CAPITALE PARALIZZATA

Gerusalemme, 200mila ebrei ultraortodossi protestano contro Netanyahu e la leva militare obbligatoria

La proposta di legge israeliana è considerata una minaccia all’esenzione storica concessa ai suoi studenti di yeshiva

Gerusalemme, 200mila ebrei ultraortodossi protestano contro Netanyahu e la leva militare obbligatoria

Centinaia di migliaia di ebrei ultraortodossi si sono radunati giovedì 30 ottobre 2025 a Gerusalemme per protestare contro una proposta di legge che potrebbe imporre loro la leva militare obbligatoria, da cui sono esentati fin dalla fondazione dello Stato di Israele nel 1948. La manifestazione, soprannominata la “Marcia di un milione di uomini”, è stata una delle più imponenti degli ultimi anni e ha paralizzato la capitale israeliana per ore.

La protesta è scoppiata in risposta a una proposta di legge avanzata dal deputato Boaz Bismuth, del partito di destra del primo ministro Benjamin Netanyahu, che introduce l’obiettivo di raggiungere alcune “quote” di adesione alla leva anche tra gli ultraortodossi.

Il testo, diffuso da Channel 12 e atteso in parlamento lunedì 3 novembre 2025, non impone un arruolamento generalizzato, ma la comunità haredi lo considera comunque una minaccia all’esenzione storica concessa ai suoi studenti di yeshiva, dediti esclusivamente allo studio religioso.

Città paralizzata: tensioni e tragedia durante la manifestazione

Secondo i media israeliani, circa 200 mila persone hanno invaso le strade di Gerusalemme, bloccando svincoli, fermando i trasporti pubblici e costringendo la polizia a chiudere temporaneamente l’autostrada 1 e la stazione ferroviaria Yitzhak Navon. In un video diffuso dai media locali si vedono migliaia di manifestanti che salgono sulle scale mobili della stazione mentre incrociano soldati in discesa.

Durante la manifestazione si è verificata una tragedia: un ragazzo di 15 anni è morto cadendo da un edificio in costruzione dove si era arrampicato per osservare la folla. Dopo l’incidente, gli organizzatori hanno annunciato la fine del raduno e i partecipanti hanno iniziato a disperdersi.

Nonostante la maggior parte dei manifestanti abbia pregato pacificamente, non sono mancati momenti di tensione. Secondo il Jerusalem Post, si sono verificati scontri con passanti e aggressioni a giornalisti, tra cui una reporter di Channel 12 e l’inviata di RaiNews24 Marina Lalovic, colpite da lanci d’acqua e bastoni. Un agente di polizia è rimasto ferito.

Molti partecipanti, vestiti con i tradizionali abiti e cappelli neri, hanno esposto cartelli con scritte come “Israele è Stalin” o “È bello morire per la nostra fede”. Altri mostrano la foto di Ariel Shamai, studente della yeshiva Ateret Shlomo arrestato per essersi rifiutato di arruolarsi.

Una delle questioni più divisive in Israele

Le sette principali fazioni haredim – che di solito evitano di manifestare insieme – si sono unite per l’occasione, in quella che Times of Israel definisce la prima protesta unitaria da almeno dieci anni. La spinta alla mobilitazione arriva anche dal contesto della guerra a Gaza: le pressioni per aumentare il numero di soldati hanno portato all’emissione di migliaia di ordini di coscrizione verso giovani ultraortodossi, oltre a circa 870 arresti per renitenza alla leva, pari al 7 per cento dei quasi settemila convocati.

Gerusalemme, duecentomila ebrei ultraortodossi in piazza contro la leva militare obbligatoria
Un momento della protesta ed uno striscione significativo

Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha condannato duramente la manifestazione, dichiarando:

“Se potete andare a una protesta, potete anche andare in un centro di reclutamento”.

Il dibattito sulla leva obbligatoria per gli ultraortodossi è una delle questioni più divisive in Israele. Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, che hanno spinto decine di migliaia di civili a tornare sotto le armi, la Corte Suprema israeliana ha ordinato la cancellazione dell’esenzione per motivi di uguaglianza. Tuttavia, la coalizione di governo, sostenuta dai partiti religiosi, finora ha evitato di applicare la sentenza.