dal 10 luglio

“Dedalus” di Gianluca Manzetti: il distopico contest movie che prende di mira gli influencer

Il film, con Matilde Gioli e Gian Marco Tognazzi (in bilico tra Squid Game e Dieci Piccoli Indiani), convince a metà

“Dedalus” di Gianluca Manzetti: il distopico contest movie che prende di mira gli influencer
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Il cinema italiano torna a confrontarsi con i generi forti, quelli che sembravano ormai appannaggio esclusivo di produzioni internazionali: thriller, revenge movie, distopia. Lo fa con “Dedalus”, in uscita dal 10 luglio, il nuovo film di Gianluca Manzetti, regista già noto per Roma Blues, che qui si cimenta in un ambizioso progetto che intreccia suspense, critica sociale e suggestioni pop.

Il trailer ufficiale, rilasciato da Eagle Pictures, lascia intuire la volontà di un’opera complessa, stratificata, che si muove fra diversi registri narrativi e stilistici.

Prodotto da Camaleo, Eagle Pictures e Weekend Films, in co-produzione con Koboflopi (Spagna) e Agresywna Banda (Polonia), Dedalus punta in alto, sia in termini di messaggio che di costruzione cinematografica. Se sia giunto all'obiettivo, quello è un altro paio di maniche.

Una distopia più vicina del previsto

L’ambientazione è quella di un futuro prossimo, ma in realtà la cornice è specchio deformante del nostro presente: un’epoca in cui la reputazione digitale ha soppiantato la realtà tangibile, e dove la fame di visibilità spinge le persone verso scelte sempre più radicali e autodistruttive. In questo contesto distorto, la trama di Dedalus si sviluppa attorno a un social game all’apparenza innovativo, ma che si rivelerà essere un meccanismo perverso e crudele.

Sei content creator – Michele, Tiziana, Leo, Antonella, Filippo e Belinda – vengono selezionati per partecipare a “DEDALUS”, un contest esclusivo che promette fama e ricchezza nel mondo del Web 3.0. Isolati in un’arena remota, i protagonisti affrontano una serie di prove che, con il progredire del gioco, diventano sempre più estreme e pericolose. Il confine tra intrattenimento e brutalità si dissolve, e ciò che sembrava un gioco si trasforma in un teatro di vendetta, dove ognuno diventa carnefice e vittima al tempo stesso.

Un cast corale per un’Italia frammentata

Nel cast, un mix interessante di volti noti e nuove promesse: Matilde Gioli, Luka Zunic, Francesco Russo, Giulio Beranek, Giulia Elettra Gorietti, Stella Pecollo e Gian Marco Tognazzi. Ogni personaggio non è solo un concorrente del gioco, ma anche una metafora vivente delle tante facce dell’Italia contemporanea. Un’umanità variegata, divisa da cadenze, culture regionali, modi di vedere il mondo.

Manzetti ha voluto fortemente questa rappresentazione “italiana” del racconto, scegliendo di mantenere accenti e tratti regionali, rendendo i protagonisti outsider riconoscibili e radicati nel territorio. Una scelta che risponde a un’esigenza narrativa precisa: evitare l’omologazione e raccontare la nostra realtà attraverso lenti locali, in modo che lo spettatore possa riconoscersi, anche nei tratti più grotteschi.

Un thriller contaminato e personale

In un’intervista recente, Manzetti ha raccontato come, una volta coinvolto nel progetto, abbia sentito l’urgenza di ricalibrare i toni del film, portando dentro la storia elementi a lui più congeniali: la commedia nera, il grottesco, la contaminazione di generi. Il copione iniziale, a suo dire, era troppo serio, troppo lineare. Il regista ha così lavorato per infondere nel film una dimensione più sporca, umana, sbilenca, che richiama l’Italia vera, quella fatta di contraddizioni e improvvisazioni.

"Quando si parla di italianità – ha spiegato – si parla anche di grottesco. Le storie epiche non ci appartengono. Ma il grottesco sì, è la nostra epica".

Da qui nasce l’idea di un nuovo genere, che lui stesso definisce contest movie, in parte ispirato a modelli internazionali come Squid Game, ma rielaborato attraverso un filtro locale e personale.

Spunti critici: tra intuizioni forti e rischi di deriva

L’idea alla base di Dedalus è indubbiamente attuale: la riflessione sul ruolo degli influencer, sull’identità digitale, sulla perdita del limite etico nell’era dell’esposizione social. Eppure, proprio questo spunto così contemporaneo rischia di diventare anche il suo punto debole. Alcuni critici, infatti, hanno già espresso perplessità, accusando il film di aver messo troppa carne al fuoco, sacrificando la precisione narrativa sull’altare della contaminazione.

Il paragone con Squid Game e con Dieci piccoli indiani di Agatha Christie è inevitabile, ma rischia di mettere in luce i limiti strutturali del film: la mancanza, secondo alcuni, di una sceneggiatura davvero coesa, l’effetto “vorrei ma non posso” che spesso affligge i tentativi di coniugare ambizione tematica e mezzi produttivi italiani.

Inoltre, la critica agli influencer e al mondo dei social – pur centrale nel film – non appare come una visione rivoluzionaria o sorprendente, ma piuttosto come un tema già ampiamente battuto, che oggi rischia di suonare già sentito, quasi prevedibile.

Dedalus resta comunque un tentativo interessante e coraggioso di riportare al centro del cinema italiano il gioco dei generi, affrontando tematiche contemporanee con una voce autoriale forte e una messa in scena che punta a sorprendere. Che piaccia o meno, il film di Manzetti si candida a far discutere.