Gaza, Israele dice no alle richieste di Hamas: "Inaccettabili". Telefonata Meloni-Netanyahu
Israele invierà una propria delegazione negoziale a Doha, pronta a riaprire i colloqui. Nel frattempo i raid israeliani non si fermano

La tregua a Gaza sembra allontanarsi mentre il conflitto continua a mietere vittime nella Striscia e la crisi umanitaria si aggrava di ora in ora. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito “inaccettabili” le modifiche richieste da Hamas alla proposta di cessate il fuoco avanzata dai mediatori internazionali, in particolare dal Qatar, con il sostegno di Stati Uniti ed Egitto. Tuttavia, nonostante la dura posizione ufficiale, Israele invierà una propria delegazione negoziale a Doha, pronta a riaprire i colloqui in forma indiretta con i rappresentanti dell’organizzazione islamista.
“Dopo una valutazione della situazione, il primo ministro Netanyahu ha dato istruzioni di accogliere l'invito ai colloqui indiretti e di proseguire i negoziati per il ritorno dei nostri ostaggi”, ha comunicato l’ufficio del premier. “Le modifiche richieste da Hamas alla proposta ci sono state trasmesse ieri sera e non sono accettabili per Israele”.
Le richieste di Hamas e lo stallo diplomatico
Hamas, da parte sua, si è detta disponibile a trattare sulla base della proposta migliorata, ma ha chiesto tre modifiche sostanziali:

- Garanzia che i negoziati per un cessate il fuoco permanente continuino anche dopo la tregua iniziale di 60 giorni;
- Ripristino della gestione degli aiuti umanitari tramite l’ONU e organizzazioni internazionali, escludendo la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), sostenuta da USA e Israele e accusata da Hamas di favorire distorsioni nella distribuzione;
- Ritiro delle Forze di Difesa israeliane (IDF) alle posizioni precedenti la fine dell’ultimo cessate il fuoco di marzo.
Israele, però, considera queste richieste una minaccia alla propria libertà d’azione militare e teme che un cessate il fuoco vincolato possa consolidare la presenza e il potere di Hamas a Gaza. Soprattutto il nodo del ritiro militare appare difficilmente superabile: l’IDF ha infatti consolidato il controllo su zone strategiche come il Corridoio Morag e il Corridoio Filadelfia, nel sud della Striscia.
Meloni al telefono con Netanyahu e l’Emiro del Qatar
In questo contesto diplomatico complesso, l'Italia ha tentato un'iniziativa di mediazione. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha avuto nelle ultime ore colloqui telefonici con l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al Thani, e con Netanyahu. In precedenza aveva anche parlato con il presidente USA Donald Trump, che ha dichiarato di aspettarsi un accordo entro pochi giorni.

“La presidente Meloni ha richiamato l’urgenza di giungere a un cessate il fuoco che consenta il rilascio degli ostaggi ancora in vita e l’accesso umanitario pieno e senza ostacoli alla popolazione civile”, ha riferito Palazzo Chigi.
Civili sotto attacco: almeno 70 morti in 24 ore
Nel frattempo, sul terreno, i raid israeliani non si fermano. Fonti mediche palestinesi parlano di almeno 70 morti nelle ultime 24 ore, tra cui numerosi civili. Un attacco particolarmente grave si è verificato ad Al-Mawasi, dove sono state colpite tende che ospitavano sfollati: sette le vittime. In un altro attacco a Khan Younis, un padre e suo figlio sono rimasti uccisi.
Tra le emergenze più drammatiche, quella legata ai neonati: negli ospedali della Striscia le scorte di latte artificiale sono esaurite, e i medici denunciano una situazione "catastrofica". Il sistema sanitario è al collasso, con interventi eseguiti senza anestesia, personale allo stremo e mancanza totale di medicinali.

A complicare ulteriormente il quadro, due operatori umanitari americani sono rimasti feriti a Khan Younis durante un attacco attribuito ad Hamas. Il Dipartimento di Stato USA ha condannato con fermezza l’episodio, definendolo “un atto vile contro chi porta soccorso”.
“Niente fermerà questi coraggiosi operatori umanitari. Preghiamo per la loro rapida guarigione”, ha dichiarato la portavoce del Dipartimento di Stato, Tammy Bruce.
Proteste in Israele: "Liberate tutti gli ostaggi, non una lista"
In Israele cresce la pressione popolare sul governo. Decine di migliaia di manifestanti si sono radunati a Tel Aviv e in altre città insieme ai familiari degli ostaggi ancora in mano ad Hamas. Il Forum delle Famiglie ha duramente criticato l’ipotesi di una liberazione scaglionata degli ostaggi:
“È vietato conformarsi a liste di Schindler che decidano chi merita di tornare a casa. Vogliamo tutti indietro, non solo alcuni”.
I sondaggi indicano che circa due terzi degli israeliani sarebbero favorevoli a un accordo anche al prezzo della fine della guerra, ma Netanyahu continua a opporsi a qualsiasi cessate il fuoco permanente che non garantisca a Israele la possibilità di riprendere i combattimenti se necessario.
Cosa succede ora
Nonostante tutto, i negoziatori israeliani si recheranno a Doha entro domenica, con un mandato limitato ma la volontà di riportare a casa almeno parte degli ostaggi. Ma l’intesa sembra ancora lontana. I veri nodi restano la durata della tregua, la gestione degli aiuti e il futuro di Gaza nel “giorno dopo” la guerra.
Un funzionario arabo ha dichiarato al quotidiano Al-Akhbar che un accordo è vicino, ma ha anche avvertito:
“Le vere difficoltà inizieranno dopo la firma”.
Nel frattempo, la guerra continua. E con essa, la scia di sangue.