Cop 26, il vero problema resta la Cina: aumenta la produzione di carbone
La Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Riforma cinese ha reso noto che dalla metà di ottobre, la produzione media giornaliera di carbone del Paese è stata superiore a 11,5 milioni di tonnellate.
Mentre alla Cop26 di Glasgow i leader mondiali, compreso il premier Mario Draghi, sono impegnati nei colloqui sul clima per scongiurare gli effetti del riscaldamento globale, dalla Cina arriva un gesto in netta controtendenza: è stata aumentata la produzione giornaliera di carbone di oltre un milione di tonnellate per allentare la crisi energetica. Trattandosi di uno Stato ancora estremamente dipendente dal carbone, infatti, la sua mancanza nelle ultime settimane ha determinato una raffica di black out che hanno, di fatto, bloccato i processi produttivi di molte fabbriche.
In un momento storico in cui la decarbonizzazione è fra gli obiettivi primari dei prossimi anni, come concordato anche al recente G20, la Cina ha invece osservato un miglioramento significativo nella sua offerta di carbone.
La Cina aumenta la produzione di carbone
La Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Riforma cinese ha reso noto che dalla metà di ottobre, la produzione media giornaliera di carbone del Paese è stata superiore a 11,5 milioni di tonnellate, con la cifra più alta degli ultimi anni che ha raggiunto 11,72 milioni di tonnellate.
"Negli ultimi giorni, la fornitura giornaliera di carbone alle principali centrali ha superato gli 8 milioni di tonnellate, raggiungendo un massimo storico con una cifra superiore agli 8,32 milioni di tonnellate", ha chiarito l'Ente.
Ma non è ancora finita: ci si aspetta che l'inventario di carbone delle centrali elettriche della nazione superi i 110 milioni di tonnellate. Le scorte di carbone nelle centrali elettriche nelle province nordorientali dell'Heilongjiang, dello Jilin e del Liaoning sono cresciute fino a superare i 12,7 milioni di tonnellate, quasi il doppio della cifra registrata alla fine di settembre.
Draghi: "Transizione difficile"
Su quanto sarebbe stato complicato persuadere un Paese come la Cina ad abbracciare modelli di crescita sostenibili in chiave ambientale, si è espresso pochi giorni fa il premier Mario Draghi, in occasione della fine del G20 capitolino, dove il tema dell'emergenza climatica ha tenuto banco.
"Al G20 abbiamo visto Paesi che si sono avvicinati alle posizioni degli altri con il giusto linguaggio. Ringrazio l'ambasciatore Mattiolo e tutti gli sherpa per il lavoro fatto. Qualcosa al G20 è cambiato, ossia che senza cooperazione non andiamo avanti e la cooperazione migliore che conosciamo è il multilateralismo, con regole scritte tanto tempo fa e ci hanno garantito prosperità. Le regole da cambiare si devono cambiare insieme. Dalla Cina fino a pochi giorni fa mi attendevo un atteggiamento più rigido, c'è stata la volontà di cogliere un linguaggio più rivolto al futuro che al passato. La Russia e la Cina hanno accettato l'evidenza scientifica degli 1,5 gradi, che comporta notevolissimi sacrifici, non sono impegni facili da mantenersi. La Cina produce il 50% dell'acciaio mondiale, molti impianti vanno a carbone, è una transizione difficile".
La Cina, nell'ambito dell'accordo romano fra i grandi della Terra che avevano posto una data precisa per raggiungere il traguardo delle emissioni zero - ovvero il 2050 - figura fra i Paesi che non hanno confermato la deadline, preferendo un generico "entro metà secolo".