Sì, ma quanto costa il Pos a un commerciante per davvero?
Tra noleggio, canone e commissioni si capisce perché in molti preferiscano il contante
Da giorni si discute sui pagamenti con il Pos, dopo che il Governo ha deciso di alzare a 60 euro la cifra entro la quale gli esercenti possono rifiutare il pagamento con carta o bancomat. Si è parlato di regalo agli evasori, di banche, di ritorno all'età della pietra. Ma quanto costa a un commerciante il Pos? E quanto ci rimette per ogni singola transazione? Sono dati che vanno presi in considerazione per capire perché molti negozianti sono favorevoli ai pagamenti in contanti.
Pos, quanto mi costi: quanto pagano i commercianti
I costi del Pos sono davvero così insostenibili? Se lo chiedono in molti. E allora cerchiamo di capire quanto pesa nell'economia di un'attività (solitamente medio-piccola) accettare i pagamenti telematici.
Innanzitutto bisogna chiarire che il Pos ha un costo non solo per le commissioni. C'è proprio un prezzo fisico che un commerciante deve pagare. E qui funziona come per la telefonia: le varie banche o società mettono a disposizione le proprie strumentazioni con varie offerte tra cui scegliere. E qui sta al singolo decidere tra quelli che hanno un costo iniziale più alto ma non hanno canone oppure quelli dati in uso ma con un pagamento mensile. Per fare un paio di esempi, Intesa Sanpaolo applica un canone mensile di 18 euro se si acquista un Pos della gamma "Nexi SmartPos" entro il 31 dicembre 2022, mentre Poste Italiane propone un Pos mobile a 59,90 euro + Iva e uno fisico a partire da 9,90 euro al mese.
Confesercenti ha fatto notare che il boom dei pagamenti con carta di credito o di debito "ha dei costi notevoli per gli esercenti", che sarebbero pari a "circa 772 milioni di euro l’anno, fra commissioni e acquisto o comodato del dispositivo". L'associazione dei consumatori di Consumerismo No Profit sostiene a sua volta che "i costi di gestione di carte e bancomat e le commissioni sui pagamenti elettronici arricchiscono le casse degli istituti di credito a discapito di utenti ed esercenti".
Le commissioni
Quello che viene maggiormente contestato però sono le commissioni. Quando paghiamo con la carta, il commerciante paga una percentuale frutto di due componenti:
- La commissione interbancaria: è la quota di scambio tra la banca che ha emesso la carta del cliente e quella del commerciante che riceve il pagamento.
- Le commissioni dei circuiti coinvolti (Visa, Mastercard, American Express, Bancomat, etc.).
Difficile dare una cifra standard, perché ogni banca ha le sue cifre, che possono variare a seconda del circuito utilizzato. In linea di massima le commissioni sui pagamenti variano dallo 0,45% al 4,5%, e sono differenti a seconda dei circuiti utilizzati e della somma (in alcuni casi al di sotto di certi limiti la commissione non si paga).
L'aiuto dello Stato
Un sostegno arriva dallo Stato, che dà la possibilità a chi ha ricavi inferiori a 400.000 euro all'anno di richiedere un credito d'imposta pari al 30% sulle commissioni per i pagamenti con carte e bancomat. C'è poi un bonus che permette di recuperare sino a 160 euro per l'acquisto o il noleggio di Pos collegati a registratori di cassa elettronici.
Conviene davvero il contante?
Dunque va da sé che le operazioni più danneggiate saranno quelle minori, sulle quali il ricavo da parte del commerciante - già magari basso - si riduce ulteriormente. Pensate ad esempio di applicare questo genere di "tagli" su un caffè da un euro...
Ma il contante conviene? Un po' in maniera sorprendente secondo la Banca d'Italia no. Questo perché "il costo privato del contante risulta il più elevato a causa dei maggiori oneri (variabili) legati alla sicurezza" come ad esempio i furti, il trasporto valori, le assicurazioni oltre al tempo impiegato per contare l'incasso a fine giornata. A questi si aggiungono i costi per per stampare le banconote e finanziare le verifiche anti-contraffazione. Sommando tutti questi elementi si arriva a una spesa di 7,4 miliardi di euro all'anno.
Insomma, comunque vada tutto ci costa...