Dazi, per l'Italia rischio danni da 15 miliardi: "Ci costeranno quanto il ponte sullo Stretto"
Ma c'è una speranza: gran parte del Made in Italy è destinata a clienti con redditi elevati, meno sensibili a un eventuale aumento dei prezzi dovuto alle nuove barriere doganali

Con l’avvicinarsi del 7 agosto, data in cui entreranno in vigore i nuovi dazi statunitensi al 15%, l’Ufficio studi della Cgia lancia l’allarme: per l’Italia il danno stimato potrebbe oscillare tra i 14 e i 15 miliardi di euro all’anno. Una cifra enorme, paragonabile al costo complessivo del progetto per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, la più grande opera pubblica mai pianificata dal nostro Paese.
L’impatto dei dazi Usa sul Made in Italy
La stima elaborata dalla Cgia di Mestre prende in considerazione sia gli effetti diretti, come la riduzione delle esportazioni verso gli Stati Uniti, sia quelli indiretti, tra cui:
- calo dei margini di profitto per le imprese che continueranno a vendere oltreoceano,
- costi delle misure di sostegno al reddito per i lavoratori italiani che potrebbero perdere l’occupazione,
- possibili trasferimenti di produzioni verso gli Usa per aggirare i dazi,
- effetti legati al fenomeno del trade diversion, ossia la deviazione dei flussi commerciali verso mercati alternativi.
Alla componente strutturale si aggiunge anche un fattore congiunturale: la svalutazione del dollaro sull’euro, che nei primi sette mesi del 2025 ha toccato un -10,5%, rischia di amplificare ulteriormente l’impatto sulle esportazioni italiane.
Export verso gli Usa in calo: -3,6% nel 2024
Secondo i dati diffusi dalla Cgia, nel 2024 le vendite italiane verso il mercato statunitense sono scese del 3,6% rispetto al 2023, per un calo complessivo di circa 2,4 miliardi di euro. Nonostante la contrazione, gli Stati Uniti restano un partner commerciale strategico: nel 2024 l’export italiano oltreoceano ha raggiunto i 64,7 miliardi di euro.
Tuttavia, l’introduzione dei dazi al 15% pone due grandi interrogativi:
- I consumatori e le imprese americane sceglieranno di sostituire i prodotti italiani con alternative locali o di altri Paesi?
- Le aziende italiane riusciranno a mantenere competitivi i prezzi negli Usa, sacrificando parte dei margini di profitto?
Il Made in Italy può reggere l’urto?
Secondo la Banca d’Italia, il 92% delle esportazioni italiane negli Stati Uniti è costituito da prodotti di fascia medio-alta e alta gamma. Questo significa che gran parte del Made in Italy è destinata a clienti con redditi elevati, meno sensibili a un eventuale aumento dei prezzi dovuto alle nuove barriere doganali.
Inoltre, le imprese italiane esportatrici hanno una dipendenza relativamente bassa dal mercato Usa, che incide per circa il 5,5% sul loro fatturato totale. Con un margine operativo lordo medio pari al 10%, molte aziende potrebbero assorbire parte dell’aumento dei dazi riducendo i propri margini senza compromettere la competitività.
Scenario incerto: rischio domino sui mercati globali
Nonostante queste “riserve di tenuta”, la Cgia avverte che l’inasprimento delle politiche protezionistiche da parte dell’amministrazione Trump potrebbe innescare effetti a catena ben più gravi: una nuova svalutazione del dollaro, la caduta della domanda globale e turbolenze sui mercati finanziari.
Con il conto alla rovescia ormai iniziato, resta da capire quali prodotti saranno effettivamente esentati dalla misura. Ma una cosa è certa: i dazi Usa rischiano di mettere a dura prova il Made in Italy e l’intero sistema economico nazionale.