Esplosioni a Gerusalemme e Tel Aviv, colpito un ospedale a Be'er Sheva. Raid su Teheran
Altra notte di attacchi reciproci e feriti. Bombardato reattore nucleare ad Arak (già evacuato). E a Gaza intanto si continua a morire

Il conflitto tra Israele e Iran continua ad aggravarsi, raggiungendo un livello di intensità senza precedenti. Dopo il duro scambio di minacce e attacchi della giornata di ieri — che ha coinvolto anche il presidente statunitense Donald Trump — l’alba del 19 giugno 2025 si è aperta con nuove e gravi tensioni in Medio Oriente.
Missili iraniani colpiscono Israele: feriti e danni a ospedali
In prima mattinata, le sirene d’allarme hanno risuonato in tutto il territorio israeliano. L’esercito ha confermato l’intercettazione di missili lanciati dall’Iran, alcuni dei quali sono riusciti a oltrepassare il sistema di difesa israeliano, colpendo direttamente almeno quattro aree del centro e del sud del Paese. Le esplosioni si sono udite chiaramente a Tel Aviv e Gerusalemme, mentre i soccorritori hanno segnalato danni considerevoli in diverse zone.
What Tel Aviv looks like now 🇮🇱 pic.twitter.com/tWhVGsOgCq
— Dr. Anastasia Maria Loupis (@DrLoupis__) June 19, 2025
Tra i bersagli colpiti figurano la città di Gush Dan, una struttura nel Negev e, in modo particolarmente grave, l’ospedale Soroka di Beer Sheva, colpito direttamente. Secondo l’agenzia AFP, le esplosioni registrate a Gerusalemme sono state le più potenti mai udite finora.
Il ministro della Salute israeliano, Uriel Buso, ha denunciato l’attacco all’ospedale Soroka come un "crimine di guerra" e "superamento di una linea rossa". Buso ha parlato di un atto deliberato da parte del regime iraniano contro civili innocenti e personale medico. Tuttavia, ha sottolineato come l’immediata preparazione del Ministero abbia evitato un disastro di proporzioni ancora peggiori.
Attacco al reattore nucleare di Arak
Come contromisura, Israele ha lanciato un attacco diretto contro il reattore nucleare ad acqua pesante di Arak, nel sud-ovest dell’Iran, a circa 250 chilometri da Teheran. L’impianto, considerato un nodo strategico per la produzione di plutonio — potenzialmente impiegabile in armi nucleari — era stato evacuato in precedenza, come anticipato dall’IDF (le Forze di Difesa Israeliane) con un avviso su X.
Il portavoce militare israeliano ha confermato che l’attacco ha coinvolto 40 caccia e oltre 100 bombe, colpendo decine di obiettivi militari. Fra questi, anche un sito a Natanz utilizzato per lo sviluppo di armi nucleari e contenente attrezzature uniche finalizzate ad accelerare il programma atomico iraniano.
IDF Confirms it Struck the Arak Nuclear Site:
The IDF announced that 40 Israeli Air Force fighter jets conducted overnight strikes on dozens of military targets across Iran, including an inactive nuclear reactor near Arak and a nuclear weapons development site near Natanz. The… pic.twitter.com/Z6gDtcFHLk
— Joe Truzman (@JoeTruzman) June 19, 2025
L’acqua pesante usata nei reattori come quello di Arak è funzionale al raffreddamento ma produce anche plutonio come sottoprodotto, offrendo una via alternativa all’uranio arricchito per costruire un’arma nucleare. Secondo quanto riportato dal Guardian, l’Iran si era impegnato nel 2015, all’interno dell’accordo sul nucleare con le potenze mondiali, a riprogettare l’impianto per limitare i rischi di proliferazione.
Contestualmente, Israele intensifica i raid aerei su Teheran,
La reazione iraniana: minacce e nuovi attacchi
In risposta, l’Iran ha promesso una dura rappresaglia. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha scritto su X che Teheran "continuerà a esercitare il suo diritto all’autodifesa con orgoglio e coraggio" e che Israele "pagherà caro per questo grave errore". Ha inoltre accusato lo Stato ebraico di voler "alimentare le fiamme della guerra nella regione e oltre".

