Dazi: precipitano Amazon, Apple, Meta, Google e Nike. Ma Trump prevede: "Presto le borse avranno un boom"
E il tycoon aggiunge nuove tariffe anche su microprocessori e prodotti farmaceutici

L’appello alla fiducia lanciato dalla portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt – “Fidatevi di Donald Trump” – non è bastato a rassicurare gli investitori. All’indomani dell’annuncio di un nuovo pacchetto di dazi incrociati che coinvolgeranno praticamente tutti i Paesi del mondo, i mercati finanziari statunitensi hanno aperto in forte calo, lasciando sul campo un valore complessivo di circa 2.000 miliardi di dollari.

L’indice Dow Jones ha registrato un ribasso del 2,62%, fermandosi a 41.142,50 punti. Ancora più marcata la flessione del Nasdaq, sceso del 4,60% a 16.831,59, mentre lo S&P 500 ha perso il 3,4%, attestandosi a 5.486,62 punti. Una risposta chiara e preoccupata da parte di Wall Street, che sembra vedere nella nuova guerra commerciale più minacce che opportunità.
Crollano le big tech: perdite miliardarie
I titoli tecnologici sono stati i più colpiti. Il gigante Apple ha visto bruciare in poche ore 247 miliardi di dollari di capitalizzazione, con una perdita dell’8,5%. Seguono Amazon con 181,9 miliardi, Nvidia e Meta, entrambe in calo di 143,4 miliardi, mentre Microsoft e Google hanno perso 69,1 miliardi ciascuna.
Il motivo? Un nome su tutti: Cina. Sulla "lavagna" economica dell’amministrazione Trump, accanto a Pechino ora campeggia una tariffa complessiva del 54% sulle importazioni verso gli Stati Uniti. Al dazio del 34% appena introdotto, si somma infatti una precedente tassa del 20%. Le conseguenze sono pesantissime per le aziende che fanno affidamento sul mercato cinese e sulla sua forza produttiva: Apple, ad esempio, dipende dalla Cina per circa un quinto del suo fatturato annuale e produce lì quasi tutti i suoi dispositivi, nonostante gli sforzi recenti per diversificare in India e Vietnam.
Non va meglio per il settore dell’abbigliamento sportivo. Nike è crollata ai minimi dal 2017, perdendo l’11% del proprio valore in una sola seduta. Circa la metà delle sue scarpe viene prodotta in Vietnam, uno dei Paesi più colpiti dai nuovi dazi, mentre un altro 18% proviene dalla Cina. In totale, i prodotti provenienti da questi due Paesi subiranno rispettivamente dazi del 46% (Vietnam) e del 34% (Cina). Non sorprende quindi che anche altri brand di calzature abbiano subito forti contraccolpi: Skechers ha perso il 21%, mentre Crocs ha lasciato sul terreno il 17% – entrambe fortemente dipendenti dal Vietnam per la produzione.
Trump rilancia: “Sarà un boom economico”
Nonostante il crollo dei mercati, Donald Trump mantiene un atteggiamento ottimista. Intervistato prima di partire per la Florida a bordo dell’Air Force One, ha promesso un’impennata dell’economia americana: “Stiamo parlando di investimenti per quasi 7 trilioni di dollari. I mercati esploderanno, il Paese conoscerà una crescita mai vista prima”. Secondo il presidente, le nuove tariffe rappresentano un'opportunità storica per rilanciare la produzione interna e attrarre capitali nel lungo periodo.
La sua portavoce Leavitt ha rincarato la dose con toni trionfalistici sui social:
“Non scommettete contro il presidente Trump. Sta raddoppiando il successo del primo mandato, che ha portato crescita, bassi livelli di inflazione e salari più alti per i lavoratori americani”.
Anche il vicepresidente J.D. Vance ha cercato di minimizzare l’effetto immediato della crisi di Borsa:
“È stata una giornata negativa per i mercati, ma come ha detto il presidente, assisteremo a un boom nel lungo termine. Stiamo reinvestendo negli Stati Uniti d’America”.

Farmaceutica e semiconduttori nel mirino
La nuova ondata di dazi non si fermerà qui. Trump ha infatti annunciato che ulteriori misure colpiranno a breve il settore farmaceutico e quello dei microchip.
“Sui chip inizieremo presto”, ha dichiarato il presidente ai giornalisti. “Stiamo anche osservando da vicino il comparto farmaceutico e ci saranno novità a breve”.
Il messaggio è chiaro: l’amministrazione Trump punta a riorientare l’economia americana, alzando barriere commerciali per incentivare la produzione interna. Una strategia protezionistica che, almeno per ora, ha sollevato più incertezze che speranze nei mercati finanziari.