Guerre, riarmo, sdoganate ora anche le mine antiuomo: Pace sempre più sfocata
L'Ucraina si ritira dalla Convenzione di Ottawa, il trattato internazionale che vieta l’uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine

In un mondo perfetto le guerre naturalmente non esisterebbero. Pace e concordia tra i popoli dovrebbero essere priorità universali. E invece in questo tormentato momento storico ci ritroviamo con conflitti gravi e diffusi come mai nel recente passato, al posto delle strette di mano e dei leader che promuovono il dialogo, chi occupa i posti di potere decisivi mostra un atteggiamento muscolare e spesso intransigente. E l'Onu, che andrebbe al contrario rafforzata, viene costantemente delegittimata. In tutto ciò si corre verso il riarmo quasi con fatalità e vengono sdoganate pratiche che per decenni sono state strenuamente combattute in quanto criminali, come il ricorso alle mine antiuomo.
Guerre, riarmo: sdoganate anche le mine antiuomo
Chissà ne penserebbe Lady Diana che del tema fece una battaglia (in copertina Diana Spencer mentre cammina tra le mine antiuomo in Angola). Forse oggi si starà rivoltando nella tomba.
Perché dopo tutto il suo impegno pacifista e umanitario contro l'uso delle mine antiuomo, le novità di queste ore che arrivano dalla politica internazionale sono destinate ad alzare un polverone di polemiche e ad aprire un dibattito moralista non di poco conto.
Perché la decisione dell'Ucraina di ritirarsi dalla Convenzione di Ottawa, il trattato internazionale che vieta l’uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine antiuomo sicuramente farà discutere.
Il dramma di un popolo aggredito (che però userà le mine antiuomo)
Il dado è tratto. Zelensky ha deciso così. Il motivo principale è la guerra in corso con la Russia e la necessità – secondo Kiev – di poter utilizzare ogni mezzo per difendere il proprio territorio.

Anche se non sarebbe forse del tutto una novità dal momento che secondo Human Rights Watch, già nel 2022 l'Ucraina aveva utilizzato mine antiuomo, violando la Convenzione.
E proprio gli organi umanitari stanno cercando di evidenziare le strategie messe in campo da Zelensky dal momento ce la notizia in queste ore sta passando tutto sommato in sordina, pur avendo un peso considerevole sul piano del diritto internazionale e dell’etica bellica.
La campagna di Lady D e la decisione di difendersi con "mezzi ingiusti"
Come accennato all'inizio forse in molti ancora ricorderanno l'impegno profuso da Lady Diana (e curiosamente domani, 1 luglio, sarebbe stato il suo compleanno) contro l'utilizzo delle mine anti uomo.
In molti probabilmente ricorderanno immagini che avevano fatto il giro del mondo, ovvero la principessa del Galles che nel 1997 indossando un giubbetto antiproiettile e un caschetto di protezione aveva camminato in un campo minato in Angola dove allora impazzava la guerra civile.
Una battaglia (portata avanti in questi anni anche dal figlio Harry) cui fanno appunto da contraltare le decisioni prese in queste ore a Kiev.
Una strategia che si inserisce in una logica tragicamente antica e a dire il vero cinica che sembrerebbe rispondere a questo motto: quando la sopravvivenza è in gioco, tutto diventa lecito.
Il dibattito morale su come difendersi
Tanto per essere chiari, è in fondo la stessa logica con cui si sono giustificate torture, attacchi ai civili, armi chimiche e nucleari.
Ma molti osservatori delle dinamiche belliche (soprattutto quelli più fedeli a un codice etico morale da rispettare) hanno già rilevato che una guerra giusta non può essere combattuta con mezzi ingiusti, e le mine antiuomo sono universalmente riconosciute come tali.
Perché fondamentalmente, è il rilievo ancora di questa parte di osservatori "di guerra", le mine non fanno distinzioni tra soldati e bambini, tra giovani e anziani, tra uomini e donne, tra combattenti e civili.
Anzi, con un ulteriore e pericoloso paradosso. Le mine continuano a uccidere e mutilare anni, decenni dopo la fine del conflitto.
Di fatto, delle trappole lasciate a un destino cieco, alla sorte.
Quando il Diritto interazionale non basta più
Nei giorni scorsi, di fronte all'attacco di Israele all'Iran, ma anche osservando la situazione nella striscia di Gaza ci si era resi conti di come, di fronte a situazioni intricate e quasi senza via di uscita, il Diritto internazionale possa non essere sufficiente a dirimere le questioni riguardo tensioni geopolitiche.
E ora accade la stessa cosa con la decisione dell'Ucraina di ritirarsi da quanto prevede la convenzione di Ottawa.
L'obiezione che arriverà in queste ore da Kiev sarà quasi scontata:
"La Russia usa metodi anche peggiori".
Il messaggio distorto legato a eventi eccezionali
Ma un pensiero di questo tipo, fanno notare sempre gli osservatori di tematiche belliche, alla fine annulla anche il confine tra aggredito e aggressore.
"Sposare" la causa dell’uso delle mine, anche in un contesto di guerra difensiva, rischia di mandare un messaggio distorto e doppiamente pericoloso: in tempi eccezionali, tutto è permesso.
Cosa rappresenta la convenzione di Ottawa e cosa fanno i diversi Stati
La notizia di rinunciare al rispetto della Convenzione di Ottawa è stata diffusa dal deputato Roman Kostenko.

La Convenzione è stata adottata il 18 settembre 1997, e l’Ucraina ne è diventata membro nel 1999, con successiva ratifica da parte della Verkhovna Rada solo nel maggio 2005.
Le più grandi potenze al mondo in realtà non hanno mai aderito alla Convenzione: Stati Uniti e Cina, Russia, India e Pakistan, (tra l'altro tutte potenze atomiche), non sono membri della convenzione.
La decisione di Zelensky segue quella recente di Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, curiosamente tutti Stati che recentemente temono azioni aggressive di Putin e della Russia.