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Firmato il nuovo contratto per 137mila dirigenti medici e sanitari. Cgil e Fassid non ci stanno

Aumenti e nuove tutele, ma restano fratture sindacali. Luci e ombre già viste nel recente accordo della Medicina generale

Firmato il nuovo contratto per 137mila dirigenti medici e sanitari. Cgil e Fassid non ci stanno

Novembre 2025 è stato un mese particolarmente caldo per la sanità italiana. In poche settimane due categorie di professionisti hanno visto la firma dei loro contratti collettivi: i medici di medicina generale il 5 novembre 2025, con sciopero e preintesa, e i dirigenti medici e sanitari il 18 novembre 2025, presso l’Aran.

In entrambi i casi, però, la firma non ha risolto le criticità più profonde: persistono nodi irrisolti sulla distribuzione delle risorse, sulla tutela della professionalità, sull’organizzazione del lavoro e sull’equità delle indennità, alimentando il malcontento dei sindacati.

Accordo sui medici di base: firmata la preintesa, ma la categoria resta divisa
Medici di base

I professionisti denunciano che, nonostante gli aumenti e le tutele introdotte, la burocrazia resta pesante, le risorse economiche insufficienti e le condizioni organizzative non permettono di garantire un servizio pienamente efficace.

Per i medici di base, il rischio è la perdita di autonomia e del rapporto diretto con i pazienti; per i dirigenti ospedalieri e sanitari, l’insoddisfazione nasce da contratti giudicati definanziati e poco equi.

Dirigenti medici e sanitari: firma del 18 novembre

Il 18 novembre 2025, presso l’Aran, è stato sottoscritto il contratto collettivo nazionale di lavoro 2022-2024 per la dirigenza medica e sanitaria, che riguarda 137mila professionisti (120mila medici e 17mila dirigenti non medici). Cgil e Fassid non hanno firmato.

L’accordo prevede incrementi medi di 491 euro al mese su tredici mensilità; arretrati medi stimati intorno a 6.500 euro; aumenti fino al 35% per i dirigenti neoassunti e oltre il 15% per i dirigenti di strutture complesse; crescita dei fondi aziendali per retribuzione degli incarichi e retribuzione di risultato, da 481 a 1.038 euro lordi annui pro-capite; maggiori tutele in caso di aggressioni, con copertura legale e supporto psicologico; regolamentazione più rigorosa delle ferie e ridefinizione delle indennità di specificità medico-veterinaria e sanitaria.

Il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha commentato:

“La firma rappresenta un obiettivo concreto raggiunto dal Governo, grazie alle risorse stanziate e al dialogo con le organizzazioni sindacali capaci di ascoltare le istanze dei lavoratori.”

Nonostante i progressi, i sindacati Fp Cgil Medici e FASSID hanno espresso critiche:

Andrea Filippi (Fp Cgil Medici) ha dichiarato:

“Il contratto è precipitato e definanziato. Non affronta i problemi reali: fuga dai servizi ospedalieri e territoriali, indennità di specificità congelate e aumenti tabellari limitati a soli 92 euro netti per alcune categorie. Le risorse messe a disposizione impoveriscono le buste paga fino a 10 punti percentuali rispetto all’inflazione.”

Firmato il nuovo contratto per 137mila dirigenti medici e sanitari. Cgil e Fassid non ci stanno
Andrea Filippi

FASSID ha aggiunto:

“Il contratto non garantisce equità tra dirigenti e penalizza chi lavora accanto ai medici per la tutela della salute pubblica. Serve una applicabilità uniforme a livello aziendale, senza rinvii locali.”

Filippi ha già annunciato uno sciopero generale per il 12 dicembre 2025, estendendo la mobilitazione a tutti i dirigenti che non accettano un contratto imposto senza reale negoziazione.

Medici di medicina generale: una situazione fotocopia

Una situazione (ed un epilogo) molto simile alla parabola che ha interessato la categoria dei medici di base soltanto poche settimane prima. Il 5 novembre 2025, migliaia di medici di medicina generale hanno scioperato in tutta Italia per protestare contro alcuni punti della nuova Convenzione e difendere la loro autonomia professionale.

Al centro della protesta c’era il cosiddetto “ruolo unico”, che obbligherebbe i medici a coprire ore in strutture pubbliche (Case di Comunità, scuole) in base al numero di pazienti, riducendo il tempo dedicato all’attività ambulatoriale. Altri nodi denunciati dai medici erano la burocrazia digitale e procedure complesse, che sottraggono tempo alle cure; mancanza di investimenti strutturali nella medicina di prossimità e nelle Case di Comunità e scarso ricambio generazionale, per orari pesanti e mancanza di riconoscimento accademico.

Nonostante le criticità, è stata firmata una preintesa per l’ACN 2022-2024, che prevede: lo stanziamento annuo di circa 300 milioni di euro; aumento medio delle retribuzioni del 5,78%; 70% dell’incremento destinato alle quote fisse capitarie e orarie, il 30% a un fondo per le AFT; tutele per neo-genitori, supporto ai giovani medici e recupero dei contributi previdenziali 2022-2024, con 150 milioni aggiuntivi per il 2024-2025.

Anche in questo caso in sindacati hanno espresso malcontento.  SMI-Sindacato Medici Italiani ha espressamente commentato che la pre intesa “non rappresenta alcun cambio di passo” e non introduce interventi attesi sulla sostenibilità del lavoro dei medici sul territorio.

Due facce dello stesso malcontento

I due eventi, a distanza di giorni, raccontano due facce della stessa realtà: un sistema sanitario in trasformazione, con progressi contrattuali importanti, ma criticità irrisolte e malcontento sindacale diffuso.

Per i dirigenti ospedalieri, il nodo principale è l’adeguatezza economica e normativa del contratto; per i medici di base, la questione è la perdita di autonomia professionale, la burocrazia e la mancanza di investimenti strutturali.

In entrambi i casi, gli accordi rappresentano un passo avanti, ma i nodi irrisolti continuano a spaccare la categoria.