Timori per l'industria

Addio bustine di plastica al bar e flaconcini negli hotel

I tre obiettivi dell'esecutivo di Ursula von der Leyen per diminuire la crescita vorticosa degli imballaggi di plastica.

Addio bustine di plastica al bar e flaconcini negli hotel
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Stretta della Commissione Europea sulla plastica: per invertire la tendenza in atto - che vedrebbe lievitare del 46% gli imballaggi di plastica entro il 2030 - l’esecutivo di Ursula von der Leyen ha varato un nuovo pacchetto di regole. Inevitabile l'agitazione fra le file del Conai – il Consorzio Nazionale Imballaggi – secondo Il Sole 24 Ore sarebbero oltre 700mila le aziende italiane che rischierebbero di essere travolte dalle restrizioni europee.

Stretta sugli imballaggi

Secondo le stime di Bruxelles, in media ogni europeo genera quasi 180 chili di rifiuti di imballaggio ogni anno. E il dato, da anni, è in costante crescita. La Commissione Europea scende in campo dandosi obiettivi chiari: ridurre la generazione di rifiuti di imballaggio, rendere tutti gli imballaggi sul mercato dell’Ue riciclabili entro il 2030 e aumentare sensibilmente l’uso di plastica riciclata tramite una serie di vincoli obbligatori da rispettare. Prima di diventare definitive, le proposte della Commissione sugli imballaggi dovranno passare dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Cosa deve sparire

Tante le proposte sul tavolo da parte dell'Ue, a partire dalle etichette: ogni prodotto in plastica biodegradabile, infatti, dovrà riportare il tempo esatto che impiegherà a biodegradarsi, in quali circostanze e in quale ambiente. Alcune confezioni saranno vietate, parliamo, per esempio, delle monouso per alimenti e bevande consumati all’interno di ristoranti e caffè, quelli per frutta e verdura, i flaconi di shampoo in miniatura e altri imballaggi in miniatura tipici degli hotel.

Flaconi per hotel

Prevista anche una stretta su tutti gli imballaggi destinati al compostaggio industriale, che saranno consentiti solo per bustine di tè, cialde di caffè, adesivi per frutta e verdura e sacchetti di plastica molto leggeri.

Bustine di zucchero monouso

Nel mirino anche imballaggi usati unicamente a fini di marketing, cioè progettate per rendere più attraenti le confezioni dei prodotti. Un esempio è l’uso di grandi scatole, da parte dei servizi di e-commerce, per spedire prodotti molto piccoli, oppure gli imballaggi con fondo e pareti spesse per dare l’impressione che la quantità di prodotto sia maggiore.

L'Europa chiede più trasparenza sul concetto di "plastica pulita": i produttori, infatti, dovranno riferire la percentuale esatta e misurabile di plastica a base biologica nel prodotto. Si punta anche a creare dei sistemi di restituzione obbligatoria per bottiglie di plastica e lattine di alluminio, così da favorire il loro riciclo. Ci sarà poi un tasso obbligatorio di contenuto riciclato che i produttori dovranno includere nei nuovi imballaggi di plastica.

Timori per l'economia?

Questo passaggio, pressoché inevitabile per la sopravvivenza del pianeta, rischia di impattare sulle aziende che ad oggi producono ancora imballaggi monouso. L'Europa in tal senso non mostra preoccupazione e rilancia: il potenziamento del riutilizzo di plastica e altri materiali potrebbe portare più di 600mila nuovi posti di lavoro in Europa entro il 2030, molti dei quali presso medie e piccole aziende, secondo l'Ue:

"La transizione a un settore degli imballaggi più sostenibile comporta una serie di cambiamenti strutturali. I posti di lavoro nella produzione di imballaggi monouso diminuiranno notevolmente, ma se ne creeranno molti altri nei settori degli imballaggi riutilizzabili e del riciclaggio. Secondo i modelli economici della Commissione, complessivamente il nuovo sistema di imballaggio potrebbe portare alla creazione di 600 000 posti di lavoro nel settore del riutilizzo entro il 2030. In termini finanziari, si prevedono risparmi di circa 47,2 miliardi di € nell'UE. In media, ogni cittadino dell'UE potrebbe risparmiare 100 € all'anno se i risparmi fossero trasferiti al livello dei consumatori".

