Una tragedia immane ha colpito il Sudan occidentale. Una frana di proporzioni gigantesche ha travolto il villaggio di Tarasin, sui monti Marra, nel cuore del Darfur, causando la morte di oltre 1.000 persone. A renderlo noto è stato l’Esercito-movimento di liberazione del Sudan (Elps), gruppo ribelle che controlla parte della regione e che ha parlato apertamente di “una catastrofe umanitaria senza precedenti”.
A landslide wiped out an entire village in Sudan
The disaster struck in the Jebel Marra mountains in the west of the country.
According to preliminary government data, the death toll exceeds one thousand, with only one survivor. pic.twitter.com/5b1BeJCvZM
— NEXTA (@nexta_tv) September 2, 2025
Secondo quanto riferito dall’Elps, soltanto una persona è sopravvissuta. Tutto il resto del villaggio sarebbe stato raso al suolo, sepolto da fango, rocce e detriti.
Frana in Sudan, oltre mille morti: un solo sopravvissuto
Il comunicato dei ribelli descrive la frana come “enorme e devastante”. Tarasin, conosciuto nella regione per la coltivazione di agrumi, è stato letteralmente spazzato via. Case, campi, strade: nulla sarebbe rimasto in piedi.
La dinamica non è ancora del tutto chiara, ma la massa di terreno crollata domenica ha inghiottito l’intera comunità, lasciando dietro di sé distruzione e disperazione. L’Elps ha lanciato un appello immediato alle Nazioni Unite e alle principali organizzazioni umanitarie affinché intervengano per recuperare i corpi che si trovano ancora sotto le macerie.
L’allarme delle autorità locali
Il governatore del Darfur, Minni Minnawi, vicino all’esercito regolare sudanese, ha parlato di una “tragedia umanitaria che va oltre i confini della regione”. In un messaggio rivolto alla comunità internazionale ha chiesto un aiuto urgente:
“Le nostre forze non possono farcela da sole. Abbiamo bisogno dell’intervento delle organizzazioni umanitarie internazionali. Questa tragedia è più grande di ciò che il nostro popolo può sopportare”.
Le difficoltà, tuttavia, sono enormi. Gran parte del Darfur rimane inaccessibile agli operatori umanitari: i combattimenti in corso tra l’esercito e le milizie delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno reso pericoloso e complicato ogni spostamento. In questo contesto, anche i soccorsi per la frana rischiano di essere bloccati o gravemente rallentati.
Un Paese già martoriato dalla guerra
La tragedia naturale si inserisce in uno scenario già segnato da una delle peggiori emergenze umanitarie mondiali. Dall’aprile 2023, il Sudan è precipitato in una guerra civile che oppone l’esercito nazionale ai paramilitari delle Rsf.
Il conflitto ha prodotto conseguenze devastanti: secondo stime di funzionari statunitensi, fino a 150.000 persone sarebbero state uccise dall’inizio delle ostilità. A queste si aggiungono oltre 12 milioni di sfollati, costretti a lasciare le proprie case in cerca di sicurezza.
In questo quadro, l’Elps – il gruppo ribelle che controlla parte dei monti Marra – è rimasto in gran parte estraneo ai combattimenti, ma ha mantenuto il controllo di vaste zone montuose, ora teatro della tragedia di Tarasin.
Una catastrofe nella catastrofe
La frana in Darfur non è soltanto un disastro naturale: rischia di trasformarsi in un simbolo della fragilità di un Paese schiacciato tra violenza armata e crisi ambientali. Le autorità locali chiedono aiuti internazionali immediati, ma le condizioni sul campo rendono estremamente difficile anche il solo accesso ai luoghi colpiti.