L’Ayatollah Khamenei ha dichiarato che "la battaglia ha inizio", replicando con fermezza all’ultimatum lanciato dal presidente Trump, che nei giorni scorsi aveva chiesto la resa incondizionata dell’Iran. Si ipotizza, secondo alcune fonti, che gli Stati Uniti possano intervenire militarmente con un attacco mirato contro impianti nucleari iraniani come quello di Fordow, potenzialmente utilizzando il bombardiere strategico stealth “Spirit”, equipaggiato con la GBU-57, una bomba da 14 tonnellate progettata per distruggere bunker sotterranei. Scenario fermamente sconsigliato dal Cremlino.
La crisi umanitaria a Gaza: morti, feriti e rischio carestia
Mentre l’attenzione internazionale è concentrata sul confronto diretto tra Israele e Iran, la situazione nella Striscia di Gaza continua a peggiorare drasticamente. Solo nella giornata di martedì, un attacco aereo israeliano sulla città meridionale di Khan Younis ha provocato 59 morti e oltre 200 feriti. Le vittime palestinesi si trovavano in coda per ricevere aiuti alimentari dai camion delle Nazioni Unite e fornitori commerciali.
Organizzazioni umanitarie internazionali accusano l’esercito israeliano di aver più volte aperto il fuoco su civili in attesa di cibo. Le forze armate, da parte loro, sostengono di aver sparato colpi di avvertimento contro individui che si sarebbero avvicinati “in modo sospetto”.

Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, almeno 34 persone sono state uccise il 18 giugno in diversi bombardamenti israeliani nella Striscia. Fra queste, 11 vittime si trovavano nei pressi di Wadi Gaza, mentre un’intera famiglia — padre, madre e figli — è morta nel campo profughi di Maghazi a seguito di un raid su un’abitazione. Altre vittime sono state segnalate a Gaza City, nel quartiere al-Zeitoun, e nei raid contro le tende degli sfollati nella zona di al-Attar, a Khan Younis. Colpiti anche i quartieri orientali di Gaza City e Jabalia, nel nord della Striscia.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che le operazioni militari a Gaza continueranno “fino alla sconfitta totale di Hamas e al ritorno degli ostaggi”, siano essi vivi o deceduti. Ha anche confermato che da venerdì scorso Israele ha ampliato le sue operazioni colpendo obiettivi in Iran, compresi siti nucleari, centri di comando e simboli del regime.
Crisi alimentare e accesso all’acqua: emergenza umanitaria senza precedenti
La situazione umanitaria nella Striscia è ormai al collasso. Dopo l’allentamento parziale del blocco imposto da Israele, è stato consentito l’ingresso di quantità limitate di cibo. Tuttavia, gli incidenti nei centri di distribuzione continuano: secondo l’Ufficio stampa del governo di Gaza, almeno 400 persone sono state uccise e circa 2.000 ferite da fine maggio durante gli attacchi contro i centri gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), organizzazione sostenuta dagli Stati Uniti e da Israele.

Oltre alla carenza di cibo, l’accesso all’acqua potabile è estremamente compromesso. L’elettricità è stata tagliata, le infrastrutture idriche danneggiate o distrutte, e il blocco dei rifornimenti di carburante impedisce il funzionamento degli impianti di desalinizzazione. Secondo ActionAid, la popolazione è costretta ad attingere acqua da pozzi agricoli contaminati o falde non sicure, con un elevato rischio di malattie.
Alaa, responsabile della risposta alle emergenze per ActionAid a Gaza, ha denunciato come le temperature elevate (tra i 32 e i 38 gradi) aumentino il rischio di disidratazione, epidemie e malnutrizione, in particolare nei bambini. Molte famiglie devono percorrere a piedi due o tre chilometri per trovare acqua, spesso sotto il sole cocente e in zone pericolose, esposte a bombardamenti o cecchini. Dopo lunghe ore di attesa, spesso riescono a raccogliere solo una o due taniche.