La Direttiva Ue sulle case green sta seminando il panico. Come stanno (davvero) le cose
Cosa dice la bozza? Quali sarebbero gli immobili interessati ad adeguarsi e, soprattutto, cosa rischia chi non lo fa? Qualche precisazione
Sta facendo discutere (e seminando il panico) la cosiddetta direttiva europea sulle case green. L’Europa punta, infatti, ad uniformare le classi energetiche degli immobili stabilendo delle soglie di sufficienza sotto le quali non si dovrebbe andare. Tradotto: i cittadini potrebbero essere chiamati ad effettuare lavori di ristrutturazione – anche ingenti – per apportare le migliorie necessarie in termini di dispendio energetico che sono il tallone d’Achille, delle case vetuste.
Non è mancata la levata di scudi del Governo Meloni, nonostante nulla sia ancora stato determinato, le bozze siano ancora sul tavolo e si stia discutendo di una Direttiva (non di un regolamento) e, dettaglio di non poco conto: sono previste sanzioni per chi non ristruttura casa portandola nelle classi previste, ma quantificarle è un compito che la Direttiva lascia in mano dei singoli governi.
Per chi teme, insomma, che l’Europa vada a suonare il campanello delle abitazioni di scarsa efficienza energetica battendo cassa, o radendole al suolo, forse lo scenario va spiegato in maniera meno sensazionalistica. Senza negare che il problema degli immobili inquinanti e non adeguati esiste eccome nel nostro Paese e che, necessariamente, deve essere affrontato.
Direttiva europea sulle case green: cos’è e cosa prevede
La Svezia, che detiene dall’1 gennaio 2023 la presidenza di turno dell’Unione Europea, è intenzionata ad approvare in questo semestre la cosiddetta direttiva sulle “case green”. A presentare la proposta di Direttiva, il 15 dicembre 2021, era stato il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans che aveva subito assicurato, fiutando possibili strumentalizzazioni sovraniste anti-europee:
“Nessun burocrate di Bruxelles confischerà la vostra casa non ristrutturata".
Risposte potrebbero arrivare già il 9 febbraio 2023, data in cui il testo arriverà in commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, congiuntamente ai numerosi emendamenti presentati.
Il testo fa parte del progetto Fit for 55, con cui l’Unione europea vuole ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni nocive rispetto ai livelli del 1990. In media, gli edifici rappresentano il 40% del consumo energetico e il 36% dell’emissione di gas nocivi. L’obiettivo del testo è di aiutare i paesi membri a far sì che gli immobili siano più comodi, meno dispendiosi, riducendo l’uso di fonti fossili, combattendo la povertà energetica e l’aria inquinata, nelle nostre case come nelle nostre città.
Per effettuare tale adeguamento, è richiesto un taglio dei consumi energetici di circa il 25%, quindi interventi come il cappotto termico, la sostituzione degli infissi, l’installazione di nuove caldaie a condensazione e di pannelli solari. L’obiettivo finale è raggiungere le zero emissioni entro il 2050.
La bozza
Secondo la bozza, rammentiamolo nuovamente, bozza e, come tale, passibile di revisioni e ammorbidimenti (che sono già stati messi in atto) messa a punto dal Parlamento europeo, tutti gli immobili residenziali dovranno rientrare nella classe energetica E entro l’1 gennaio 2030, in quella D entro l’1 gennaio 2033.
E andiamo subito sul concreto, a proposito di ammorbidimenti. Al momento sono saltate le limitazioni alla possibilità di vendere o affittare case per chi non possiede il bollino verde europeo, paventate in un primo momento. Spetterebbe ai Governi nazionali decidere quali sanzioni applicare. Sanzioni che si aggiungerebbero all’automatica perdita di valore degli immobili non a norma. Ergo: l’unica perdita a cui si va incontro è quella di valore di un immobile vecchio e costoso da mantenere.
Nulla che già non accada secondo le leggi del mercato immobiliare. Vale di più, a parità di posizione e metratura, una casa degli anni ’50 non ristrutturata o una casa del 2020? La risposta è evidente e di certo non scopriamo l’acqua calda.
