automatizzare fino al 75%

Il più grande licenziamento della storia di Amazon: via in 30mila, al loro posto l’intelligenza artificiale

Un processo che promette efficienza e profitti, ma che solleva anche interrogativi profondi su etica, sostenibilità sociale e tutela dei lavoratori

Il più grande licenziamento della storia di Amazon: via in 30mila, al loro posto l’intelligenza artificiale

È stato definito un licenziamento storico, il più massiccio nella storia di Amazon. Il colosso dell’e-commerce fondato da Jeff Bezos si prepara a tagliare 30 mila dipendenti diretti, un’operazione senza precedenti che segna un nuovo capitolo nella trasformazione digitale dell’azienda e nel modo in cui l’intelligenza artificiale sta ridisegnando il mercato del lavoro globale.

Il più grande licenziamento della storia di Amazon: 30 mila posti di lavoro tagliati. Saranno sostituiti dall'IA
Jeff Bezos

Il più grande licenziamento della storia di Amazon

Le prime lettere di licenziamento sono partite nelle scorse ore, mentre un secondo blocco di comunicazioni è previsto per l’inizio del 2026, dopo la stagione natalizia. La decisione, secondo fonti interne, sarebbe motivata dalla necessità di ridurre i costi operativi e compensare le assunzioni eccessive effettuate durante il periodo della pandemia, quando la crescita dell’e-commerce aveva spinto Amazon ad ampliare in modo vertiginoso la propria forza lavoro.

Una riorganizzazione epocale guidata dall’automazione

Il piano di riduzione del personale arriva a pochi giorni dall’annuncio dell’introduzione di nuovi processi robotizzati e automatizzati nei centri di smistamento e nelle aree operative. Secondo l’azienda, l’obiettivo è automatizzare fino al 75% delle operazioni, una svolta che promette miliardi di risparmi ogni anno ma che comporta anche una pesante riduzione dell’occupazione.

Già qualche mese fa, l’amministratore delegato Andy Jassy aveva preannunciato che molte posizioni sarebbero state sostituite da “colleghi meno costosi ed esigenti”: l’intelligenza artificiale. In una comunicazione ai dipendenti, Jassy aveva scritto che “nei prossimi anni l’introduzione dei sistemi di intelligenza artificiale e dei chatbot ridurrà la forza lavoro aziendale complessiva, anche se è difficile prevedere in quali aree si rifletterà più rapidamente”.

Numeri e impatto del maxi-taglio

Sebbene i 30 mila licenziamenti rappresentino solo una minima parte dell’enorme forza lavoro di Amazon — 1,55 milioni di dipendenti in tutto il mondo — il dato assume un peso enorme se rapportato ai 350 mila impiegati nelle funzioni aziendali: quasi il 10% del personale d’ufficio.

Il più grande licenziamento della storia di Amazon: 30 mila posti di lavoro tagliati. Saranno sostituiti dall'IA
Magazzino Amazon

Si tratta dunque del più grande taglio occupazionale mai effettuato dal gruppo, superiore perfino alla riduzione di 27 mila posti avvenuta tra la fine del 2022 e il 2023.

Il piano partirà dagli uffici centrali, colpendo in particolare i settori di risorse umane, pubblicità e gestione amministrativa. Ma, secondo il New York Times, la riorganizzazione non si fermerà qui: nei prossimi anni la scure potrebbe estendersi anche ai magazzini e ai centri logistici, con una prospettiva di ulteriori 160 mila posti eliminati entro il 2027.

Le reazioni del mercato e il silenzio di Amazon

Nonostante la portata dell’annuncio, Amazon non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali. Tuttavia, il mercato ha reagito con ottimismo: nella giornata di lunedì 27 ottobre 2025, le azioni del gruppo hanno registrato un incremento dell’1,2%, in attesa dei risultati trimestrali attesi per il fine settimana.

Il più grande licenziamento della storia di Amazon: 30 mila posti di lavoro tagliati. Saranno sostituiti dall'IA
Lavoratrice Amazon

Gli analisti ritengono che la strategia di razionalizzazione miri a recuperare margini di profitto e a riposizionare l’azienda nel lungo periodo, in un contesto competitivo in cui l’automazione e l’intelligenza artificiale stanno diventando fattori chiave di efficienza.

La nuova era dei “cobot”: come cambia il linguaggio interno

Il New York Times ha rivelato alcuni documenti interni riservati che mostrano come i vertici di Amazon abbiano già presentato al consiglio di amministrazione un piano pluriennale per trasformare l’automazione in una leva strategica di crescita.

L’obiettivo sarebbe quello di evitare l’assunzione di oltre 600 mila nuovi lavoratori nei prossimi anni grazie all’introduzione di robot, sistemi di IA e processi automatizzati nei magazzini e nei centri di distribuzione, pur puntando a un raddoppio delle vendite entro il 2033.

Consapevole della delicatezza del tema, il gruppo avrebbe anche modificato il linguaggio interno per rendere più “accettabile” la rivoluzione in corso. Secondo quanto riportato dal quotidiano americano, i manager sono stati invitati a sostituire parole come “automazione” o “intelligenza artificiale” con espressioni più neutre come “tecnologia avanzata”. Persino il termine “robot” sarebbe stato rimpiazzato da “cobot”, abbreviazione di “collaborative robot”, a sottolineare la presunta collaborazione tra macchine e lavoratori umani.

Tagli anche in altre big tech

Amazon non è l’unico gigante del settore tecnologico a ridurre drasticamente il personale dopo l’espansione record del periodo pandemico.

Nel luglio scorso, Microsoft ha annunciato un aumento dei licenziamenti fino a 15 mila unità, mentre il 22 ottobre Meta ha comunicato il taglio di circa 600 posti nella divisione dedicata all’intelligenza artificiale, dopo un’intensa campagna di assunzioni.

Negli ultimi due anni, Amazon aveva già ridotto in modo selettivo la forza lavoro in vari dipartimenti – tra cui dispositivi, comunicazioni e podcasting – ma questa volta la ristrutturazione assume dimensioni strutturali e un chiaro orientamento strategico verso l’automazione massiva.

Un punto di non ritorno per il lavoro nel tech

Il “licenziamento storico” di Amazon segna, di fatto, un punto di svolta nel rapporto tra tecnologia e occupazione. La scelta di sostituire decine di migliaia di lavoratori con algoritmi e robot non rappresenta solo una decisione economica, ma un cambiamento strutturale nella cultura del lavoro digitale.

La multinazionale di Seattle, da sempre simbolo della logistica del futuro, conferma di voler puntare su un modello produttivo in cui l’intelligenza artificiale diventa la nuova forza lavoro, mentre il contributo umano si riduce a ruoli di controllo e supervisione.

Un processo che promette efficienza e profitti, ma che solleva anche interrogativi profondi su etica, sostenibilità sociale e tutela dei lavoratori. Il “cobot” è davvero un alleato, o il primo passo verso un’economia in cui l’uomo diventa superfluo?