la sua storia colpì l'italia

Uccise il padre violento per salvare la madre: la Corte costituzionale dice sì a una riduzione di pena per Alex

Il giovane, oggi 21enne, era stato assolto in primo grado ma la sentenza era stata ribaltata. La sua vicenda spaccò l'opinione pubblica

Uccise il padre violento per salvare la madre: la Corte costituzionale dice sì a una riduzione di pena per Alex
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La Corte Costituzionale ha decretato che l’assassinio del padre violento da parte dei Alex Pompa, oggi 21enne, non fu legittima difesa. D’altro canto, però, il giovane, deve poter beneficiare del bilanciamento tra l'aggravante del parricidio e l'attenuante della provocazione. Ciò significa, a lato pratico, sconto di pena. 

Alex, che ha voluto cancellare quell'uomo dalla sua vita ricusandone anche il cognome. Motivo per cui, ora è Alex Cotoia, come la madre.

Una sentenza che, sostanzialmente, si pone nel mezzo e tiene conto della difficoltà di recepire come difesa per la propria vita e di quella della madre le 34 coltellate che Alex ha sferrato all’uomo, con lame differenti; ma che non derubrica il clima di gravissime violenze, minacce e vessazioni messo in atto continuativamente dall’uomo. Escalation che avrebbe traumatizzato in maniera evidente Alex, così come il fratello.

La Cassazione: non fu legittima difesa, ma viene concesso lo sconto di pena

Omicidio volontario, così si espressa la Cassazione sul caso di Alex che, la sera del 30 aprile 2020, a Collegno, nel Torinese uccise con 34 coltellate il padre 52enne Giuseppe nella loro casa di via De Amicis. Lo fece, secondo le testimonianze della madre e del fratello, proprio per difendere la donna, vittima delle continue violenze del marito.

Tesi che convinse i giudici di primo grado, che lo assolsero. Lo scorso 4 maggio 2023, la sentenza fu ribaltata. La corte d'assise d'appello, però, non quantificò la pena e fu lo stesso pm che aveva chiesto la condanna, Alessandro Aghemo della procura di Torino, a chiedere un interessamento della Corte Costituzionale sul caso.

E così il 30 ottobre 2023, il collegio ha depositato la sentenza che ha dichiarato incostituzionale la nuova formulazione dell'articolo 577, terzo comma del codice penale. Secondo i giudici tale norma non permetteva di infliggere una sanzione adeguata, umana e commisurata alla gravità del fatto. In particolare la corte torinese, nel graduare la sanzione da infliggere all'imputato, avrebbe ritenuto prevalente l'attenuante della provocazione, proprio perché l'omicidio, pur efferato, era maturato in un contesto familiare segnato da abusi e maltrattamenti protratti nel tempo.

Con la decisione della suprema corte, quindi, anche nei processi per omicidio commesso nei confronti di una persona familiare o convivente il giudice deve avere la facoltà di valutare caso per caso se ridurre la pena in presenza della circostanza attenuante della provocazione e delle attenuanti generiche.

Cade, dunque, la tesi della legittima difesa, ma non vengono trascurati i precedenti. Macigni nella vita e nella formazione di Alex e Loris, due fratelli costretti a vivere in un clima di continuo pericolo. In scacco alle violenze del padre. Medesimo destino da prigioniera per la madre.

Un clima di violenze terrificanti

“Non c’è stato un momento in cui ho deciso di uccidere mio padre. Se potessi tornare indietro, preferirei morire io, ma eravamo arrivati a un livello tale che la violenza vissuta quella sera non può essere equiparata agli episodi di violenze vissuti prima”.


Con queste parole laceranti Alex aveva tentato di spiegare l’accaduto. Il ragazzo ha sempre ammesso le sue responsabilità, a partire dalla chiamata ai carabinieri con cui la sera stessa confessò l’omicidio. Proprio il suo comportamento processuale, la sua giovane età, l'assenza di precedenti penali nonché il vizio parziale di mente (la perizia psichiatrica parla di "disturbo di adattamento post traumatico" derivato proprio dal drammatico clima abusante respirato fra le mura domestiche) avevano convinto i giudici della necessità di concedere le attenuanti generiche, pure vietate nei casi di omicidio volontario dell'ascendente.

L’avvocato Claudio Strata, che ha difeso Alex, ha fatto ascoltare ai giudici oltre 9 ore di registrazioni con le minacce e le urla del padre violento, tuonando:

“Vi rendete conto che cosa ha vissuto Alex? Non poteva studiare, non poteva dormire, non poteva vivere. Ogni sera come lui stesso ha raccontato, si coricava solo dopo aver abbracciato a lungo sua madre temendo di risvegliarsi e non trovarla più viva”.

Il delitto

Il giorno dell’omicidio, Giuseppe Pompa aveva spiato la moglie al lavoro e si era infuriato perché un collega le aveva appoggiato una mano sulla spalla. “Dopo averla chiamata 101 volte al telefono, non appena mia madre era rientrata a casa, lui l’aveva aggredita, sembrava indemoniato”, avevano raccontato Alex e Loris. “Pensavamo che ci avrebbe ammazzati tutti”.

Alex con il fratello e la madre

Alex ai giudici e ai carabinieri, ha sempre ribadito di aver agito per difendere la madre. Spiegando come avrebbe anticipato la mossa del padre, che stava andando in cucina per prendere un coltello. Tesi sostenuta anche dal fratello Loris e dalla signora.

Strata, si dice ovviamente soddisfatto del pronunciamento, anche se gioire, davanti ad una condanna che arriverà - per quanto ridotta - è impossibile.

I due fratelli, di quel genitore violento, non vogliono più saperne. Alex ha deciso di cambiare cognome: si chiamerà Cotoia, come la mamma e il nonno materno. Anche il fratello Loris ha seguito lo stesso iter: il cognome paterno sarà cancellato anche dalla sua carta d’identità.

Pochi mesi dopo l’assassinio, il giovane ha sostenuto l'esame di maturità all'istituto alberghiero Prever di Pinerolo pur trovandosi ai domiciliari.

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