Perché si parla di "astrocinematografia" per il nuovo telescopio di Vera Rubin
Il futuro dell’astronomia è in movimento. E noi stiamo finalmente per vederlo in scena

L’astronomia sta cambiando pelle. Non si limita più a fotografare lo spazio: adesso osserva anche il tempo. Il cielo non è più solo una cartolina stellare, ma un film in divenire. Questo salto epocale è reso possibile dal nuovo telescopio Vera C. Rubin, un gioiello tecnologico situato nel nord del Cile, che promette di rivoluzionare il nostro modo di guardare l’universo.
Un osservatorio tra le stelle e il deserto
Sulle Ande cilene, a 2.682 metri di altitudine, tra le cime maestose e i cieli limpidi del deserto di Atacama, sorge il Vera C. Rubin Observatory. Una posizione ideale: l’aria secca e l’altitudine riducono al minimo le interferenze atmosferiche, regalando notti incredibilmente trasparenti. È qui, sul Cerro Pachón, che l’osservatorio ha cominciato a scrivere una nuova pagina della scienza.
Costato circa 800 milioni di dollari, l’osservatorio richiederà una cifra simile per mantenersi operativo nei prossimi dieci anni. Ma si tratta di un investimento considerato cruciale per la scienza: il Rubin sarà il protagonista di una delle più ambiziose campagne di osservazione astronomica mai concepite.
Un tributo a una pioniera dimenticata
Il nome dell’osservatorio è un omaggio a Vera Rubin, straordinaria astronoma statunitense, fra le prime a scoprire l’evidenza dell’esistenza della materia oscura, una componente misteriosa che costituisce circa l’85% della materia dell’universo. Eppure, Rubin dovette affrontare numerosi ostacoli: quando cercò di iscriversi a Princeton, l'università non ammetteva ancora donne nei programmi di astronomia. Le sue teorie, oggi fondamentali, furono per anni ignorate.

Dedicare a lei un progetto tanto ambizioso non è solo un riconoscimento scientifico, ma anche simbolico: la scienza sta imparando a ricordare chi ha aperto la strada, anche quando il mondo non era pronto ad ascoltare.
Dalle immagini statiche… al cinema dell’universo
A rendere unico questo telescopio non è solo la sua posizione privilegiata, ma soprattutto la sua tecnologia all’avanguardia. Il Rubin è dotato della più grande fotocamera astronomica mai costruita, da ben 3.200 megapixel. È talmente potente da poter coprire in una sola immagine un’area del cielo equivalente a 45 volte la Luna piena. Per vedere una singola foto alla sua piena risoluzione, servirebbero 400 monitor 4K.
Questa fotocamera è il cuore della Legacy Survey of Space and Time (LSST), un progetto che raccoglierà dati ogni notte per dieci anni, creando una mappa in movimento del cielo australe. In tre o quattro notti, il Rubin potrà osservare l’intero cielo visibile dall’emisfero sud. E lo farà ripetutamente, circa 800 volte per ogni area del cielo, ottenendo così un vero “film” dell’universo. È l’inizio dell’astrocinematografia: per la prima volta, gli scienziati potranno vedere il cosmo in evoluzione, seguendo fenomeni dinamici come supernove, collisioni di asteroidi, esplosioni stellari e persino il movimento di oggetti vicini alla Terra.
Un flusso di dati senza precedenti
Ogni notte, il telescopio Rubin genererà 20 terabyte di dati – l’equivalente di 6.000 film in alta definizione. L’enorme quantità di informazioni raccolte sarà analizzata grazie alle più moderne tecnologie informatiche e all’intelligenza artificiale, rendendo possibile scoprire eventi astronomici altrimenti invisibili.

Un’impresa internazionale con cuore anche italiano
Il Rubin è il frutto di una grande collaborazione internazionale. È finanziato dalla National Science Foundation degli Stati Uniti e dal Dipartimento dell’Energia USA, ma coinvolge numerosi paesi, tra cui l’Italia. Il nostro Paese partecipa dal 2017 tramite l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che coordina il contributo italiano all’analisi dei dati.
Anche l’industria italiana ha giocato un ruolo di primo piano: l’azienda EIE Group ha progettato e costruito la sofisticata cupola dell’osservatorio, che protegge e segue i movimenti del telescopio, permettendogli di orientarsi verso l’intera volta celeste in appena tre notti.
Un futuro di scoperte
Cosa ci aspetta nei prossimi dieci anni? Molto. Il Rubin potrà identificare ogni notte 10 milioni di asteroidi, osservare milioni di supernove e contribuire alla comprensione dei grandi misteri cosmici come l’energia oscura e la materia oscura. Sarà in grado di rilevare oggetti debolissimi, lontanissimi, ma anche quelli che potrebbero un giorno passare pericolosamente vicino alla Terra.

“Rubin produrrà un vero film multicolore del cielo, lungo un’intera decade,” ha spiegato Sara Bonito, rappresentante italiana nel comitato direttivo della LSST Discovery Alliance. “Vedremo l’universo non più come qualcosa di immobile, ma in costante trasformazione.”
Per gli Stati Uniti, il progetto è anche un simbolo di leadership scientifica.
“Dimostra che siamo ancora all’avanguardia nella scienza di base,” ha dichiarato Michael Kratsios, consigliere scientifico della Casa Bianca. E il direttore della National Science Foundation, Brian Stone, lo ha definito senza esitazioni: “Un investimento per il futuro.”
Grazie a un design ottico innovativo e alla potenza della tecnologia, il telescopio Vera Rubin ci offre una nuova lente attraverso cui osservare il cielo. Ma ci offre anche qualcosa di più: la possibilità di vedere il tempo nell’universo, come se il cosmo ci stesse raccontando la sua storia, un fotogramma dopo l’altro.