Donbass, i risultati del referendum "farsa": cosa cambia ora tra Russia e Ucraina
Le autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, prima ucraine, sono state integrate nella Federazione russa. Ma come reagirà il resto del mondo?
Dopo quattro lunghi giorni di votazioni, il Donbass si è espresso sull'annessione alla Russia. Il 95% degli aventi diritto ha detto sì al Referendum "farsa" sancendo così il desiderio di integrazione alla Federazione russa che ora vorrebbe allargare i suoi confini. Un risultato scontato fin dall'inizio, avvenuto in un clima di soggezione, dove la popolazione si è presentata alle urne circondata da soldati con il fucile puntato.
L'esito del referendum "farsa" sul Donbass
Il Donbass si è espresso ufficialmente a favore sull'entrata a far parte dei territori della Russia. Con il 95% dei voti favorevoli, le autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk si sono espresse. E' questo ciò che emerge dai quattro giorni di referendum, tenutisi dal 23 al 27 settembre 2022, sebbene il risultato delle votazioni apparisse già scontato, col resto del mondo che lo considerava tutta una "farsa". Proprio come avvenuto nel 2014 in Crimea, anche stavolta la Russia estenderà i suoi confini negli ex territori ucraini. L'unica grossa differenza è che otto anni fa non si arrivava al referendum dopo sette lunghissimi mesi di guerra.
Che cosa chiedevano i referendum
I quesiti dei referendum erano diversi. Alle repubbliche di Donetsk e Lugansk, occupate militarmente dai russi lo scorso 24 febbraio 2022, primo giorno di conflitto bellico, si chiedeva un'integrazione nella Federazione russa. Già nel 2014, con un referendum e una secessione armata, era stata proclamata l'indipendenza dall'Ucraina con la firma di un accordo di mutua assistenza lo scorso dicembre 2021.
Le citta di Zaporizhzhia e Kherson, invece, conquistate da Putin dopo sette mesi di guerra, hanno chiesto la secessione dell'Ucraina e l'annessione alla Russia senza passare da una fittizia proclamazione di indipendenza.
Cosa succede ora?
Dopo la vittoria del sì al referendum, nasce così il Nono Distretto della Federazione russa che comprende cinque aree: Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson e la Crimea. Mosca darà però un nome a queste cinque regioni che da ora sono parte a tutti gli effetti della Russia.
Il prossimo venerdì 30 settembre 2022, Putin parlerà alla Duma per ufficializzare l'annessione di questi territori. Martedì 4 ottobre, invece, è fissato alla Camera Alta il voto di ratifica. Dmitry Rogozin sarà l'inviato speciale del Capo del Cremlino nel Nono Distretto, leader di un partito di destra, ex direttore dell'agenzia spaziale russa ed ex ambasciatore alla Nato.
Cosa cambia nei territori occupati?
Come affermato dal ministro degli esteri ucraino, Dmitro Kuleba, non cambia nulla:
"Andiamo avanti con la controffensiva per liberare le nostre regioni".
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, afferma il contrario:
"Cambiano le leggi interne, le relazioni internazionali, la sicurezza".
Quest'ultimo è il tema chiave del momento: stando alla dottrina militare russa, la controffensiva ucraina nelle zone invase diventa ora "un'aggressione alla sovranità russa". Conseguenza di ciò è che la Russia potrà usare ogni mezzo (anche nucleare) per "difendere il territorio". In tal senso, nella logica del Cremlino, l'Operazione militare speciale, si trasforma in una guerra difensiva.
I cittadini delle nuove regioni sono quindi chiamati ad arruolarsi, nella mobilitazione popolare parziale, come sta accadendo in tutto il resto dello Stato russo.
Quanto territorio ucraino controlla ora la Russia?
Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson e la Crimea coincidono con il 15% dello Stato ucraino. La Russia ha il controllo su questi territori, ma non completamente: a Zaporizhzhia, ad esempio, i russi dominano la regione, ma non il capoluogo; a Kherson ha invaso i grandi centri urbani, ma non le campagne. Nel Donetsk e nel Lugansk ci sono zone ancora fortemente contese.
Quali saranno le reazioni della comunità internazionale?
Questa annessione del Donbass scaturita dal referendum "farsa", ovviamente, non è stata riconosciuta da nessuno. Nemmeno i Paesi fedelissimi di Mosca, come Kazakistan e Uzbekistan, l'hanno accettata. Solo la Bielorussia di Lukashenko, l'Abkhazia e la Transinistria (staterelli-fantoccio nati da secessioni armate di filorussi e isolati dal mondo) hanno accolto l'allargamento dei confini russi.
Al Consiglio di sicurezza dell'Onu è stata presentata una risoluzione di condanna, firmata per prima da Albania e Usa, anche se il potere di veto di Mosca ne rende impossibile l'approvazione. Un segnale arriverebbe se Cina e India si astenessero. Le cose però potrebbero cambiare nel corso del tempo: ad esempio, per quanto riguarda la Crimea, il referendum per l'indipendenza inizialmente non venne riconosciuto, ma poi diversi governi (Cuba, Nicaragua, Corea del Nord e Siria) finirono per allinearsi.