Scenari foschi

Allarme occupazione: tra dieci anni 3 milioni di lavoratori in meno

L'elaborazione della Cgia di Mestre prepara a uno scenario drammatico. E nemmeno la manodopera straniera può salvarci

Allarme occupazione: tra dieci anni 3 milioni di lavoratori in meno
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Negli ultimi giorni l'Istat ha certificato che a marzo 2025 il tasso di disoccupazione è salito del 6%. Ma la situazione potrebbe essere destinata a peggiorare drammaticamente. Le proiezioni della Cgia di Mestre elaborano uno scenario decisamente inquietante per il nostro Paese.

Tra dieci anni 3 milioni di lavoratori in meno

Le proiezioni demografiche indicano che, entro i prossimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa presente in Italia diminuirà di quasi 3 milioni di unità (precisamente 2.908.000), pari a una riduzione del 7,8 per cento. All’inizio del 2025 questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone; si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni.

Tale calo è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione: con un numero sempre più ridotto di giovani e un consistente gruppo di baby boomer  prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo “spopolamento” della coorte anagrafica potenzialmente occupabile. Va sottolineato che tutte le 107 province italiane monitorate in questo studio registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa, confermando che il fenomeno colpirà indistintamente tutte le aree del Paese. L’analisi è stata realizzata dall’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat.

Previsto un progressivo rallentamento del Pil

Se si considera il declino demografico insieme all’instabilità geopolitica, alla transizione energetica e a quella digitale, nei prossimi anni le imprese sono destinate a subire dei contraccolpi molto preoccupanti. La difficoltà, ad esempio, nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è un problema sentito già oggi, figuriamoci tra un decennio.

È importante sottolineare che chi spera in un’inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso, poiché - secondo lo studio della Cgia - non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi. Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione. Di conseguenza, dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil. Va inoltre considerato che una società con una popolazione sempre più anziana e meno giovane dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni molto negative anche sui conti pubblici.

Tra le imprese saranno le Pmi le più penalizzate

Da qualche anno in tutto il Paese le imprese denunciano grosse difficoltà nel reperire personale qualificato da inserire nei propri organici. Nei prossimi anni, tuttavia, il Mezzogiorno potrebbe incontrare meno problemi rispetto al Centronord. A differenza di quest’ultimo, infatti, il Sud e le Isole presentano tassi di disoccupazione e inattività significativamente elevati, che potrebbero consentire di colmare almeno parzialmente le lacune occupazionali previste soprattutto nel settore agroalimentare e in quello turistico-ricettivo.

È altresì evidente che molte aziende, in particolare quelle di piccole dimensioni, saranno costrette a ridurre gli organici a causa dell’impossibilità di procedere ad assunzioni. Per quanto riguarda le medie e grandi imprese, invece, la problematica potrebbe risultare meno rilevante: grazie alla possibilità di offrire salari superiori alla media, orari flessibili, benefit e pacchetti significativi di welfare aziendale, i giovani presenti sul mercato del lavoro tenderanno a preferire le realtà più strutturate piuttosto che le piccole e micro imprese che solo in piccola parte sono in grado di erogare tali benefici.

Ad avvantaggiarsene potrebbero essere solo le banche

Un Paese con una popolazione in progressivo invecchiamento potrebbe affrontare, nei prossimi decenni, significative sfide nel mantenimento dell’equilibrio dei conti pubblici, soprattutto a causa dell’incremento delle spese sanitarie, pensionistiche, farmaceutiche e assistenziali.

La Cgia sottolinea che una ridotta presenza di giovani under 30 e un’alta incidenza di over 65 potrebbero determinare ripercussioni negative su settori economici strategici, comportando una contrazione strutturale del Pil. Considerando la minore propensione alla spesa tipica della popolazione anziana rispetto a quella giovanile, una società prevalentemente composta da persone in età avanzata rischia di ridurre il volume d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa).

Al contrario, il settore bancario potrebbe essere tra i pochi a beneficiare di alcuni effetti positivi: grazie a una maggiore inclinazione al risparmio rispetto alle altre coorti anagrafiche, la popolazione anziana potrebbe incrementare il valore economico dei propri depositi, favorendo così le istituzioni creditizie.

Le zone più penalizzate

Dei 3 milioni di persone in meno che occuperanno la fascia anagrafica tra i 15 e i 64 anni, la metà interesserà le regioni del Sud. Lo scenario più critico investirà la Sardegna che entro il prossimo decennio subirà una riduzione del 15,1% (-147.697 persone). Seguono la Basilicata con il -14,8 % (-49.685), la Puglia con il -12,7% (-312.807), la Calabria con il -12,1% (-139.450) e il Molise con il -11,9%(-21.323).

Le regioni che dovrebbero accusare meno l’impatto del crollo del numero delle persone in età lavorativa saranno il Trentino Alto Adige con il -3,1% (-21.256) la Lombardia con il -2,9% (-189.708) e l’Emilia Romagna con il -2,8% (-79.007)

 

La tabella dedicata alle regioni

A livello provinciale, invece, la flessione più importante si verificherà a Nuoro con il -17,9%. Seguono la Sud Sardegna con il -17,7, Caltanissetta con il -17,6, Enna con il -17,5 e Potenza con il -17,3. In valore assoluto la provincia che subirà la perdita più importante è Napoli con -236.677 persone. Tra le province meno colpite ci sono Bologna con il -1,4 per cento, Prato con il -1,1 e, infine, Parma con -0,6.

Clicca qui per leggere i dati per provincia.

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