Riforma del Def, da 3 a 2 anni: secondo l'opposizione è una forzatura
Ma per il ministro Giorgetti la vera spada di Damocle resta il debito

La decisione del governo di riformare il Documento di economia e finanza (Def) riducendo l’orizzonte temporale delle previsioni macroeconomiche da tre a due anni ha scatenato dure critiche da parte delle opposizioni per la quale è ritenuta una forzatura. Secondo queste ultime, si tratta di una scelta che riduce la trasparenza e che potrebbe compromettere la credibilità dell’Italia sui mercati. Ma per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il vero problema non è la durata delle previsioni, bensì il peso crescente del debito pubblico e l’incapacità dell’Europa di prendere decisioni rapide ed efficaci.
La scelta del governo e le critiche dell'opposizione
Il governo italiano ha deciso di presentare al Tesoro un monitoraggio degli impegni economici con un orizzonte temporale di due anni anziché tre, limitandosi a previsioni tendenziali senza un quadro programmatico dettagliato. Una decisione che ha portato a una spaccatura nel gruppo di lavoro incaricato di trattare la questione, con una "fumata nera" e forti contestazioni dalle opposizioni.
Per l'opposizione, questa modifica mina la solidità del Def e lascia troppi margini di incertezza sulla strategia economica dell'esecutivo. La riduzione del periodo di analisi, secondo loro, sarebbe un tentativo di mascherare le difficoltà nel rispettare gli obiettivi di riduzione del deficit e del debito.
Giorgetti: "Il problema vero è il debito"
Dal canto suo, Giorgetti ha evidenziato la necessità di affrontare il problema della sostenibilità finanziaria dell'Italia in un contesto europeo sempre più incerto. Il ministro ha minimizzato le polemiche e ha spostato l'attenzione su un'altra questione: il debito pubblico e il ruolo dell’Europa nella gestione delle politiche economiche.
Secondo il ministro, l’Unione Europea si trova in una fase di stallo decisionale, incapace di affrontare con rapidità ed efficacia le sfide globali. A preoccupare Giorgetti non è solo la mancanza di una strategia chiara sul fronte economico, ma anche la direzione presa dagli Stati Uniti e dalla Cina nella "guerra delle valute". Il ministro ha infatti sottolineato il rischio che l’Europa rimanga indietro rispetto a Washington e Pechino nella competizione globale sulle criptovalute e sulle monete digitali.

Giorgetti ha anche messo in guardia contro le nuove politiche economiche dell’amministrazione Trump, che punta a rafforzare il ruolo del dollaro attraverso l’uso delle stable coin, criptovalute ancorate a valute reali. In contrasto, la Cina ha già lanciato la propria moneta digitale, mentre l’Europa fatica a concretizzare il progetto dell’euro digitale, rimanendo bloccata in discussioni accademiche.
Questa sfida monetaria, secondo Giorgetti, è molto più insidiosa dei dazi e rappresenta un rischio concreto per la stabilità economica del Vecchio Continente. L’Europa, ha detto il ministro, deve decidere se vuole essere un attore politico capace di prendere decisioni tempestive o rimanere un’istituzione priva di incisività.
Nonostante il confronto serrato con l'opposizione, Giorgetti resta fermo sul punto: la priorità per l'Italia è garantire la sostenibilità del debito pubblico e difendere la propria economia in un contesto internazionale sempre più competitivo e instabile. L'efficacia della riforma del Def, quindi, si misurerà nei prossimi mesi, quando il governo dovrà dimostrare di poter mantenere il controllo dei conti pubblici senza compromettere la crescita del Paese.