A ciò si aggiunge anche una lista di immobili esenti da queste direttive. Sarebbero infatti escluse le case vacanza, gli immobili riconosciuti di interesse storico, le chiese e gli altri edifici di culto, nonché le abitazioni indipendenti con una superficie inferiore ai 50 metri quadrati.
A puntualizzare, ulteriormente, le intenzioni è Ciarán Cuffe è relatore nel Parlamento europeo della proposta di direttiva sull’efficienza energetica degli immobili, attualmente in discussione a livello comunitario.
L’europarlamentare ha voluto fare chiarezza su alcune incomprensioni circolate in Italia, nella scia di un dibattito alquanto confuso. Al Sole 24 ore ha spiegato:
“Ciascun Paese ha un proprio modo per misurare il consumo di energia, e quindi definizioni diverse di classi energetiche (da A a G, a seconda della loro efficienza energetica, ndr). Ciascun paese poi ha un clima diverso. La proposta di direttiva presentata dalla Commissione prevede che ciascun paese individui il 15% del parco immobiliare più inquinante (appartenente quindi alla classe G) e che ne migliori l’efficienza energetica. Nella nostra proposta, vogliamo che gli edifici con le peggiori prestazioni (cioè appartenenti alle classi G, F ed E), pubblici e non residenziali, raggiungano la classe D entro il 2030. Gli edifici residenziali e di edilizia sociale hanno tempo fino al 2033 o più per raggiungere questo obiettivo. Sono previste deroghe specifiche in caso di circostanze nazionali giustificate, come ad esempio una temporanea carenza di lavoratori, o nel caso in cui gli Stati membri vogliano adeguare i requisiti di prestazione energetica per alcune parti del patrimonio edilizio.”
E per chi già si immagina scenari apocalittici dove l’Ue pretenderebbe di mettere mano al prezioso patrimonio storico italiano, ecco un’altra rassicurazione:
“La stessa definizione di immobile storico sarà demandata ai singoli Paesi membri, e non intendiamo chiedere di abolire leggi che attualmente proteggono i centri storici. In ogni caso, i monumenti non sono coperti dalla direttiva. Pertanto, non sono previsti requisiti per i monumenti nazionali.”
Insomma, decidono i Paesi e non l’Europa.
“Ciascun paese sarà chiamato a mettere a punto il proprio piano nazionale di ristrutturazione degli immobili. In altre parole, l’intero processo sarà guidato dalle condizioni nazionali, e dipenderà dallo stock degli edifici, dalla disponibilità di materiali e di lavoratori. Vogliamo essere certi di non imporre richieste irrealistiche ai proprietari o agli occupanti. È detto chiaramente nell’articolo 3, comma 4 del testo in discussione. La Commissione sarà chiamata a valutare il livello di ambizione del singolo piano e verificare, tra le altre cose, che ci sia stato una consultazione pubblica (…) Insomma, c’è una attenzione significativa sull’approccio nazionale alla ristrutturazione.”
Le polemiche
Rassicurazioni circa la larghissima indipendenza e soggettività dell'applicazione non hanno evitato che il centrodestra andasse all’attacco.
Secondo il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini, la nuova norma “avrebbe conseguenze drammatiche per il settore immobiliare del nostro paese e per il patrimonio degli italiani, oltretutto in tempi di grande difficoltà economica che hanno già richiesto troppi sacrifici. Tutti devono fare la propria parte per tutelare l’ambiente e rispettare il pianeta, ma non possiamo permettere questo stravolgimento, irrazionale e assurdo”.
Secondo l’Ance (l'Associazione nazionale costruttori edili), in Italia “su 12,2 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni risultano particolarmente inquinanti e non sono in grado di garantire le performance energetiche richieste”. Tradotto in soldoni, si tratterebbe per Fratelli d’Italia di “una patrimoniale mascherata” che andrebbe a “ledere i diritti dei proprietari”, costretti a spendere migliaia di euro per adeguarsi alle nuove regole.
Quello che non è viene detto, nel clima di panico che si è creato intorno a questa bozza, è che sono sì previste sanzioni per chi non ristruttura casa portandola nelle classi previste, ma quantificarle è un compito che la Direttiva lascia in mano dei singoli Governi. E dunque potrebbe risolversi tutto nella più classica delle bolle di sapone...