L’esame della Manovra finanziaria 2026 è ormai entrato nella fase cruciale, e il governo guidato da Giorgia Meloni sta lavorando intensamente per trovare le risorse necessarie a finanziare le modifiche richieste dai senatori.

La scadenza è stretta: la legge di bilancio dovrà essere approvata dal Parlamento entro il 31 dicembre 2025. In questo contesto, il centrodestra ha riacceso i contatti con le grandi banche, che avevano già concordato con l’esecutivo un contributo stimato intorno ai 9,5 miliardi di euro per i prossimi tre anni.
Manovra: intesa in maggioranza su contributo banche
Secondo le ultime informazioni, il governo e le principali banche sono vicini a un’intesa sul contributo che gli istituti dovranno versare al bilancio statale nell’ambito della Manovra. Questo permetterebbe di scongiurare un ulteriore aumento dell’Irap, la tassa sulle attività produttive, grazie soprattutto alla pressione di Forza Italia. La legge di bilancio prevede già un aumento dell’Irap del 2%, mentre alcuni emendamenti avevano ipotizzato un incremento fino al 2,5%.
Al posto di un aumento aggiuntivo dell’Irap, le banche sarebbero chiamate a contribuire attraverso un meccanismo di anticipo di liquidità, simile a quello già utilizzato nelle Manovre degli anni precedenti. Questo sistema consente allo Stato di ottenere fondi dal settore bancario senza introdurre nuove imposte.
Il vertice tenutosi il 28 novembre 2025 a Palazzo Chigi tra i leader della maggioranza ha permesso di avvicinarsi a un accordo con le banche sul loro contributo al bilancio. Alcuni emendamenti, infatti, avevano proposto un aumento dell’Irap al 2,5%, ma questa opzione sembra essere stata abbandonata.
Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato di Forza Italia, ha sottolineato che l’intesa dovrebbe mantenere il rialzo dell’Irap a due punti percentuali e proseguire nella ricerca di altre soluzioni legate ai flussi di cassa delle banche.
Di conseguenza, l’Irap per le banche passerebbe dal 4,65% al 6,65%, anziché al 7,15% come sarebbe stato previsto con l’ipotesi più alta. Questo incremento resta superiore rispetto a quanto pagano altre società, ma evita un aggravio ulteriore rispetto al piano originario.
Come funziona l’anticipo sulla liquidità
L’alternativa all’aumento dell’Irap è rappresentata dall’anticipo di liquidità, già adottato nelle Manovre per il 2024 e il 2025. In pratica, questo meccanismo permette allo Stato di ottenere fondi dal sistema bancario senza imporre nuove tasse.
Si basa sulle imposte differite attive (Dta), cioè crediti fiscali che le banche registrano a bilancio con l’aspettativa di pagare meno tasse in futuro. Con l’anticipo di liquidità, le banche sono invitate a non utilizzare questi benefici nell’anno successivo, mantenendoli invece per gli esercizi futuri.
In termini pratici, le banche pagheranno più tasse nel 2026 rispetto a quanto inizialmente previsto, ma i crediti fiscali rimarranno comunque registrati a bilancio. Non si tratta quindi di un costo aggiuntivo, ma di un rinvio della contabilizzazione dei benefici fiscali. Va sottolineato, però, che questo sarebbe il terzo rinvio consecutivo per le stesse Dta.
Il contributo complessivo delle banche nella Manovra
Con queste nuove disposizioni, il contributo delle banche alla Manovra 2026 si articolerebbe su tre strumenti principali.
In primo luogo, l’aumento dell’Irap dal 4,65% al 6,65%. In secondo luogo, l’anticipo di liquidità sulle Dta. Infine, lo sconto sul disaccantonamento delle riserve, già previsto nel testo originale della Manovra.
Questo meccanismo consente alle banche di sbloccare parte dei fondi accantonati a titolo di riserva per il consolidamento del bilancio, alcuni dei quali derivano dalla tassa sugli extraprofitti introdotta nel 2024.
Se scelgono di farlo, le banche beneficeranno di una tassazione agevolata: il 27,5% nel 2026, il 33% nel 2027 e il 40% dal 2028 in poi. Pur essendo presentato come volontario dal Governo, in realtà gli istituti sono di fronte a una scelta obbligata: reinvestire le riserve nel 2026 o 2027, oppure lasciarle bloccate almeno fino alla prossima legislatura.
La posizione degli istituti di credito
Nei giorni scorsi il governo ha incontrato le banche a Palazzo Chigi in una nuova fase di trattativa, guidata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dal suo vice Maurizio Leo e dal vicepresidente del Consiglio e leader di Forza Italia Antonio Tajani.

Al momento, tuttavia, un accordo non è stato ancora raggiunto: le proposte del governo non convincono pienamente gli istituti di credito, che ribadiscono di aver già dato il loro contributo come deciso lo scorso 21 ottobre.
Alcuni rappresentanti del mondo bancario hanno anche fatto notare che il 50% dell’onere della Manovra 2026 ricadrebbe sulle banche, attraverso misure considerate particolarmente gravose. Tuttavia, c’è chi nel settore ritiene che l’aumento dell’Irap sia comunque più gestibile rispetto ad altre possibili soluzioni.
La ricerca delle coperture
Il centrodestra, attraverso Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi moderati, ha presentato numerosi emendamenti alla Manovra 2026, che ora sono all’esame della commissione Bilancio del Senato e del ministero dell’Economia. Il vero problema, tuttavia, non riguarda i contenuti delle modifiche, ma le coperture finanziarie necessarie per realizzarle. Secondo alcune stime interne alla maggioranza, servirebbe almeno un miliardo di euro per soddisfare le richieste dei senatori.
Oltre alle banche, altre risorse potrebbero arrivare da un eventuale aumento delle imposte sulle assicurazioni dei veicoli, oggi tassate al 2,5%. L’Agenzia delle Entrate aveva suggerito di portare questa aliquota fino al 12,5%.
All’interno del Senato si discute anche di altre possibilità per trovare risorse. La Lega propone di utilizzare i proventi derivanti dalla cessione delle quote di partecipazione al Meccanismo europeo di stabilità per rifinanziare il Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Fratelli d’Italia, invece, suggerisce di aumentare la Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, portando l’aliquota allo 0,3% dal 2027, allo 0,35% dal 2028 e allo 0,4% dal 2029.