È diventata definitiva l’assoluzione di Alex Pompa – oggi Alex Cotoia, dopo aver assunto il cognome della madre – il giovane che il 30 aprile 2020, a soli 18 anni, uccise il padre Giuseppe Pompa con 34 coltellate nell’abitazione di famiglia a Collegno, in provincia di Torino, per difendere la madre durante l’ennesima lite domestica.
La Quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale di Torino, confermando così la sentenza del processo d’appello bis che aveva assolto definitivamente il ragazzo dall’accusa di omicidio volontario. “Alex ora può cominciare a vivere”, ha commentato l’avvocato Claudio Strata, uno dei suoi difensori insieme a Enrico Grosso.
Un lungo iter giudiziario
La vicenda giudiziaria di Alex Pompa è stata complessa. In primo grado, il giovane era stato assolto per legittima difesa. La Corte d’Assise d’appello di Torino, nel dicembre 2023, aveva però ribaltato la decisione condannandolo a sei anni e due mesi di reclusione.

Nel luglio 2024 la Cassazione aveva annullato quella condanna, disponendo un nuovo processo d’appello. Nel gennaio successivo, l’Appello bis aveva nuovamente assolto il ragazzo, ma la Procura generale torinese aveva presentato ricorso. Oggi, con la decisione della Suprema Corte, l’assoluzione diventa definitiva.
“Legittima difesa putativa”
Secondo i giudici, Alex Pompa non agì per “odio, frustrazione o rabbia”, ma per proteggere la madre e il fratello in un contesto di “pesantissima sopraffazione” familiare. Le motivazioni della sentenza d’appello parlano di una “legittima difesa putativa”: anche qualora avesse agito nell’erronea convinzione che il padre volesse armarsi di un coltello, esistevano elementi concreti che gli fecero ritenere di trovarsi in pericolo. Pompa, hanno scritto i giudici, “si è difeso fino a quando ha constatato che il padre era inerme e non costituiva più un pericolo”.

Giuseppe Pompa era stato descritto come un uomo in preda a “gelosia patologica” e a un “insopprimibile desiderio di imporsi sui familiari”. Quella sera, l’atmosfera in casa era “drammatica e incontrollabile”. Alex intervenne per proteggere la madre da un’aggressione, colpendo il padre con più coltellate, in una situazione di paura e concitazione. Così non fosse avvenuto, oggi avremmo potuto dover parlare di femminicidio.
Durante l’appello, la Procura generale di Torino aveva contestato la tesi della legittima difesa, sostenendo che si trattasse di un agguato. Secondo il sostituto procuratore Alessandro Aghemo, la scena del delitto “non mostrava segni di colluttazione” e il fratello maggiore, Loris, avrebbe trattenuto il padre mentre Alex lo colpiva. Per i giudici, tuttavia, le ricostruzioni accusatorie non sono state sufficienti a escludere la percezione di pericolo in cui si trovava il giovane.
Una nuova vita
Dopo anni di processi, per Alex – che oggi ha 22 anni – si chiude definitivamente questa dura vicenda processuale. Negli ultimi tempi si era parlato per lui anche di una possibile grazia da parte del Presidente della Repubblica – specie dopo il caso Finotello – ma alla fine ciò non è servito.
Nel frattempo ha conseguito la laurea triennale in Scienze della Comunicazione, lavorando come portiere in un hotel per pagarsi gli studi. Il titolare della struttura, che lo ha sempre sostenuto, ha già deciso di assumerlo a tempo indeterminato.
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