Il capo di stato maggiore israeliano rientra nei ranghi e approva il piano del Governo per l'occupazione di Gaza, ma serviranno i riservisti
Eyal Zamir aveva inizialmente criticato il premier Netanyahu. Intanto continuano proteste di piazza e diserzioni, nella giornata di ieri altri 100 morti palestinesi

Il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, Eyal Zamir, ha approvato le linee generali delpiano operativo per l’occupazione di Gaza City, già validato dal governo di Benjamin Netanyahu. L’ok è arrivato durante una riunione dello stato maggiore con alti ufficiali e membri dello Shin Bet, in cui sono state discusse le operazioni in corso e i prossimi passi nella Striscia.
Superate le perplessità
Secondo le Forze di Difesa Israeliane (Idf), il piano riguarda la sola città di Gaza e sarà attuato “in conformità con le direttive della leadership politica”, anche se non nell’immediato: i mediatori internazionali stanno tentando di riaprire il canale diplomatico. Zamir ha sottolineato la necessità di migliorare la prontezza delle truppe e la preparazione per il richiamo dei riservisti, alternando addestramenti e periodi di riposo.

Nonostante il via libera, il generale in passato aveva espresso forti perplessità, ritenendo l’operazione rischiosa per la vita degli ostaggi ancora prigionieri a Gaza. Fonti israeliane parlano di frizioni tra lo stesso Zamir e il ministro della Difesa Israel Katz. Netanyahu, dal canto suo, ha indicato cinque obiettivi: disarmare Hamas, liberare gli ostaggi, demilitarizzare la Striscia, mantenere un controllo di sicurezza israeliano e affidare la gestione civile a un’amministrazione “pacifica e non israeliana”.
Operazioni e bilancio delle vittime
Negli ultimi giorni, i raid si sono intensificati soprattutto nei quartieri di Zeitoun e Tel al-Hawa. Testimoni riferiscono di avanzate di carri armati, demolizioni di abitazioni e bombardamenti notturni. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, solo nelle ultime 24 ore sono stati uccisi almeno 100 palestinesi e feriti oltre 500, portando il bilancio complessivo dall’inizio del conflitto a 61.599 morti, in maggioranza donne e bambini secondo le Nazioni Unite.

Tra le vittime di lunedì anche cinque giornalisti di Al Jazeera, uccisi in un attacco nel nord della Striscia. Altri 31 civili sarebbero stati colpiti mentre si recavano ai punti di distribuzione di aiuti alimentari. La crisi umanitaria peggiora: l’Onu stima che il 90% dei due milioni di abitanti di Gaza sia a rischio carestia e denuncia la morte per fame di almeno 227 persone dall’inizio della guerra.
Cresce il dissenso interno
Sul fronte interno, cresce l’opposizione al piano. Martedì sera circa 200 piloti in congedo e riservisti dell’aeronautica militare si sono radunati davanti alla sede militare della Kirya a Tel Aviv per chiedere un accordo immediato sugli ostaggi e fermare l’operazione su Gaza City. L’ex capo di stato maggiore Dan Halutz ha definito la guerra “inutile” e messo in guardia da “obiettivi impossibili” che mettono a rischio la vita dei prigionieri.

Nelle stesse ore intanto, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha annunciato l’approvazione di un maxi piano per 3.401 nuove unità abitative per coloni nella zona E1 in Cisgiordania, tra Gerusalemme e Ma’ale Adumim, definendolo “la fine dell’idea di uno Stato palestinese” e rivendicando “il rafforzamento della sovranità israeliana sulla Terra d’Israele”.
Mentre Netanyahu sostiene che l’obiettivo non sia “occupare Gaza ma demilitarizzarla”, sul terreno le operazioni militari proseguono e il numero delle vittime continua a crescere, insieme alle tensioni interne e internazionali.