LETTERATURA

Alessia Pizzuti presenta "L'eco della tua voce", storia di una violenza domestica | Intervista

“Con i proventi del mio libro mi piacerebbe aiutare concretamente tutte quelle realtà che si occupano di fornire sostegno alle donne"

Alessia Pizzuti presenta "L'eco della tua voce", storia di una violenza domestica | Intervista
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“Con i proventi del mio libro mi piacerebbe aiutare concretamente tutte quelle realtà che si occupano di fornire sostegno alle donne vittime di violenza”. A parlare è la scrittrice Alessia Pizzuti che con “L’eco della tua voce” racconta della violenza domestica subìta quando era solo una ragazzina.

Alessia Pizzuti, contro la violenza di genere c’è ancora molto da fare.

Direi di sì: è innanzitutto un problema di cultura. Ne ho avuto la conferma quando l’altra sera, durante una presentazione, una signora mi ha chiesto: Non ti sei mai posta il problema che magari potevi essere tu a provocare, in qualche modo, certe reazioni di tuo padre? Questa cosa mi ha messo i brividi.

Questa cosa ha un nome e si chiama victim blaming.

Ed è anche una delle ragioni per cui spesso una donna che subisce violenza non denuncia: ha paura, ha vergogna, teme il giudizio della gente. Spesso, come nel caso mio e di mia madre, ci sono dei bambini di mezzo e non si vuole spaccare la famiglia. Una donna, poi, è convinta in maniera insana di poter cambiare colui che la maltratta e che, anzi, quello – le botte, le umiliazioni – siano il suo modo di amare. E’ un circolo vizioso che va spezzato.

Alessia Pizzuti

In che misura la donna che lei è oggi viene da quella ragazzina vittima di violenza?

E’ inutile negare che quello che ho subìto ha ancora oggi su di me degli strascichi: per un lungo periodo, per esempio, sono stata diffidente nei confronti degli uomini. Anzi, più erano complicati, difficili, più io li cercavo, e andavo ad alimentare quel senso di abbandono che ha sempre accompagnato nella mia testa la figura di mio padre. Oggi posso dire di essermi data la possibilità di lasciarmi amare: ho accanto un marito meraviglioso, e i nostri figli lo sono altrettanto, che mi ha sostenuto anche nella stesura de “L’eco della tua voce”. Anzi, credo che il libro abbia fatto bene anche a noi due come coppia: se io mi fossi tenuta dentro certe cose per sempre, avrei vissuto male anche il rapporto con lui. Invece oggi so che è importante aprirsi e non camminare a testa bassa.

E sì, in qualche modo anche la mia scelta di diventare un’infermiera viene da quel periodo: fare un mestiere come il mio significa sì dare sostegno a chi ne ha bisogno ma anche ricevere tanto di più in cambio in termini di affetto. E c’è stato un periodo della mia vita in cui questo scambio  mi ha fatto un gran bene.

Poi sua madre si è ammalata di tumore.

Per un periodo, da infermiera,  ho lavorato nel reparto di oncologia medica. Nonostante sapessi che quell’ambiente non mi faceva più bene, che mi faceva stare troppo male, non riuscivo comunque a staccarmene perché, curando gli altri pazienti, mi sembrava davvero di continuare a prendermi cura di lei, che nel frattempo è mancata. Oggi le chiederei se rifarebbe tutto ciò che ha fatto per tenere la famiglia unita: avrebbe voluto che io e mia sorella Federica ci sostenessimo a vicenda per sempre, lo ha scritto anche in una lettera prima di morire. Ma tutti questi sforzi non sono serviti: mio padre è rimasto lo stesso e mia sorella continua a tenermi fuori dalla sua vita.

C’entra il libro che ha scritto?

No, il libro ha contribuito solo ad alimentare la loro rabbia nei miei confronti. Quello che ancora oggi non mi spiego è come il rapporto con mia sorella possa essersi completamente sfaldato: probabilmente lei non ha mai completamente elaborato il lutto di nostra madre. E in qualche modo rivederla in me, che le somiglio molto fisicamente le fa ancora male, perciò preferisce tenermi fuori dalla sua vita. A me il rapporto con mia sorella manca molto, e lo si evince anche in “L’eco della tua voce” che ha un capitolo completamente dedicato a lei. E’ un capitolo pieno di domande a cui io ho sperato di trovare una risposta, ma ad oggi una risposta ancora non ce l’ho.

Magari la ritiene colpevole perché a un certo punto ha preso coraggio e se n’è andata, lasciandola sola in un contesto familiare difficile…

All’epoca dei fatti che racconto nel libro mia sorella era piccola. Sicuramente avrà qualche ricordo di quello che accadeva in casa, ma sono certa che mio padre non ha mai usato violenza contro di lei. E’ una cosa che accade spesso questa, e me l’hanno confermata diverse donne con storie simili alla mia che ho incontrato durante le presentazioni: non si capisce per quale ragione, ma un padre violento tende a preservare il figlio o la figlia minore. E’ per questo che Federica è riuscita negli anni ad avere con mio padre un rapporto che io, ovviamente, non sono mai riuscita a ricucire.

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