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Perché venerdì 17 porta sfortuna

Dalla religione agli antichi greci, tutti i motivi per cui viene considerato un giorno funesto. Ma non da tutti...

Perché venerdì 17 porta sfortuna
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Venerdì 17. Un giorno che se siete superstiziosi non potete non temere. E il 17 di giugno 2022 cade proprio di venerdì. Ma perché si dice che il venerdì 17 porta sfortuna?

Perché venerdì 17 porta sfortuna?

Innanzitutto chiariamo un aspetto: non dappertutto è così. In alcuni Paesi è più "temuto" il venerdì 13. Da noi in Italia, invece, è il 17 il giorno più infausto. Le origini di questa credenza nascono nei modi più disparati, dalla religione ai corsi e ricorsi storici, fino agli... anagrammi. Vediamo insieme le spiegazioni più seguite.

Gli antichi romani e la morte

Tra le varie credenze c'è quella che le origini di questa superstizione risalgano all’antica Roma: il 17 in numero romano si scrive XVII, che anagrammato dà origine a VIXI, che in latino significa “Ho vissuto”, inteso anche come “La mia vita è finita”, presagio di sventura o morte. Per questo molti ritengano che il giorno più sfortunato dell'anno sia (quando capita) venerdì 17 novembre, dato che l'undicesimo mese dell'anno è quello dei morti.

La religione

C'è chi invece prova a trovarci un motivo religioso. Ma qui parliamo di una somma di fattori. Nell’Antico Testamento della Bibbia  si racconta che il Diluvio Universale avvenne il 17 del secondo mese. Il venerdì è invece il giorno in cui morì Gesù.

Latini e greci

Il 17 è portatore di morte e sventura anche nella cultura latina. Questo numero richiama alla mente la battaglia di  Teutoburgo, avvenuta nel 9 d.c., dove i romani si scontrarono con i germani di Erminio. In quella battaglia le legioni XVII, XVIII e XIX vennero distrutte.

Nell’antica Grecia invece i pitagorici non lo amavano in questo si trova fra il 16 e il 18, due numeri considerati la pura rappresentazione dei quadrilateri 4×4 e 3×6.

In entrambe le culture, però, si parla solo del numero, senza associarlo al giorno.

Cabala e smorfia

Anche la smorfia napoletana non associa presagi positivi al 17, che rappresenta "la disgrazia". La cabala, invece, ne dà un'accezione positiva poiché nasce dalla somma numerica delle lettere ebraiche têt (9) + waw (6) + bêth (2). Queste, una volta lette, creano la parola tôv, che vuol dire “buono, bene”.

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