Il ministro Giorgetti lancia l'allarme denatalità: "Il Sud potrebbe perdere 3,4 milioni di abitanti entro il 2050"
Giorgetti ha sottolineato inoltre come l’invecchiamento della popolazione porterà a un incremento strutturale della spesa pubblica

"La denatalità e l’invecchiamento della popolazione sono una delle principali problematiche strutturali che l’Italia si trova ad affrontare, con implicazioni di lungo periodo sulla sostenibilità dei conti pubblici".
Con queste parole il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha lanciato un forte monito durante un’audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali della transizione demografica.
Secondo il titolare del MEF, i fattori demografici influenzano in modo determinante i saldi della finanza pubblica e la sostenibilità del debito. Il calo della natalità, l’invecchiamento della popolazione e lo spopolamento dei territori sono tendenze che mettono a rischio la tenuta economica del Paese, incidendo direttamente su voci di spesa fondamentali come pensioni e sanità.
I numeri del declino demografico
I dati forniti durante l’audizione sono allarmanti: l’Italia sta invecchiando rapidamente e si sta spopolando, in particolare nel Mezzogiorno. Secondo le proiezioni, il Sud potrebbe perdere 3,4 milioni di abitanti entro il 2050 e addirittura 7,9 milioni entro il 2080. Un calo drammatico che riguarda non solo la dimensione macroregionale (Nord, Centro, Sud), ma anche le aree interne rispetto ai centri urbani maggiori.
Nel breve termine (fino al 2030), si prevede una crescita demografica nel Nord Italia (+1,5‰ annuo), una leggera contrazione al Centro (-0,9‰) e una più marcata nel Mezzogiorno (-4,8‰). Ma nel medio e lungo periodo (fino al 2050 e al 2080), il calo sarà generalizzato su tutto il territorio nazionale, con impatti molto più pesanti nelle regioni meridionali.
Fecondità ai minimi storici
Il tasso di fecondità in Italia resta tra i più bassi d’Europa. Nel 2024, il Mezzogiorno ha toccato un nuovo minimo con un indice di 1,20 figli per donna, mentre il Nord si è attestato a 1,19 e il Centro a 1,12.
“Il calo della natalità – ha sottolineato Giorgetti – si intreccia con lo spopolamento territoriale e la mobilità interna, che continua a penalizzare il Sud e le Isole, con una perdita netta di popolazione a vantaggio del Centro-Nord pari a 129.000 residenti solo tra il 2022 e il 2023”.
Il ministro ha ricordato come l’Unione europea abbia già previsto che, a partire dal 2030, “il contributo alla crescita economica da parte della forza lavoro sarà negativo” a causa delle sfide demografiche. L’invecchiamento della popolazione porterà a un incremento strutturale della spesa pubblica, in particolare per pensioni, assistenza e sanità.

“Sulla transizione demografica bisogna considerare che il fattore 'aging' è centrale per le valutazioni sulla sostenibilità del debito pubblico”, ha detto.
Giorgetti ha voluto sottolineare come quella demografica non sia solo una questione numerica o contabile, ma “una sfida umana che tocca il futuro del Paese”. E ha ribadito l’impegno del governo a non ignorare questa realtà:
“Abbiamo scelto di non girarci dall’altra parte, ma di affrontarla con coraggio, responsabilità e visione”.
Il ministro ha ricordato che “non si parte da zero”: sono già state introdotte misure per sostenere le famiglie e incentivare la natalità, ma serve una strategia a lungo termine, che tenga conto di tutte le variabili sociali, economiche e culturali.
“Non possiamo illuderci che bastino pochi anni per invertire una tendenza avviata da decenni”, ha detto. Tuttavia, “i numeri spietati devono stimolare la nostra azione”, ha concluso.