caos generale

Sciopero a oltranza all’ex Ilva. I sindacati chiedono al Governo di essere convocati

"Il piano del Governo equivale a un piano di chiusura, non ci muoveremo finché non arriveranno risposte"

Sciopero a oltranza all’ex Ilva. I sindacati chiedono al Governo di essere convocati

La protesta dei lavoratori dell’ex Ilva si trasforma in un fronte nazionale compatto e determinato. Per il secondo giorno consecutivo, Genova, Novi Ligure, Racconigi e Taranto, hanno vissuto una giornata di mobilitazione serrata.

Nel mentre, i sindacati (Fim, Fiom, Uilm e Usb) ribadiscono una sola richiesta: il ritiro del “piano corto” presentato dal governo e la convocazione immediata di un tavolo unico alla presidenza del Consiglio.

Sciopero a oltranza all’ex Ilva

A Genova, martedì 2 dicembre 2025, la situazione è esplosa all’alba, davanti ai cancelli dello stabilimento di Cornigliano. Dopo l’assemblea, i lavoratori hanno portato fuori una pala meccanica e l’hanno trasformata nel simbolo della protesta, mettendola in testa al corteo.

Tra le tappe del corteo l’aeroporto Cristoforo Colombo, con la benna piazzata davanti alle porte delle partenze e i caschi degli operai che battevano sui vetri della hall.

Da lì la marcia si è spostata sull’A10, occupata per la prima volta nella storia delle mobilitazioni operaie genovesi, paralizzando il traffico e costringendola a ore di code interminabili.

Bloccato anche l’aeroporto di Genova

Il corteo ha raggiunto poi il Ponte San Giorgio, un luogo che racchiude il senso stesso della resilienza della città. Proprio sul ponte è arrivata la notizia di una telefonata tra il sindaco-commissario Marco Bucci e il commissario Giancarlo Quaranta: al centro della discussione il ripristino delle forniture di acciaio, indispensabili per far funzionare Cornigliano a pieno regime.

I filmati della protesta:

Senza quel tonnellaggio, spiegano i sindacati, lo stabilimento è destinato al rallentamento, se non al fermo. Mentre la mobilitazione attraversava Genova, a Taranto le sigle sindacali hanno proclamato uno sciopero a oltranza dalle 12.

La statale 100 Taranto-Bari è stata bloccata da lavoratori e delegati che hanno portato la protesta fuori dai cancelli della fabbrica. Anche qui il messaggio è diretto: la vertenza è una sola e riguarda tutto il gruppo siderurgico, dal Nord al Sud.

“Chiediamo un tavolo unico a Palazzo Chigi”

Il segretario generale della Fiom Cgil di Taranto Francesco Brigati ha denunciato il “piano corto” del Governo come un preludio alla chiusura degli impianti, ricordando che la sospensione delle cokerie e lo stop all’invio dei coils verso Genova segnerebbero un colpo mortale per l’intero sistema produttivo.

“Serve una convocazione immediata di un tavolo unico a Palazzo Chigi”, ha dichiarato, mentre il blocco della statale continuava a oltranza.

Lo sciopero a Taranto:

La posizione dell’Usb è altrettanto dura.

“Il silenzio del governo conferma ciò che diciamo da tempo. Quel piano equivale a un piano di chiusura. Non ci muoveremo finché non arriveranno risposte”.

Il piano corto del Governo

Il malcontento nasce dal percorso intrapreso dal Governo dopo il fallimento della seconda asta per la vendita del gruppo. A novembre, il Ministero delle imprese e del made in Italy ha presentato un progetto di decarbonizzazione accelerata da completare in quattro anni, accompagnato dall’annuncio di una futura vendita a soggetti privati non ancora indicati.

Secondo i sindacati, si tratta di una strategia che congela l’intero ciclo produttivo, blocca le forniture e prepara lo smantellamento degli stabilimenti.

Le convocazioni separate organizzate nei giorni scorsi – prima per gli stabilimenti del Nord, poi per Taranto – non hanno fatto che aumentare la tensione. Alcune sigle non si sono presentate, altre hanno constatato l’assenza di novità significative.

Gli incontri programmati da Urso

Nel tentativo di ricomporre il quadro, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha programmato per il 4 e il 5 dicembre una serie di incontri con Regioni e Comuni interessati con l’obiettivo dichiarato di definire un percorso condiviso per il rilancio del gruppo e valutare nuovi investimenti.

Ma anche questa scelta viene contestata dai sindacati, che parlano di un metodo destinato soltanto a frammentare ulteriormente la trattativa. Il messaggio resta immutato: senza un segnale da Palazzo Chigi, la protesta continuerà e potrebbe estendersi.

I lavoratori lo ripetono da giorni, non arretreranno di un millimetro. E se non arriveranno risposte, sono pronti a bloccare di nuovo le città e far sentire la propria voce.