Case green, il primo ok dall'Europa e in Italia è già polemica: ma c'è davvero da preoccuparsi?
Classe energetica D entro il 2033, ma cosa succede per chi non si allinea?
Giovedì 9 febbraio 2023, la commissione Industria al Parlamento europeo (Itre), ha approvato la riforma della direttiva sull'efficientamento energetico degli edifici, la cosiddetta iniziativa sulle case green - passata con 49 voti a favore, 18 contrari e 6 astenuti - che, però, non è ancora entrata in vigore perché l'iter legislativo non è finito.
Vediamo nel dettaglio cosa comporta a livello pratico questo "ok" e, soprattutto, se il panico intorno a questa direttiva è realmente giustificato.
Case Green, arriva il primo via libera
Via libera dalla commissione per l'industria, la ricerca e l'energia del Parlamento europeo alla proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici. L'obiettivo delle nuove norme sarà ridurre sostanzialmente le emissioni di gas a effetto serra e il consumo finale di energia nel settore edile dell'UE entro il 2030 e renderlo climaticamente neutro entro il 2050. Stando al testo approvato in commissione, gli edifici residenziali dovranno raggiungere una classe di prestazione energetica minima di tipo E entro il 2030 e D entro il 2033.
Ira della Lega
Ricordando che non siamo all'approvazione definitiva, in Italia è già polemica. A soffiare sul fuoco è la Lega:
"La maggioranza del Parlamento europeo guidata dalla sinistra confeziona uno schiaffo alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie italiane. La Lega si è opposta fin dal primo giorno a un provvedimento sbagliato nel merito e nel metodo, portato avanti senza tenere conto delle peculiarità del nostro Paese senza coinvolgere in alcun modo gli esponenti delle categorie". Così in una nota gli europarlamentari della Lega Paolo Borchia (coordinatore Id in commissione Itre), Marco Campomenosi (capo delegazione Lega), Isabella Tovaglieri (relatrice ombra del provvedimento), Rosanna Conte, Alessandro Panza.
La posizione ricalca quella espressa dal leader leghista Matteo Salvini, che ha definito la direttiva una "imposizione folle".
Per raggiungere l'efficienza energetica delle case italiane bisogna aiutare e sostenere famiglie e imprese, senza obbligare e senza penalizzare, altrimenti la direttiva che vuole l'Europa diventerebbe una patrimoniale. (1/3) pic.twitter.com/5xuSYU7cem
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) February 7, 2023
E ancora:
"Abbiamo votato contro in commissione Itre e continueremo a dare battaglia ripresentando i nostri emendamenti di buon senso nella sessione plenaria per fermare un'europatrimoniale nascosta che rappresenterebbe un aggravio di spese e di burocrazia del tutto non necessario a settori economici già in difficoltà e a tutti in cittadini. L'efficientamento energetico è un tema che sta a cuore di tutti noi, ma va affrontato con realismo e concretezza. Non è ammissibile che sull'altare dell'ideologia green si sacrifichino categorie produttive fondamentali per la nostra economia, l'Italia faccia squadra per fermare questa eurofollia", aggiungono.
Di opinione inversa Patrizia Toia (Pd), vicepresidente della commissione Industria, Ricerca ed Energia:
"Come Pd per settimane, dentro il Gruppo dei Socialisti e democratici, abbiamo costantemente lavorato e siamo riusciti a migliorare tutti gli aspetti più delicati della proposta e abbiamo ottenuto di più: più ampi margini sulle flessibilità riconosciute agli Stati membri, deroghe possibili per ragioni di fattibilità economica, tecnica e per mancanza di forza lavoro qualificata, aldilà di quelle già previste per edifici storici, protetti e di valore architettonico, svuotamento delle sanzioni e maggiore impegno sulle risorse che dovranno essere messe a disposizione".
Tiziana Beghin, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, ha commentato così il via libera:
"Siamo ampiamente soddisfatti. La proposta di direttiva sull'efficientamento energetico prevede sia ampie deroghe per gli Stati membri che la richiesta di un nuovo Recovery fund".
Perché?
