Cosa cambia

Le piattaforme di e-commerce dovranno segnalare al Fisco i venditori che fatturano più di 2mila euro l'anno

Sarà la stessa piattaforma a dover comunicare i redditi ottenuti dal venditore all'autorità fiscale nazionale del Paese in cui ha sede legale l'azienda

Le piattaforme di e-commerce dovranno segnalare al Fisco i venditori che fatturano più di 2mila euro l'anno
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Il Fisco mette il naso nel mondo del commercio online. E il lavoro potrebbe cambiare parecchio. Anche in Italia, dunque, è stata recepita la direttiva europea Dac7 che dà modo alle Agenzie delle Entrate di conoscere i guadagni online di qualunque tipologia di attività: dall’e-commerce al servizio di noleggio auto.

Fisco, guadagni online nel mirino: cosa cambia

La direttiva Ue in questione è stata approvata nel marzo 2021 dal Consiglio europeo e recepita nel nostro Paese all'inizio di marzo, con un decreto firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La direttiva nel resto del Vecchio Continente è già applicata dal 31 dicembre 2022. L'Italia però è in ritardo, tanto che il 27 gennaio 2023 è stata messa in mora dalla Commissione europea per non aver rispettato la scadenza di recepimento, appunto fissata alla fine dello scorso anno.

Riguarda in prima battuta le piattaforme online, ma a cascata anche tutti coloro che lavorano nel mondo del commercio in Rete. Le  piattaforme saranno infatti tenute a comunicare i guadagni ottenuti tramite i propri utenti, in particolar modo nel caso in cui un cliente effettui in un anno solare almeno 30 operazioni per 2.000 euro.

Gli accertamenti

Ma come funziona nello specifico la normativa? Se una qualsiasi attività vende almeno trenta oggetti in un anno tramite una piattaforma di e-commerce e fattura almeno 2.000 euro, sarà la stessa piattaforma a dover comunicare i redditi ottenuti dal venditore all'autorità fiscale nazionale del Paese in cui ha sede legale l'azienda, che a sua volta li invierà all'Agenzia delle entrate, che avrà il compito di confrontare i dati con le dichiarazioni della società interessata. E in caso di mancata corrispondenza tra i dati scatteranno gli accertamenti.

La prima comunicazione dovrà avvenire entro il 31 gennaio 2024 e sarà relativa ai redditi del 2023. Il primo scambio di informazioni fiscali tra le autorità dei Paesi Ue avverrà invece il 29 febbraio 2024.

Sono previste naturalmente anche delle sanzioni piuttosto restrittive. Le piattaforme che non rispetteranno la norma saranno sollecitate due volte entro 60 giorni. a regolarizzare la propria posizione. In caso di mancato adempimento della direttiva dovranno chiudere i profili dei venditori.

I vantaggi del nuovo regolamento

Il vantaggio primario è un extra gettito fiscale decisamente importante: circa 30 miliardi di euro in tutta la Comunità europea. Secondo il  dossier del Servizio del bilancio del Senato, potrebbero esserci effetti positivi “sull'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale che, in particolare, quanto all'imposizione diretta, vede oggi nel transfer pricing e dividend washing, nonché, in genere, nella esterovestizione  fenomeni volti a conseguire indebiti 'risparmi' rispetto al dovuto adempimento degli obblighi tributari”.

Transfer pricing, esterovestizione e dividend washing: cosa sono

Il transfer pricing è una tecnica di spostamento del reddito tra un Paese e un altro (generalmente a bassa fiscalità, così da alleggerire il carico) attraverso l’applicazione di corrispettivi più elevati o più bassi di quelli che sarebbero fissati tra imprese indipendenti.

L’esterovestizone consiste nella falsa localizzazione della residenza in Paesi diversi dall’Italia. Viene usata per ottenere vantaggi fiscali in modo indebito.

Il dividend washing invece consiste nell’acquisto di partecipazioni societarie in prossimità della data di stacco del dividendo e la successiva cessione dei titolo dopo l’incasso degli utili. Un'operazione che permette di “trasformare” il dividendo in plusvalenza da cessione di partecipazioni.

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