Si lavora di più, ma si guadagna di meno. In cinque anni salari calati del 10,5%
Il valore creato per ora lavorata si riduce. Famiglie sempre più piccole e frammentate, sanità sotto pressione

Nel 2024 l’Italia ha visto un’espansione dell’occupazione, ma questa crescita non ha trovato riscontro nella produttività, né ha arginato la perdita di potere d’acquisto dei lavoratori. Il Rapporto annuale 2025 dell’Istat, presentato il 21 maggio a Palazzo Montecitorio dal Presidente Francesco Maria Chelli, ha posto al centro dell’attenzione proprio questo squilibrio: si lavora di più, ma si guadagna meno in termini reali, e il valore creato per ora lavorata si riduce.
Lavoro, salari e produttività: il volto mutevole dell’Italia nel Rapporto Istat 2025
Il numero degli occupati ha toccato quota 23,9 milioni, con un incremento di 352 mila unità (+1,5%) rispetto all’anno precedente. Guardando al confronto con il 2019, l’incremento arriva a +823 mila posti di lavoro. Tuttavia, il motore principale di questa crescita è rappresentato dai lavoratori over 50, che coprono oltre l’80% dell’incremento (+285 mila, +3%). Il tasso di occupazione è aumentato tra i 45-64enni, mentre tra i giovani di 15-24 anni si osserva una flessione dello 0,7%.

Più lavoro, meno produttività
Nonostante la crescita occupazionale, la produttività del lavoro nel settore privato ha subito una battuta d’arresto significativa nel 2024:
- –2% la produttività del lavoro complessiva;
- –0,9% per occupato;
- –1,4% per ora lavorata.
Secondo l’Istat, ciò è dovuto al fatto che la nuova occupazione si è concentrata in comparti a bassa produttività ma ad alta intensità di lavoro, come il turismo e la ristorazione. In altre parole, si impiega più forza lavoro in settori che contribuiscono meno alla crescita economica complessiva.
Salari erosi dall’inflazione
Le retribuzioni contrattuali hanno perso tra il 2019 e il 2024 il 10,5% del loro potere d’acquisto, con un picco negativo a fine 2022 (-15%). Il recupero nei mesi successivi è stato parziale: a febbraio 2025 si era risaliti a -8,7%, ma già a marzo il dato è tornato al -10%.

Il calo è stato meno accentuato per le retribuzioni lorde effettive per dipendente, che includono variabili aziendali e individuali, con una perdita stimata del 4,4%. Tuttavia, anche in questo caso l’Italia risulta in ritardo rispetto ad altri paesi europei: la Spagna ha registrato un calo del 2,6%, la Germania dell’1,3%.
Un’occupazione più istruita ma ancora diseguale
L’incremento dell’occupazione ha riguardato quasi esclusivamente persone con titolo di studio medio-alto: +2,2% per i diplomati; +3,7% per i laureati; –1,8% per chi ha solo la licenza media.
Il divario di genere nell’accesso al lavoro resta stabile: nel 2024 il tasso di occupazione è 71,1% per gli uomini contro 53,3% per le donne.
Economia, famiglie, povertà
Rallenta la crescita del PIL: le stime per il 2025 prevedono una crescita modesta, inferiore a quella del 2024 (+0,7%). Le previsioni oscillano tra +0,4% (FMI) e +0,6% (Banca d’Italia e MEF), frenate dall’incertezza geopolitica e dalle tensioni commerciali globali.
Famiglie sempre più piccole e frammentate: nel biennio 2023-2024, il 36,2% delle famiglie è composto da persone sole, mentre le coppie con figli scendono al 28,2%. A incidere sono l’instabilità familiare, il calo della natalità e il rinvio della genitorialità. Quasi il 40% degli over 75 vive da solo, in prevalenza donne.

Produzione industriale in calo: nel 2024 la produzione industriale italiana è scesa del 4%, aggravando il -2% registrato l’anno precedente. Le maggiori contrazioni si sono avute in Italia e Germania (-4,6%), mentre la Spagna ha segnato un lieve aumento (+0,5%).
Sanità pubblica sotto pressione: un italiano su dieci (9,9%) ha rinunciato a visite o esami specialistici nel 2024, a causa dei costi o delle lunghe attese. È un aumento rispetto al 7,5% del 2023 e al 6,3% del periodo pre-pandemico. La spesa sanitaria pubblica è salita a 130,1 miliardi di euro, rispetto ai 123,8 del 2023.
Quasi un quarto della popolazione a rischio povertà: nel 2024, il 23,1% degli italiani si trova in condizione di povertà o esclusione sociale (+0,3% rispetto al 2023). Nel Mezzogiorno la quota raggiunge il 39,8%. Tra i più colpiti, i giovani under 35, soprattutto in famiglie con un solo percettore di reddito.
Migliorano i conti pubblici: l’indebitamento netto scende dal 7,2% al 3,4% del PIL, mentre il debito pubblico si attesta al 135,3%, meno delle stime europee grazie al contenimento della spesa per interessi e alla crescita limitata del PIL.
Vero , controllavo gli stipendi dei dipendenti comunali , non mi riferisco agli statali , sono vecchi di 20 aa . assurdo .