Nel 2021, l’Italia (assai virtuosa sotto questo fronte) ha riciclato il 73,3% degli imballaggi immessi sul mercato: un risultato che supera abbondantemente l’obiettivo del 65% di riciclo totale chiesto dall’Ue entro il 2025. Ma a preoccupare il nostro Paese sono le sorti di oltre 700mila aziende che potrebbero essere impattate dalle nuove norme Ue, per un totale di 6,3 milioni di dipendenti.

Confindustria è contraria a uniformare il regolamento a tutti i Paesi Ue; sarebbe meglio, a loro avviso, porre degli obiettivi comuni ma da raggiungere ognuno con i propri strumenti.

Da Bruxelles si leva la voce di Frans Timmermans, vice presidente della Commissione Ue con delega al Green Deal, a rassicurare le imprese italiane:

"Nessuno vuole mettere fine alle pratiche di riciclo che funzionano bene o mettere in pericolo gli investimenti sottostanti. So che in Italia moltissimo già è stato fatto sul riciclo. Vogliamo ancora di più, non di meno. Se l’obiettivo è diminuire i rifiuti di materiale di imballaggio e quindi anche il materiale di imballaggio usato, il riutilizzo degli imballaggi è chiaramente uno dei modi migliori per raggiungere questo obiettivo".

I benefici per l'ambiente

L'Europa stima che questo cambio di direzione ridurrà le emissioni di gas serra derivanti dagli imballaggi dalle 66 milioni di tonnellate attuali a circa 43 milioni di tonnellate. Una riduzione di 23 milioni, pari alle emissioni annuali della Croazia. Il consumo idrico, inoltre verrebbe ridotto di circa 1,1 milioni di metri cubi.

Plastiche a base biologica, plastiche compostabili e plastiche biodegradabili

L'uso e la produzione di plastiche a base biologica, compostabili e biodegradabili sono in costante aumento. Affinché queste plastiche abbiano un impatto ambientale positivo devono essere soddisfatte diverse condizioni, altrimenti aggraverebbero fenomeni come l'inquinamento da plastica, i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità.

Il nuovo quadro della Commissione chiarisce in che modo queste plastiche possono far parte di un futuro sostenibile.

La biomassa utilizzata per produrre plastiche a base biologica deve provenire da fonti sostenibili, che non danneggino l'ambiente e rispettino il principio dell'"uso a cascata della biomassa": i produttori dovrebbero dare la priorità all'uso di rifiuti organici e sottoprodotti come materie prime. Per combattere il greenwashing ed evitare di indurre in errore i consumatori, inoltre, i produttori devono evitare definizioni generiche sui prodotti di plastica quali "bioplastiche" e "a base biologica". Nel comunicare il contenuto a base biologica, i produttori dovrebbero specificare la quota esatta e misurabile del contenuto di plastiche a base biologica nel prodotto (ad esempio: "il prodotto contiene il 50% di plastica a base biologica").

Per le plastiche biodegradabili occorre esercitare cautela. Hanno il loro posto in un futuro sostenibile, ma devono essere limitate ad applicazioni specifiche per le quali i benefici ambientali e il valore per l'economia circolare siano comprovati. Le plastiche biodegradabili non dovrebbero in alcun modo essere considerate un'autorizzazione a disperdere rifiuti. Inoltre le loro etichette devono indicare in quanto tempo, in che circostanze e in quale ambiente si biodegradano. I prodotti che corrono un rischio elevato di essere dispersi nell'ambiente, compresi quelli contemplati dalla direttiva sulla plastica monouso, non possono essere definiti o etichettati come biodegradabili.

Le plastiche compostabili a livello industriale dovrebbero essere utilizzate solo se presentano benefici ambientali, non incidono negativamente sulla qualità del compost e in presenza di un adeguato sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti organici. Gli imballaggi compostabili a livello industriale saranno consentiti solo per bustine da tè, capsule e cialde di caffè, adesivi per frutta e verdura e borse di plastica in materiale ultraleggero. Andrà sempre segnalato che i prodotti sono certificati per il compostaggio industriale, in linea con le norme dell'UE.

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