Cassazione dixit

Se l'ex non accetta un lavoro addio assegno di mantenimento

La Cassazione si è espressa su due ex coniugi di Ancona dando ragione al marito che versava annualmente 48mila euro alla donna

Se l'ex non accetta un lavoro addio assegno di mantenimento
Pubblicato:

Anni fa (nemmeno poi così tanti) si sentiva spesso dire, a seguito delle nozze avvenute "si è sistemato/a bene". Questa frase, peraltro poco carina, è destinata a valere sempre meno: sono sempre più lontani, infatti, i tempi in cui - in caso di separazione - il/la partner economicamente meno forte si assicurava una rendita a vita. A dare nuova linfa alla tendenza, già in atto, una recente sentenza della Cassazione che stabilisce che l'assegno di mantenimento può rimesso in discussione se il beneficiario rifiuta un lavoro stabile.

Niente più assegno di mantenimento se rifiuti il lavoro

I giudici hanno teorizzato che il rifiuto di un'occupazione sarebbe "una violazione dei doveri post coniugali" da parte dell'ex coniuge. A creare questo precedente è una coppia di Ancona: i due si erano accordati su un assegno di divorzio pari a 48mila euro all'anno. L'ex marito ha chiesto poi una revoca del mantenimento, sottolineando due aspetti: il fatto che la donna aveva una relazione stabile e che avesse rifiutato una proposta lavorativa di tutto rispetto. Proprio quest'ultimo aspetto è stato considerato "strumentale" ad ottenere una riduzione oppure la revoca del mantenimento.

C'è comunque un dettaglio non di poco conto: l'accordo di divorzio prevedeva la possibilità di ricalcolare l'importo se la donna avesse trovato un impiego anche solamente part time e con uno stipendio superiore ai mille euro.

Tutelato sì, "mantenuto" no

I giudici, nella sentenza, chiariscono il punto:

"Nell'impossibilità di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento, il coniuge più debole conserva il diritto ad essere mantenuto".

Ma se quei mezzi sono a disposizione, e si sceglie di non coglierli, il diritto all'essere mantenuto viene meno. E così i giudici hanno dato ragione all'ex marito, annullando la sentenza di secondo grado e disponendo un processo d'appello bis. Interessante sottolineare, inoltre, che il focus - per i giudici - non è la nuova relazione della signora, che non necessariamente implica il decadimento del mantenimento, bensì la rinuncia al lavoro.

La riforma Cartabia cambia le regole su divorzi e separazioni

Sempre in tema di modifiche su divorzi, separazioni e affidamento dei minori, un altro punto da tenere in considerazione è la recente Riforma Cartabia, che tende a snellire i tempi, anche se c'è da fare i conti con la situazione dei Tribunali, scontrandosi con i limiti di una realtà problematica.

A fine febbraio 2023, infatti, entrerà in vigore la Riforma sul diritto di famiglia. Un primo effetto sarà la soppressione dei Tribunali dei minori, che saranno sostituiti dal Tribunale della famiglia, un'unica sede giudiziaria per tutte le controversie familiari.

Da giugno 2023 entrerà in vigore la riforma sulla mediazione assistita, mentre nel 2025 saranno esecutive le disposizioni relative ai minori e sarà operativa la nuova sezione del Tribunale della Famiglia. A dettare il tempi è il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). L'obiettivo principale è accorciare i tempi. E si partirà dagli studi degli avvocati, dove saranno raccolti tutti gli elementi per la richiesta di separazione. A quel punto, quando il giudice avrà ricevuto le documentazioni di entrambe le parti dovrà convocare l'udienza per la separazione entro tre mesi. La grande novità è che in questo lasso di tempo il giudice, una volta letti i ricorsi, potrà già emettere dei provvedimenti cautelari.

A contribuire a velocizzare i tempi anche la possibilità di inserire la domanda di divorzio all'interno della causa di separazione, riducendo così il tutto a  un'unica causa, anziché due.

Ma attenzione, come sempre le intenzioni devono fare i conti con la realtà. Che nel caso è piuttosto complessa. Perché come sottolinea a Repubblica Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami (Associazione matrimonialisti italiani), la riforma dovrà fare i conti con uno scoglio di non poco conto: la carenza di magistrati specializzati nei temi di famiglia e minori in Italia.

Seguici sui nostri canali