i requisiti

Le cinque città italiane che possono raddoppiare l'imposta di soggiorno dal 2023

Ira degli albergatori che temono ripercussioni per l'extra. I comuni fortunati sono: Rimini, Venezia, Verbania, Firenze e Pisa

Le cinque città italiane che possono raddoppiare l'imposta di soggiorno dal 2023
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La bellezza si paga. Con l’approvazione da parte del Parlamento dell’emendamento alla legge di Bilancio 2023 sul tema proposto dal Partito democratico, che prevede la libertà per le amministrazioni locali interessate di definire l’importo della tassa fino a un massimo di 10 euro anziché 5, le tasse di soggiorno potrebbero lievitare.

Ci sono ovviamente dei parametri: i comuni che ricevono un flusso di turisti venti volte superiore al numero dei propri residenti potranno raddoppiare l’entità della tassa di soggiorno. La buona notizia (per i turisti) è che al momento questo possibile aumento dei prezzi riguarda soltanto cinque città nostrane.

Tassa di soggiorno: le città che possono raddoppiarla

La proposta emendativa firmata dai deputati dem Andrea Gnassi e Federico Gianassi è rivolta ai “capoluoghi di provincia che, in base all'ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta e l'elaborazione di dati statistici, abbiano avuto presenze turistiche in numero venti volte superiore a quello dei residenti. I predetti comuni devono fare riferimento ai dati pubblicati dall'Istat riguardanti le presenze turistiche medie registrate nel triennio precedente all'anno in cui viene deliberato l'aumento dell'imposta. Per il triennio 2023-2025 si considera la media delle presenze turistiche del triennio 2017-2019”.

Chi possiede questi requisiti?

“Il provvedimento, stando ai requisiti richiesti, autorizza l’incremento solo a Rimini, Venezia, Verbania, Firenze e Pisa. Bene, ma Anci chiede che anche comuni di più piccole dimensioni con un enorme flusso turistico, pensiamo a quelli sulla costa in estate, possano analogamente intervenire”, chiarisce Alessandro Canelli, delegato Anci alla Finanza locale.

La tassa

La tassa di soggiorno è un’imposta giornaliera che grava su coloro che alloggiano nelle strutture ricettive dei comuni che la prevedono, ovvero “i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località  turistiche o città d'arte”, che devono istituirla con deliberazione del consiglio in maniera graduale e proporzionale al prezzo della struttura.

Gli introiti che genera possono essere destinati a finanziare unicamente interventi in materia di turismo, di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e i servizi pubblici del territorio.

Ma non tutti sono soddisfatti: Federalberghi, Confindustria Alberghi ed Assoturismo Confesercenti levano gli scudi:

“In un momento così delicato in cui il turismo, finalmente dopo oltre due anni di restrizioni, stava ripartendo ci lascia sorpresi la tempistica di un emendamento alla Manovra, a firma PD, in materia di imposta di soggiorno approvato in Commissione Bilancio - dichiara Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria - attraverso il quale diventa possibile alzare l’imposta di soggiorno a 10 euro nelle città che, in base alle ultime rilevazioni, abbiano avuto presenze turistiche venti volte superiori a quelle dei residenti. È un provvedimento che in una fase di riavvio del turismo rischia di compromettere il delicato recupero di destinazioni che stavano appena rialzando la testa, di caricare di ulteriori costi i turisti e di burocrazia gli albergatori”.

Il moltiplicarsi dell’imposta andrà a pesare soprattutto sulle famiglie che per un soggiorno di una settimana si troveranno a pagare un extra di 140 euro

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