Caro energia, c'è chi ci guadagna: le imprese che aumentano il fatturato del 60% e pagano pochissime tasse
Secondo la Cgia di Mestre, sui 4,2 miliardi di tasse da pagare entro il 30 giugno, ne sarebbe stato versato soltanto uno.
Il caro energia sta turbando i giorni e le notti degli italiani. Mentre sempre più persone fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e le piccole attività pubblicano in vetrina le bollette per far capire ai clienti il perché dell'aumento dei prezzi, c'è chi ci guadagna, e pure tanto. Sono naturalmente le imprese del settore energia, che secondo uno studio della Cgia di Mestre nella prima metà del 2022 hanno fatto registrare un aumento del fatturato addirittura del 60%. E al momento hanno pagato pochissime tasse...
Caro energia, c'è chi ci guadagna (e pure tanto)
Come sempre, ogni moneta ha due facce. E se la crisi energetica sta mettendo in ginocchio molte realtà, altre invece stanno guadagnando parecchio. Sono le imprese energetiche che - secondo l'Ufficio studi della Cgia di Mestre - nei primi cinque mesi del 2022 hanno visto aumentare il fatturato del 60%. Parliamo di attività estrattive di materie energetiche (petrolio, gas naturale e via dicendo) e dell'industria della raffinazione.
Un vero e proprio boom, soprattutto se parametrato al recente passato. Lo stesso settore nel medesimo periodo aveva fatto segnare un +0,5% nel 2019, un crollo del 34,6% nel 2020 (anche per colpa dell'esplosione della pandemia) e una ripresa del 19,6% nel 2021. Ma quest'anno i numeri sono decisamente più alti.
Poche tasse pagate
Il Governo ha cercato di "sfruttare" la situazione imponendo con il decreto Aiuti un aliquota più alta (25%) sugli extraprofitti ottenuti da queste aziende grazie agli aumenti di gas e petrolio. Con la prima rata - sempre secondo lo studio della Cgia - lo Stato prevedeva di incassare 4,2 miliardi di euro (sui 10,5 totali ipotizzati) ma ne avrebbe in realtà incassato circa uno.
Dice la Cgia:
"Sia chiaro: nessuno chiede un accanimento fiscale contro le grandi imprese dell’energia: sarebbe ingiusto. Va infatti ricordato che non necessariamente ad un aumento del fatturato corrisponde un analogo incremento dell’utile. Tuttavia, appare evidente che il risultato economico di questo settore nell’ultimo anno è stato molto positivo. E, anche per una questione di solidarietà e di giustizia sociale, queste realtà dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato con una legge per “aiutare” economicamente le famiglie e le imprese più in difficoltà".
"Invece, le grandi imprese energetiche si sono guardate bene dal farlo. Almeno con la prima scadenza prevista lo scorso 30 giugno. E' una questione che mette a repentaglio la nostra coesione sociale: in un momento di difficoltà come questo, chi più ha deve aiutare chi sta peggio".
I settori a rischio blackout
Con aumenti delle bollette che non hanno eguali nella storia recente del nostro Paese, non solo i settori energivori sono più a rischio degli
altri. Per quanto riguarda il consumo del gas, grandi difficoltà che stanno colpendo le imprese del vetro, della ceramica, del
cemento, della plastica, della produzione di laterizi, la meccanica pesante, l’alimentazione e la chimica. Per quanto concerne
l’energia elettrica, invece, rischiano il blackout le acciaierie/fonderie, l’alimentare, la logistica, il commercio (negozi, botteghe, centri
commerciali, etc.), alberghi, bar-ristoranti, altri servizi (cinema, teatri, discoteche, lavanderie, palestre, impianti sportivi, etc.).
Le difficoltà colpiscono molte imprese e conseguentemente anche tanti distretti produttivi e non che
sono il motore dell’economia e dell’export del Paese. Riportiamo più sotto alcuni che hanno manifestato importanti segnali di crisi:
- Cartario di Lucca-Capannori
- Materie plastiche di Treviso, Vicenza e Padova
- Metalli di Brescia-Lumezzane
- Metalmeccanico basso mantovano
- Metalmeccanico di Lecco
- Piastrelle di Sassuolo
- Terme Euganee
- Termomeccanica Padova
- Vetro di Murano.