Covid, orrore in Svezia: davano morfina al posto dell'ossigeno agli anziani per farli morire prima e usavano intenzionalmente i bambini per diffondere il virus
Sconcertanti i risultati di un primo studio scientifico sistematico sulla strategia adottata nel Paese scandinavo durante la pandemia.
L'approccio svedese al Covid, nel pieno della pandemia, si è sempre distinto per un grande libertarismo: nessun lockdown duro e quasi zero limitazioni alle libertà personali dei cittadini. Libero arbitrio, immunità di gregge e richiamo alla responsabilità individuale. Detta così - pur non avendo brillato in termini di risultati (nel 2020 il Paese ha fatto registrare tassi di mortalità per Covid-19 dieci volte più alti rispetto alla vicina Norvegia) - come è sempre stata raccontata al mondo, poteva sembrare una posizione estrema, ma con una propria legittimità.
Inquietante, invece, la realtà che sta emergendo ora, in seguito alla pubblicazione di uno studio da parte della rivista online e in open access Humanities and Social Sciences Communications, consultabile anche su Nature. A due anni dall'inizio della pandemia si è tentato di tracciare una linea e analizzare i risultati di questo approccio "soft": ciò che è emerso è inquietante.
Nello studio si dice espressamente che a molti anziani è stata somministrata morfina invece di ossigeno, nonostante le scorte disponibili, ponendo fine di fatto alla loro vita; mentre i bambini erano considerati dei cavalli di Troia, utili a diffondere il virus nella rincorsa al miraggio dell'immunità di gregge.
Non meno raccapriccianti le disuguaglianze emerse durante l'emergenza: in alcuni casi vi era la specifica indicazione di non accogliere in terapia intensiva over 80, obesi e pazienti con comorbilità, in quanto soggetti con meno possibilità di sopravvivenza. Come non citare poi, statistiche alla mano, gli individui con un background migratorio e i gruppi socio-economicamente meno avvantaggiati (anche di giovane età) colpiti dall’eccesso di mortalità.
Emerge la raccapricciante gestione svedese del Covid
L'analisi - condotta da eminenti scienziati (anche svedesi), medici e giornalisti - è un macigno. Un vero e proprio atto di accusa nei confronti di governo e autorità sanitarie del Paese.
Gli autori sostengono a viso aperto:
"Una metodologia scientifica non è stata seguita dalle principali autorità in carica – e dai politici responsabili – con narrazioni alternative considerate valide, con conseguenti decisioni politiche arbitrarie".
Fra le ragioni del fallimento svedese viene indicata la fusione dell’Agenzia di sanità pubblica locale con l’Istituto per il controllo delle malattie infettive: la prima decisione rilevante assunta dal nuovo capo, Johan Carlson, è stata quella di licenziare e trasferire i sei professori dell’autorità al Karolinska Institutet, svuotando di fatto l’Agenzia delle necessarie capacità per affrontare un’emergenza sanitaria come quella del Covid.
"La strategia pandemica svedese sembrava mirata a raggiungere un’immunità di gregge naturale e a evitare una chiusura della società. L’Agenzia per la salute pubblica ha etichettato i consigli degli scienziati nazionali e delle autorità internazionali come posizioni estreme. La legislazione obbligatoria è stata utilizzata raramente; le raccomandazioni basate sulla responsabilità personale e senza alcuna sanzione erano la norma", ha tuonato Nature.
E ancora:
"Questa strategia svedese del laissez-faire ha avuto un grande costo umano per la società svedese. Diversi studi hanno dimostrato che i costi umani sarebbero stati significativamente inferiori in Svezia se fossero state attuate misure più severe, senza impatti più dannosi sull’economia".
Anziani "fatti morire"
"Il popolo svedese è stato tenuto all’oscuro di fatti fondamentali come la trasmissione aerea del Sars-Cov-2, che gli individui asintomatici possono essere contagiosi e che le maschere facciali proteggono sia il portatore che gli altri" accusa il rapporto.
Ma i dettagli più terribili sono senza dubbio quelli che riguardano le strategie di "cura" (se così si può dire) elencate da Nature.
