Governo avanti col taglio dell'Irpef: aliquota al 33/34% per redditi fino a 55mila euro
"Abbiamo fatto un primo passo per venire incontro alle fasce medio basse, ma ora dobbiamo occuparci del ceto medio"
Aiutare anche i ceti medi. Così, sia la premier Giorgia Meloni che il viceministro all'Economia Maurizio Leo, giustificano la direzione intrapresa dal Governo in materia fiscale:
"Abbiamo fatto un primo passo per venire incontro alle fasce medio basse, ma ora dobbiamo occuparci del ceto medio".
Al vaglio dell'Esecutivo, a tutela della "middle class" vi sarebbe un piano per i redditi medi fino a 55mila euro con aliquota ridotta al 34/35%.
Oltra all'incognita su come reperire le risorse, le voci critiche sostengono che si tratti di un riforma a tutela degli stipendi medio-alti.
"Tutelare i ceti medi": taglio dell'Irpef e aliquota al 33/34% per redditi fino a 55mila euro
Il ministro Leo, a margine dell'evento organizzato alla Camera sulla riforma fiscale, ha spiegato la ratio dei provvedimenti sul tavolo:
"Chi guadagna 55 mila euro non può essere considerato un super ricco e oggi questi soggetti pagano oltre il 50% di tasse. Bisogna cambiare registro. Non agire ex post, ma ex ante, con la logica del concordato preventivo biennale, così come sulle sanzioni che oggi sono da esproprio, per esempio in materia di Iva. Su questo tema bisogna intervenire, ma dobbiamo reperire le risorse per poter procedere".
Fino a quale soglia arriverà il prossimo taglio dell’Irpef? Leo, ha indicato un livello massimo di 55 mila euro. Sopra i 50 mila euro di reddito oggi, scatta l’aliquota del 43 per cento, quella massima. Da 28 a 50 mila euro di reddito, invece, si applica l’aliquota intermedia che oggi è fissata al 35 per cento. Il primo passaggio dunque, dovrebbe essere quello di “allargare” lo scaglione medio, facendo salire la soglia, appunto, fino a 55 mila euro.
Il primo step della riforma fiscale, nel gennaio 2024, ha previsto l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef (cioè quelli che riguardano i redditi fino a 28 mila euro) in un’unica aliquota del 23% (35% per i redditi superiori a 28 mila euro e fino a 50 mila euro; 43% per tutti i redditi che superano 50 mila euro). L’accorpamento porta a un risparmio del 2% per i redditi compresi tra i 15 mila e i 28 mila euro. Si tratta della voce più importante della riforma.
Redditi più alti avvantaggiati?
Per evitare che la riduzione dell’Irpef avvantaggi anche chi dichiara un reddito più alto e, in particolare, chi dichiara più di 50 mila euro di reddito, il decreto ha previsto un taglio alle detrazioni per spese eventualmente applicabili pari esattamente a 260 euro. Ma va detto che questo taglio ha effetto solo per chi dichiara alcuni tipi di detrazioni, chi invece non le dichiara, non verrà toccato.
Diverse voci, esperti di fisco compresi, concordano nell'affermare che saranno i redditi più alti a trarre vantaggio da queste manovre.
Quando si agisce sulle aliquote, infatti, i benefici massimi arrivano anche ai redditi molto alti, il che farebbe lievitare i costi della misura.
"Se immaginiamo, invece, una riduzione di un punto percentuale della terza aliquota Irpef, quella attualmente pari al 43%, per chi dichiara più di 50 mila euro di reddito (circa 2,5 milioni di contribuenti, il 6,4% del totale che dichiara il 25,3% del reddito imponibile), questa riduzione determinerebbe un vantaggio nullo per chi ha un reddito pari o inferiore a 50 mila euro", spiegano i commercialisti al Corriere della Sera.
E' sostenibile?
Secondo le prime proiezioni, il taglio di un punto dell’Irpef media insieme ad un allargamento dello scaglione fino a 55 mila euro, costerebbe allo Stato 2,2 miliardi di euro.
Il punto centrale, come ha ribadito il vice ministro Leo, sarà trovare le risorse. Prima di finanziare il taglio dell’Irpef per la classe media, infatti, bisognerà rifinanziare per il prossimo anno anche il taglio per i redditi bassi, ossia l’accorpamento della vecchia aliquota del 25 per cento in quella del 23 per cento.
Il governo conta soprattutto sul successo del concordato biennale preventivo per le Partite Iva che si concluderà il 15 ottobre, pochi giorni prima del varo della manovra.
Frizioni politiche
Sul tema di un "fisco amico", che rischia condoni automatici e troppa compiacenza con gli evasori, si sono acuiti gli scontri.
Nelle scorse ore la premier Meloni ha difeso la linea intrapresa: “Non penso e non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima, sono bellissime le libere donazioni, non i prelievi imposti per legge”.
Dura la replica della segretaria del Pd, Elly Shlein:
"Quello che è orrendo sono i tagli alla sanità pubblica, al trasporto pubblico locale, alle pensioni e al welfare che questo governo sta facendo, perché aumentano le disuguaglianze in questo Paese. Invece li abbiamo visto più timidi sugli extraprofitti: su questo hanno cancellato il tweet fatto. Al di là degli slogan, prima o poi dovranno rispondere su questioni come l’allungamento delle liste di attesa. Si concentri su questo il governo".