Il futuro dell’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, è al centro di una delicata partita che potrebbe determinare non solo il destino della più grande acciaieria d’Europa, ma anche quello di migliaia di lavoratori.
Le offerte per l’acquisto
Due offerte hanno segnato la partenza di questa complessa trattativa. La prima, depositata dal Flacks Group, un fondo d’investimento statunitense, e la seconda da Bedrock Industries, altra realtà statunitense con esperienza nel settore siderurgico.
Le proposte sono state presentate entro il termine previsto di ieri, 11 dicembre 2025, segnando l’inizio di una fase di valutazione che dovrà esaminare la completezza e la conformità delle offerte ai requisiti stabiliti nel bando.
I commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e Ilva in amministrazione straordinaria, Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta, Davide Tabarelli, Alessandro Danovi, Francesco di Ciommo e Daniela Savile, sono ora chiamati a valutare le proposte ricevute, sottolineando che la procedura di gara resta aperta, dando così l’opportunità ad altri soggetti di presentare offerte migliorative.
Il piano di rilancio del Flacks Group
Il Flacks Group ha avanzato un’offerta simbolica di un euro per rilevare l’impianto siderurgico di Taranto, con la promessa di un piano di rilancio industriale estremamente ambizioso. Michael Flacks, l’imprenditore che guida il gruppo, ha dichiarato di essere pronto a prendere in mano la crisi di Acciaierie d’Italia, se il governo italiano lo sceglierà come vincitore dell’asta.

Secondo Flacks, non esiste un altro stabilimento in Europa come l’ex Ilva, e il suo valore è innegabile proprio per la sua posizione strategica vicino al porto e per la forza-lavoro qualificata che impiega.
Tuttavia, la situazione attuale dell’acciaieria è tutt’altro che rosea. Su cinque altoforni, solo uno è in funzione, e la produzione è diminuita drasticamente rispetto agli anni passati. Nel 2024, la produzione è stata di circa 2 milioni di tonnellate, un crollo dell’80% rispetto ai picchi degli anni 2000. Le perdite quotidiane ammontano a circa un milione di euro, e negli ultimi anni l’azienda ha ricevuto più di 2 miliardi di euro in aiuti pubblici.
Il piano di Flacks prevede un risanamento da circa 5 miliardi di euro, con l’obiettivo di riportare la produzione a 4 milioni di tonnellate all’anno. In parallelo, il piano include una strategia di sostenibilità ambientale e la salvaguardia di una base occupazionale di circa 8.500 lavoratori.
Uno degli aspetti più discussi dell’offerta riguarda la proposta di mantenere allo Stato italiano una quota del 40% nella nuova società che nascerà dalla vendita. Flacks avrebbe la possibilità di riacquistare questa quota a una cifra compresa tra 500 milioni e 1 miliardo di euro.
Il ministro delle Imprese e del “Made in Italy”, Adolfo Urso, ha definito questa ipotesi “piuttosto realistica”, qualora il partner privato lo richieda per rafforzare il piano di investimenti.

Le preoccupazioni dei sindacati
Nonostante le promesse di rilancio, la proposta di Flacks non è stata accolta con entusiasmo da tutti. I sindacati, infatti, hanno sollevato forti obiezioni, definendo il piano come un “piano di chiusura” e accusando la strategia di non offrire sufficienti garanzie per i lavoratori.
Le preoccupazioni riguardano in particolare la stabilità occupazionale, con i sindacati che chiedono misure concrete per proteggere i posti di lavoro a lungo termine.

L’Offerta di Bedrock
Anche Bedrock Industries, un altro fondo americano con esperienza nel settore siderurgico, ha presentato la propria proposta. Bedrock ha già gestito la canadese Stelco, che nel 2024 è stata venduta ai siderurgici americani di Cleveland Cliffs.
Diversamente dal Flacks Group, che ha deciso di partecipare al secondo bando lanciato ad agosto 2024, Bedrock aveva già manifestato interesse durante il primo bando di luglio, con una proposta occupazionale inizialmente fissata a 3.000 addetti, poi aumentata a 5.000.
L’offerta di Bedrock si colloca in un contesto più complesso, poiché l’occupazione è uno dei temi più sensibili. Attualmente, i dipendenti diretti di Acciaierie d’Italia sono circa 10.000, e circa 8.000 di questi lavorano a Taranto. A questi numeri vanno aggiunti i lavoratori dell’indotto, che portano il totale a circa 20.000. La questione occupazionale è quindi cruciale per qualsiasi futuro piano di rilancio, e l’asticella dell’occupazione fissata da Bedrock sarà un punto fondamentale da monitorare.
La transizione ecologica e il ruolo statale
Il Parlamento italiano sta lavorando a un nuovo decreto che riguarda la transizione ecologica e la continuità produttiva durante il processo di vendita. Una delle condizioni chiave è che entro il 2035 la produzione di acciaio a Taranto dovrà essere completamente “green”, ovvero compatibile con gli obiettivi di sostenibilità ambientale stabiliti a livello europeo.
Questa transizione non sarà facile. I costi per la decarbonizzazione sono elevati, e il governo italiano ha già ribadito che un eventuale intervento pubblico potrebbe essere necessario per garantire il rilancio industriale dell’ex Ilva.
Un’industria simbolo
L’ex Ilva non è solo un impianto siderurgico, ma un simbolo dell’industrializzazione italiana e un polo produttivo di enorme rilevanza economica e sociale.
La sua storia è segnata da decenni di tensioni tra la necessità di produrre acciaio, i diritti dei lavoratori e le problematiche ambientali. Oggi, l’esito di questa gara rappresenta molto di più di una semplice transazione industriale: riguarda il futuro dell’industria italiana, la sostenibilità ambientale e la qualità della vita per migliaia di lavoratori.