La marea sta montando. L’ultima testata ad alzare la mano è stata la rivista Rolling Stones, mitico periodico musicale a stelle e strisce in edicola dal 1967.
E’ solo l’ultimo di un nutrito manipolo di editori a lanciare un grido d’allarme, mentre la maggior parte degli altri resta imbambolata: tutti avvertono qualcosa, senza però riuscire a capire bene la ragione del malessere, un po’ come quando covi l’influenza, ma fai finta di niente pensando (e sperando) “passerà”.
E invece no, il problema è già da tempo sotto gli occhi di tutti: l’intelligenza artificiale prende quello che vuole, lo ridà in pasto ai propri utenti e chi s’è visto s’è visto. Peccato che chi non s’è visto il più delle volte è la fonte delle informazioni digerite e rivomitate da ChatGpt, Gemini e compagnia cantante.
Non secondario anche il fatto che in molti casi la IA di turno sia a pagamento, ovvero che per giunta faccia “business” su quelle informazioni, e che invece la fonte che ha generato il tutto rimanga a bocca asciutta, malgrado abbia pagato fior fior di collaboratori a sua volta per produrre quel contenuto editoriale, ma soprattutto si veda privata delle entrate che sarebbe riuscita a incamerare veicolando pubblicità.
E io pago… ha pensato l’editore di Rolling stones.
Sempre più editori fanno causa a Google
E allora stiamo proprio sull’esempio di Rolling Stones per spiegare in modo semplice e immediato il problema.
Abbiamo preso una notizia a caso. Per sapere che cos’è successo durante la festa per il lancio dell’ultima collaborazione di due rapper sulla cresta dell’onda, Sfera Ebbasta e Shiva, abbiamo interrogato il caro e “vecchio” Google con la chiave di ricerca “festa nuovo album sfera shiva“.

Bene, come vedete nella SERP (la pagina dei risultati del motore di ricerca), in alto in uno specchietto la prima cosa che si vede è “AI Overview“, ovvero la risposta integrata creata con l’IA di Google, Gemini: in quattro righe offre una descrizione sintetica ed esaustiva rispetto alla domanda.
Sotto, invece, il link all’articolo di Rolling Stones Italia dal quale presumibilmente l’IA ha preso quel che le serviva (essendo anche il primo risultato proposto dalla ricerca organica).
E’ evidente che se quella sintetica definizione ci basta, su Sfera Ebbasta il bisogno informativo è belle che soddisfatto, senza bisogno di cliccare oltre. Pur vero che se vogliamo approfondire, probabilmente andremo ad aprire il link di Rolling stones, ma rispetto a un anno fa – siamo realisti – quanti sono quelli che arrivano sotto e cliccano l’articolo fonte e quanti invece si accontentano del contenuto “rubato” in testa?
Secondo le statistiche – tenetevi forte – il 20% delle ricerche Google mostrano prima Overviews rispetto ai “classici” risultati di ricerca, di conseguenza Overviews si stima riduca i clic del 34,5% per i siti in prima posizione (figuratevi gli altri risultati a seguire quante possibilità hanno di essere cliccati…).
Ha un bel dire Google, quando sostiene che le AI Overviews non riducono il traffico verso gli editori, ma rendono la ricerca più “utile” e “migliorano l’esperienza utente”… è una bella favoletta, ma la vita reale è un’altra cosa: qui il punto è che il sistema rischia di collassare, andando avanti così: i siti d’informazione non avranno più abbastanza ricavi per stare in piedi e – quindi – anche l’IA si ritroverà senza più nemmeno il materiale grezzo da “rubare”.
Su questo indiscriminato e continuo attingere a materiale coperto da diritto d’autore, occorrerebbe una riflessione, in primis da parte dei player globali della IA, ma soprattutto da parte di Google, che l’ha pure integrata nel suo motore di ricerca, praticamente monopolista.
daniele.pirola@netweek.it