Secondo i dati della Commissione europea, gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo totale di energia in Europa e di un terzo di tutte le emissioni di gas serra del settore energetico. La direttiva in questione ha due obiettivi principali: il primo è quello di rendere omogenei i sistemi di classificazione energetica degli edifici dei singoli Paesi membri, creando un sistema unificato che va da quelli più efficienti (indicati con A) a quelli più energivori (G). Il secondo, invece, prevede invece che tutti gli edifici residenziali e le unità immobiliari raggiungano almeno la classe E a partire dal primo gennaio 2030, con l’ulteriore impegno a raggiungere la classe D entro il primo gennaio 2033. L’ultimo passaggio dell'iter legislativo prevede un negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue per arrivare all’approvazione di un testo definitivo entro metà giugno.
I rischi per la salute (oltre che per l'ambiente)
E' giusto che i cittadini abbiano chiaro il quadro di cosa comporta avere edifici altamente inquinanti per la loro salute e come i consumi legati ad alloggi vetusti incidano sull'aspettativa di vita, come ha recentemente chiarito Legambiente con il consueto report sulla qualità dell'aria.
Il testo fa parte del progetto Fit for 55, con cui l’Unione europea vuole ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni nocive rispetto ai livelli del 1990. L’obiettivo è di aiutare i paesi membri a far sì che gli immobili siano più comodi, meno dispendiosi, riducendo l’uso di fonti fossili, combattendo la povertà energetica e l’aria inquinata, nelle nostre case come nelle nostre città.
Decidono i Governi degli Stati, non l'Europa
Ma questo panico ha davvero senso? Andiamo subito sul concreto: al momento sono saltate le limitazioni alla possibilità di vendere o affittare case per chi non possiede il bollino verde europeo, paventate in un primo momento. Spetterebbe ai Governi nazionali decidere quali sanzioni applicare. Sanzioni che si aggiungerebbero all’automatica perdita di valore degli immobili non a norma. Ergo: l’unica perdita a cui si va incontro è quella di valore di un immobile vecchio e costoso da mantenere.
Nulla che già non accada secondo le leggi del mercato immobiliare. Vale di più, a parità di posizione e metratura, una casa degli anni ’50 non ristrutturata o una casa del 2020? La risposta è evidente e di certo non scopriamo l’acqua calda.
A ciò si aggiunge anche una lista di immobili esenti da queste direttive. Sarebbero infatti escluse le case vacanza, gli immobili riconosciuti di interesse storico, le chiese e gli altri edifici di culto, nonché le abitazioni indipendenti con una superficie inferiore ai 50 metri quadrati.
A puntualizzare, ulteriormente, le intenzioni è Ciarán Cuffe è relatore nel Parlamento europeo della proposta di direttiva sull’efficienza energetica degli immobili, attualmente in discussione a livello comunitario:
“Ciascun Paese ha un proprio modo per misurare il consumo di energia, e quindi definizioni diverse di classi energetiche (da A a G, a seconda della loro efficienza energetica, ndr). Ciascun paese poi ha un clima diverso. La proposta di direttiva presentata dalla Commissione prevede che ciascun paese individui il 15% del parco immobiliare più inquinante (appartenente quindi alla classe G) e che ne migliori l’efficienza energetica. Nella nostra proposta, vogliamo che gli edifici con le peggiori prestazioni (cioè appartenenti alle classi G, F ed E), pubblici e non residenziali, raggiungano la classe D entro il 2030. Gli edifici residenziali e di edilizia sociale hanno tempo fino al 2033 o più per raggiungere questo obiettivo. Sono previste deroghe specifiche in caso di circostanze nazionali giustificate, come ad esempio una temporanea carenza di lavoratori, o nel caso in cui gli Stati membri vogliano adeguare i requisiti di prestazione energetica per alcune parti del patrimonio edilizio.”
E per chi già si immagina scenari apocalittici dove l’Ue pretenderebbe di mettere mano al prezioso patrimonio storico italiano, ecco un’altra rassicurazione:
“La stessa definizione di immobile storico sarà demandata ai singoli Paesi membri, e non intendiamo chiedere di abolire leggi che attualmente proteggono i centri storici. In ogni caso, i monumenti non sono coperti dalla direttiva. Pertanto, non sono previsti requisiti per i monumenti nazionali.”
Insomma, decidono i Paesi e non l’Europa.
Quello che non è viene detto, nel clima di panico che si è creato intorno a questa bozza, è che sono sì previste sanzioni per chi non ristruttura casa portandola nelle classi previste, ma quantificarle è un compito che la Direttiva lascia in mano dei singoli Governi. E dunque potrebbe risolversi tutto nella più classica delle bolle di sapone...