo

Il cardinale Pizzaballa: “In Israele e Palestina auspicabile un cambio di leadership”

“È auspicabile ma ci vorrà tempo per un cambio di leadership”, perché “è necessario per avere delle prospettive nuove nel futuro, abbiamo bisogno di nuovi volti”.

Con queste parole il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha rilanciato la necessità di un rinnovamento profondo, politico e religioso, tanto in Israele quanto in Palestina.

Cardinale Pizzaballa: “Ferite sono profonde”

Intervenendo a Villa Nazaret, a Roma, durante la consegna del Premio “Achille Silvestrini per il dialogo e la pace” — assegnato al parroco di Gaza padre Gabriel Romanelli e alla comunità della Sacra Famiglia di Gaza — Pizzaballa ha sottolineato che il cambiamento non potrà essere immediato:

“Ci vorrà molto tempo perché le ferite sono profonde. Non dobbiamo farci illusioni che arriverà presto, ma dobbiamo creare poco alla volta le premesse, con nuovi volti e una cultura di rispetto”.

“Abu Mazen interlocutore legittimo, ma serve guardare avanti”

Sul fronte palestinese, il cardinale ha ribadito che l’interlocutore legittimo è Abu Mazen, nel senso che rappresenta legalmente il popolo palestinese”. Tuttavia, ha aggiunto, “è necessario guardare al futuro, anche per motivi anagrafici”.

Il patriarca ha evidenziato l’urgenza di formare una nuova generazione di leader capaci di raccogliere le aspirazioni di un popolo segnato da anni di guerra, isolamento e divisione interna.

Abu Mazen

Analizzando la situazione interna a Israele, Pizzaballa ha osservato:

Israele si percepisce come unica vittima, e questo impedisce di avere una visione lucida e libera del futuro. Non tutto è bianco o nero, ma questa guerra ha acuito la diffidenza e l’odio reciproco.”

Il cardinale ha ricordato che la fine della guerra non segna necessariamente l’inizio della pace: le conseguenze del conflitto, ha detto, “le pagheremo per molto tempo. Ferite, sfiducia, rancore e odio resteranno a lungo. Dobbiamo ricominciare a parlare di fiducia, di ascolto, di umanità”.

La tregua fragile e la devastazione di Gaza

Pizzaballa ha descritto una realtà ancora segnata dalla distruzione:

“La gente sta tornando, ma sulle macerie. Gli ospedali non funzionano, le scuole non ci sono”.

Ha definito la tregua attuale fragile, ma indispensabile da sostenere “per evitare un nuovo ciclo di violenze”. Il patriarca ha anche ricordato le difficoltà nel recupero delle salme degli ostaggi israeliani uccisi:

“Nel caos di quei giorni, spesso si è persa la localizzazione di queste salme. Speriamo che la Croce Rossa e gli organismi competenti possano intervenire presto”.

“Nuovi leader, linguaggio diverso”

Per il patriarca di Gerusalemme, il cambiamento deve partire dal linguaggio:

“Abbiamo per troppo tempo lasciato spazio agli estremisti che hanno usato parole di disprezzo e di esclusione. Ci vuole una nuova leadership e bisogna compiere gesti che riportino fiducia tra la popolazione“.

Ha aggiunto che la comunità cristiana può “aiutare a costruire una rete di persone che, nella società civile prima ancora che in quella politica e religiosa, abbiano voglia di fare qualcosa di diverso, di positivo“.

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Cardinale Pierbattista Pizzaballa

Critico anche verso iniziative simboliche come la “Flotilla” di aiuti verso Gaza, Pizzaballa ha osservato che “non porta nulla alla gente di Gaza. È un confronto troppo diretto e simbolico. Bisogna concentrarsi su ciò che accade davvero sul terreno e sostenere concretamente la popolazione”.

Il cardinale Pizzaballa ha concluso il suo intervento con un appello alla perseveranza:

Il cambio di leadership è necessario, ma richiede preparazione e tempo. La pace non arriverà domani, ma ogni giorno possiamo costruirne un piccolo pezzo. Non dobbiamo desistere”.

Il valico di Rafah riapre sotto supervisione europea

Sul piano operativo, oggi, giovedì 16 ottobre 2025, è prevista la riapertura del valico di Rafah, fondamentale porta d’ingresso per gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. A supervisionare la riapertura sarà la missione europea Eubam Rafah, rilanciata nel 2025 dopo anni di sospensione.

La missione — avviata nel 2005 su richiesta congiunta di Israele e dell’Autorità nazionale palestinese con il sostegno dell’Egitto — ha l’obiettivo di facilitare il passaggio sicuro di feriti, malati e persone vulnerabili, fornendo al contempo consulenza e supporto tecnico alle autorità palestinesi.

L’impegno dell’Italia

L’Italia partecipa alla missione con otto carabinieri inquadrati nella Forza di Gendarmeria Europea (Eurogendfor), insieme a personale spagnolo e francese. Il contingente collabora all’addestramento del personale palestinese e al mantenimento della sicurezza al valico.

Parallelamente, il governo italiano ha annunciato “il più grande invio di aiuti alimentari a Gaza dall’inizio della crisi”: 100 tonnellate di cibo che partiranno entro dieci giorni, come ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani dopo la riunione del tavolo “Italy for Gaza” a Palazzo Chigi. Oltre agli aiuti alimentari, l’Italia sta pianificando una strategia per la ricostruzione della Striscia, concentrata su scuole, ospedali e infrastrutture civili.

Il ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci ha confermato la disponibilità ad allestire un ospedale da campo e casette prefabbricate modulari, mentre il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha annunciato la mobilitazione delle associazioni agricole per l’invio di generi alimentari.

Sul fronte educativo, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha presentato iniziative per sostenere il sistema universitario palestinese, con corsi a distanza, programmi di scambio e nuovi progetti di cooperazione scientifica.