"A molti anziani è stata somministrata morfina invece di ossigeno, nonostante le scorte di ossigeno fossero disponibili, ponendo fine di fatto alla loro vita. La decisione di fornire cure palliative a molti adulti anziani è molto discutibile; pochissimi anziani sono stati ricoverati per il Covid 19. Un trattamento appropriato (potenzialmente salvavita) è stato negato senza esame medico, e senza informare il paziente o la sua famiglia o chiedere il permesso. Molti funzionari hanno continuato a negare ogni responsabilità, e c’è stata solo una limitata protesta pubblica in Svezia quando questo è venuto fuori, la narrazione comune è che quelli nelle case di cura sono destinati a morire presto comunque.
Durante la primavera del 2020, molti individui non sono stati ricoverati negli ospedali e non hanno nemmeno ricevuto un esame sanitario poiché non erano considerati a rischio, con il risultato che gli individui sono morti a casa nonostante avessero cercato aiuto. Inoltre, c’erano istruzioni di triage disponibili nella regione di Stoccolma, che mostravano che gli individui con comorbidità, indice di massa corporea superiore a 40 kg/m2, età avanzata (80+) non dovevano essere ammessi in unità di terapia intensiva, poiché “era improbabile che si riprendessero”.
Nonostante i segnali preoccupanti di diversi ospedali che hanno superato i loro limiti, l’Agenzia per la salute pubblica e il governo hanno continuato a sostenere che c’erano ancora letti di terapia intensiva disponibili in Svezia, e che la loro strategia non è fallita poiché sono stati in grado di mantenere il contagio a livelli che il sistema sanitario poteva gestire. Tuttavia, la Svezia ha ottenuto il punteggio più basso sull’accessibilità dei letti di terapia intensiva in base a uno studio di 14 Paesi europei che ha esaminato l’impatto sul tasso di mortalità da Covid 19.
"L’Agenzia della Salute Pubblica ha negato o declassato il fatto che i bambini potessero essere infettivi, sviluppare malattie gravi, o guidare la diffusione dell’infezione nella popolazione; mentre le loro email interne indicano l'obiettivo di usare i bambini per diffondere l’infezione nella società. Ci sono stati anche rapporti su disuguaglianze e ingiustizia sociale come conseguenza della risposta della Svezia, in particolare con gli anziani, le persone nelle case di cura, gli individui con un background migratorio e i gruppi socio-economicamente meno avvantaggiati (anche di giovane età) colpiti dall’eccesso di mortalità", proseguono implacabili gli studiosi.
Insabbiamento e manipolazione dei dati
Il report parla anche di insabbiamenti e manipolazioni:
"L’Autorità svedese per l’ambiente di lavoro e l’Epidemiologo di Stato hanno persino iniziato a cancellare le e-mail in proposito richieste dai giornalisti. Anche se questo è illegale, la pratica di trattenere le informazioni e cancellare le e-mail è diventata diffusa tra le agenzie ufficiali durante la pandemia portando a una cosiddetta “gestione ombra”, poiché apparentemente il rischio di sanzioni legali è molto basso per i detentori del potere".
La conclusione è una pesante condanna della politica della Svezia e della sua classe dirigente, accusata di deliberata spietatezza:
"Questa pandemia ha rivelato diversi problemi strutturali nella società svedese, a livello politico e giudiziario, nella sanità, nei media ufficiali e nella burocrazia, con il decentramento, la mancanza di responsabilità e indipendenza, e il rifiuto di informazioni accurate e complete al pubblico come problemi ricorrenti a diversi livelli. La messa in discussione critica, anche da parte di scienziati ed esperti di fama internazionale, divenne rischiosa, persino pericolosa, in un Paese dove il conformismo era incoraggiato dai media nazionali. C’è stato un problema di responsabilità evasiva, governance autocratica, insabbiamento e segretezza. Ci si aspettava da tutta la popolazione una fiducia a senso unico nelle autorità. Proteggere l’“immagine svedese” a livello nazionale e internazionale è sembrato essere più importante che proteggere la vita degli abitanti della Svezia. Rimane una mancanza di coscienza etica e l’abilità di includere il ragionamento etico nei processi decisionali; e la mancanza di compassione per le vittime della pandemia".