“Nessuno spezzatino per l’ex Ilva”. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso lo ha ribadito con fermezza nell’aula del Senato ieri, 9 ottobre 2025, durante il question time, rispondendo a un’interrogazione sull’ex acciaieria di Taranto.
Ex Ilva e danni, Urso prepara vie legali
Il ministro ha chiarito che non è prevista alcuna vendita a pezzi del gruppo siderurgico, ma un progetto unitario che punti sulla riconversione ambientale e industriale dell’intero complesso.
“Il governo – ha spiegato Urso – ha sempre lavorato a un piano unitario, nel quadro di un veloce processo di riconversione ambientale”.
Il titolare del Mimit ha inoltre ricordato che sono pervenute due offerte per l’acquisizione dell’intero asset industriale, attualmente allo studio dei commissari straordinari, respingendo al mittente le accuse di chi parla di una possibile divisione tra good company e bad company.
“Non esiste – ha precisato Urso – un piano di scissione, ma una negoziazione in corso che mira alla piena decarbonizzazione e alla conversione green degli impianti, con l’obiettivo di tornare a produrre sei milioni di tonnellate d’acciaio in futuro.”
Le difficoltà del polo siderurgico e la gestione ArcelorMittal
Rispondendo a un’interrogazione del senatore Trevisi (Forza Italia), che chiedeva quali misure strutturali il governo intendesse adottare per sostenere l’economia tarantina, Urso ha ricostruito le cause della crisi.
“La crisi industriale di Taranto – ha affermato – deriva in larga parte dalla crisi di quello che, quindici anni fa, era il più grande polo siderurgico d’Europa, in un settore oggi attraversato da una profonda trasformazione.”
Il ministro ha poi puntato il dito contro la gestione di ArcelorMittal, definendola dannosa per l’intero sistema produttivo.
“Pesa la gestione da parte di ArcelorMittal – ha sottolineato Urso – che ha causato danni stimati in quasi quattro miliardi di euro, lasciando in funzione un solo altoforno con appena quattro giorni di autonomia.”
Un altro nodo cruciale resta la necessità di accelerare la decarbonizzazione degli impianti, passaggio che comporterà inevitabilmente un impatto anche sull’occupazione.
“Un forno elettrico – ha aggiunto – a parità di produzione, richiede circa la metà del personale rispetto a un altoforno tradizionale.”
Il rilancio di Taranto e il Tecnopolo del Mediterraneo
Nel suo intervento, Urso ha voluto anche sottolineare gli sforzi messi in campo dal governo per rilanciare il territorio.
“Abbiamo avviato – ha ricordato – il Tecnopolo del Mediterraneo per la transizione sostenibile, che i cittadini aspettavano da oltre dieci anni. Sarà un centro di ricerca e innovazione al servizio delle imprese e dei cittadini.”
Il ministro ha inoltre annunciato che, con il decreto ex Ilva approvato dal Senato, il Commissario straordinario di Governo avrà competenza diretta anche sugli insediamenti nelle aree liberate dagli impianti siderurgici, con l’obiettivo di creare un nuovo parco industriale in tempi brevi.
Fra i progetti previsti, Urso ha citato: Cantiere Puglia, che punta a sviluppare un polo per la cantieristica navale da diporto; Rebuild, impegnata nei lavori di dragaggio del porto di Taranto e nella realizzazione di strutture di carpenteria per grandi opere; nuovi investimenti di Mermec nel settore ferroviario; Vestas, per la produzione di tecnologie legate all’eolico; Leonardo, con nuovi programmi a Grottaglie per il comparto aerospaziale e della difesa; la start-up Genius, che intende realizzare a Taranto un data center di ultima generazione.
Urso ha poi ricordato anche le proposte di Confindustria Taranto e Confapi, sottolineando come il governo intenda favorire un clima industriale stabile e attrattivo.
Ha infine commentato la rinuncia di Renexia alla costruzione di una fabbrica di turbine eoliche nell’area portuale:
“La decisione – ha spiegato – è dipesa dal mancato ottenimento delle aree richieste. Dobbiamo creare un clima favorevole all’industria, anche e soprattutto a Taranto, per dimostrare che ambiente, impresa, lavoro e salute possono coesistere.”
I sindacati si mobilitano: sciopero nazionale il 16 ottobre
Mentre in Parlamento si discute il futuro dell’ex Ilva, i sindacati si preparano a uno sciopero generale del gruppo.
Fim, Fiom e Uilm, insieme alla RSU degli stabilimenti, hanno infatti avviato in questi giorni una serie di assemblee nei vari siti produttivi, da Genova e Novi Ligure fino a Taranto, per spiegare ai lavoratori le ragioni della protesta.
La mobilitazione, prevista per mercoledì 16 ottobre 2025, nasce dal “silenzio del Governo” – come si legge in una nota congiunta – “rispetto alle richieste sindacali per la riconvocazione del tavolo di crisi a Palazzo Chigi” e contro la decisione unilaterale del Ministero del Lavoro di autorizzare, il 29 settembre, un incremento del 50% delle unità in cassa integrazione straordinaria, passate da 3.062 a 4.450, senza accordo con le sigle sindacali.
Le assemblee, molto partecipate, hanno mostrato grande preoccupazione ma anche determinazione tra i lavoratori diretti e dell’indotto.
“Abbiamo ascoltato le difficoltà dei lavoratori – si legge nella nota – ma non la rassegnazione. È emersa ovunque la volontà di riscatto e di tornare a mobilitarsi per riaprire il tavolo a Palazzo Chigi.”
I sindacati ribadiscono che non accetteranno “lo spezzatino del gruppo” e che lo Stato deve impegnarsi con capitale pubblico per garantire la transizione ecologica e la tutela occupazionale.
“Non accetteremo – prosegue il comunicato – speculazioni sui territori né l’uso della cassa integrazione come soluzione permanente. Senza un tavolo di trattativa non si potrà affrontare nemmeno la formazione e la ricollocazione dei lavoratori dell’ex Ilva e dell’indotto.”
Le assemblee proseguiranno nei prossimi giorni negli stabilimenti di Lombardia, Veneto e Campania, per culminare con la giornata di sciopero nazionale del 16 ottobre, che coinvolgerà tutti i siti produttivi del gruppo.
Un futuro ancora incerto
Il destino dell’ex Ilva resta dunque appeso a un equilibrio delicato: da un lato, la volontà del governo di mantenere un piano unitario e sostenibile; dall’altro, la pressione crescente dei lavoratori e dei sindacati, che chiedono certezze e un confronto diretto sul futuro industriale di Taranto.
La sfida, come ha ricordato il ministro Urso, sarà dimostrare che “ambiente, impresa, lavoro e salute” possono finalmente coesistere, proprio nel luogo in cui, per anni, questi valori si sono drammaticamente scontrati.