L’accordo è stato firmato, anche se le tensioni nella Striscia di Gaza restano. Dopo lo storico primo passaggio ratificato ieri sera dal Governo di Israele (anche qui, non senza scontri, ma sul piano politico), l’esercito di Tel Aviv ha iniziato il ritiro delle proprie truppe da Gaza City e dal campo profughi di Al-Shati, secondo quanto riferito dal portale israeliano Walla News.
Idf si ritira da Gaza, ma nella notte nuovi bombardamenti
La situazione, però, resta tesa. Fonti palestinesi riferiscono infatti che, nelle prime ore del mattino, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno effettuato nuovi bombardamenti su Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. L’agenzia palestinese Wafa segnala colpi di artiglieria e droni militari contro la zona di al-Katiba, nel centro della città.
Attacchi segnalati anche a Gaza City
Secondo quanto riportato da Al Jazeera e Wafa, attacchi aerei e colpi di elicottero avrebbero interessato anche alcune aree di Gaza City, poche ore dopo la ratifica da parte del governo israeliano della prima fase dell’accordo con Hamas.
Un sito a est della città sarebbe stato preso di mira da elicotteri da combattimento, mentre l’artiglieria israeliana avrebbe colpito le aree periferiche.
La Protezione civile di Gaza ha invitato la popolazione a restare lontana dalle zone di confine fino alla conferma ufficiale del completamento del ritiro delle forze israeliane.
Due anni di guerra e un fragile spiraglio di pace
Dopo 734 giorni di conflitto, l’annuncio del cessate il fuoco ha suscitato una miscela di sollievo e apprensione nella popolazione. Le ultime ore prima dell’accordo sono state segnate da negoziati intensi tra le delegazioni israeliana e quella di Hamas, focalizzati soprattutto sulla lista dei detenuti palestinesi da liberare e sulla tempistica della scarcerazione degli ostaggi israeliani ancora trattenuti a Gaza.
Le tensioni all’interno del Governo Netanyahu
L’accordo è ufficiale da ieri sera, quando è arrivata la ratifica del Governo israeliano. Ma il premier Benjamin Netanyahu ha i suoi bei grattacapi interni. Itamar Ben-Gvir, il ministro per la Sicurezza Nazionale, e Bezalel Smotrich, delegato alle Finanze, non hanno votato a favore dell’accordo, anche se restano in sella.
“Mi prendo la tremenda responsabilità di assicurare che questo patto non ponga termine alla guerra. Per questa ragione non possiamo prendere parte alle celebrazioni frettolose”, ha detto Smotrich.
Mercoledì pomeriggio, quando era chiaro che i negoziati stavano accelerando verso un esito positivo, Ben-Gvir è salito scortato dalla polizia sulla Spianata delle Moschee dove ha proclamato la frase “Il Monte del Tempio è nostro”, il nome usato dagli ebrei per indicare le pietre sacre anche ai musulmani nella Città Vecchia di Gerusalemme. Una provocazione che sperava di far saltare all’ultimo i colloqui.
Trump: “Strada aperta per la pace”
Nel frattempo Donald Trump ha definito l’intesa “un risultato che molti ritenevano impossibile”, aggiungendo che “la strada verso una pace durevole in Medio Oriente è finalmente aperta”.
La Casa Bianca ha confermato che il presidente si recherà nei prossimi giorni in Israele e poi in Egitto, per partecipare a una cerimonia ufficiale di firma degli accordi di pace.
Oggi il Nobel per la Pace
Oggi, venerdì 10 ottobre 2025, è in programma intanto la consegna del Premio Nobel per la Pace. Un riconoscimento a cui Donald Trump non ha mai nascosto di ambire. E al quale è stato “candidato” prima da Netanyahu e da altri leader mondiali, e poi dalle famiglie delle vittime dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2025.
Ma Trump può davvero vincere il Nobel? Sì, grazie proprio al colpo di coda arrivato a poche ore dall’assegnazione del premio. Le speranze del tycoon, almeno per l’edizione 2025, non sono però tantissime. Le motivazioni ve le spieghiamo nell’articolo qui sotto.
PER APPROFONDIRE: Donald Trump può vincere il Premio Nobel per la Pace nel 2025?