Ex Ilva, in arrivo nuovo decreto. Fiom e Uilm: "Incontro con Governo non è andato bene"
L’unica novità emersa è l’annuncio di un decreto legge in fase di preparazione, che dovrebbe garantire risorse finanziarie

Ancora una fumata grigia sul futuro dell’ex Ilva. L’incontro di lunedì 9 giugno 2025 a Palazzo Chigi tra governo e sindacati si è chiuso senza novità sostanziali. Al centro del confronto la situazione critica di Acciaierie d’Italia, oggi in amministrazione straordinaria, per cui l’Esecutivo ha confermato il “massimo impegno a tutti i livelli” per il rilancio della siderurgia e la tutela dell’occupazione. Ma dai rappresentanti dei lavoratori arriva un giudizio netto: “L’incontro non è andato bene”.
Guarda il servizio di Alessandra Dellacà per Telecity Netweek:
Decreto in arrivo, pochi i dettagli concreti
L’unica novità emersa è l’annuncio di un decreto legge in fase di preparazione, che dovrebbe garantire risorse finanziarie immediate per la continuità produttiva dell’azienda. Secondo indiscrezioni, si tratterebbe di una cifra compresa tra i 150 e i 200 milioni di euro, fondi essenziali per far respirare le casse di AdI nei prossimi mesi. Tuttavia, nessuna cifra è stata ufficialmente confermata e non è stato ancora presentato un piano industriale dettagliato.
Le attuali condizioni per l’accesso alla cassa integrazione straordinaria (CIGS) resteranno invariate, compresa l’integrazione al 70%. La Fim-Cisl, pur apprezzando le rassicurazioni sul piano finanziario e occupazionale, ha posto un paletto chiaro.
"I numeri della cigs non devono superare quelli dell’aprile 2024", ha detto il segretario Ferdinando Uliano, facendo riferimento alla situazione dell’altoforno 4 e ai circa 3.000 lavoratori coinvolti.
Sindacati delusi: "Tutto fermo, servono risposte concrete"
"Tutte le nostre preoccupazioni restano inalterate, non ci sono rassicurazioni sul futuro”, ha affermato Rocco Palombella, segretario generale Uilm, esponendo la delusione palpabile tra i sindacati. “Ci hanno detto che in 10 giorni potrebbe arrivare una risposta, ma per noi il tempo è ormai scaduto".

Sulla stessa linea anche Michele De Palma, leader della Fiom-Cgil.
"Il governo non dà le garanzie che avevamo chiesto. Serve un piano chiaro, con risorse certe e investimenti per la decarbonizzazione. Lo Stato deve assumersi la responsabilità diretta della gestione, anche con capitale proprio".
Sasha Colautti dell’Usb ha definito l’incontro “inconcludente”, sottolineando che “non ci sono stati passi avanti rispetto al confronto precedente” e criticando la centralità acquisita dalla trattativa con Baku Steel, definita “piena di debolezze”.
Il nodo della trattativa con Baku Steel e il ruolo di Taranto
Proprio la trattativa con la cordata azera Baku Steel rappresenta uno dei punti più delicati del dossier. L’eventuale accordo commerciale, infatti, è strettamente legato a un piano di rilancio industriale che prevede anche la realizzazione di una nave rigassificatrice, elemento chiave per l’ottenimento della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e per l’avvio di una roadmap di 12 anni verso la decarbonizzazione.

Sul tema è atteso un ruolo chiave del nuovo sindaco di Taranto, il dem Piero Bitetti, che ha messo la questione Ilva al centro della sua agenda amministrativa: “Taranto non è più la città dei ricatti”, ha dichiarato. Anche il governatore pugliese Michele Emiliano ha mostrato un’apertura sul rigassificatore, segnale di una possibile convergenza istituzionale che resta però da verificare nei fatti.
Prossimi passi ancora incerti
All’incontro, durato meno di due ore, erano presenti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il ministro delle Imprese Adolfo Urso, la ministra del Lavoro Marina Calderone e il consigliere per i rapporti con le parti sociali Stefano Caldoro, oltre ai rappresentanti di Invitalia e ai commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e del gruppo Ilva.
Ma, come confermato dalla Fiom, nessuna data è stata fissata per il prossimo tavolo: “Ci hanno detto che ci sarà un ulteriore confronto dopo l’elaborazione del decreto ma ad oggi non abbiamo una convocazione”, ha chiarito De Palma.
Il tempo, però, stringe. Senza un piano industriale chiaro e risorse adeguate, il rischio è quello di una paralisi definitiva degli impianti, con tutte le conseguenze sociali e occupazionali che ciò comporterebbe.