SI VA AVANTI

Turetta non voleva l’appello, ma la Procura sì (e chiede anche le aggravanti)

L'udienza si terrà il prossimo 14 novembre 2025, nonostante Turetta abbia scritto una lettera ai giudici nella quale afferma di accettare l'ergastolo

Turetta non voleva l’appello, ma la Procura sì (e chiede anche le aggravanti)

Il prossimo 14 novembre 2025, in Corte d’Assise a Venezia, si terrà il processo d’appello per Filippo Turetta, condannato all’ergastolo in primo grado per il femminicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò.

A tirare dritto nella pratica processuale è stato il procuratore generale di Venezia Federico Prato, il quale ha impugnato la sentenza di primo grado perché non sono state riconosciute le aggravanti della crudeltà e dello stalking.

Le lettera di Turetta

Dall’altro lato, invece, Filippo Turetta, difeso dai legali Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, lo scorso 10 ottobre 2025 ha scritto una lettera di proprio pugno a giudici e magistrati della Corte d’Assise di Venezia, nella quale he riferito la sua intenzione di rinunciare al processo d’appello, accettando la condanna all’ergastolo del primo grado di giudizio. La sua difesa mirava a far cadere le aggravanti della premeditazione, nel tentativo di ridimensionare la condanna al “fine pena mai”.

Nella lettera, Turetta ha dichiarato:

“In questo momento ho maturato la convinzione e sento il bisogno per questi motivi e spinto dai forti sensi di colpa che provo ad assumermi la piena responsabilità per quello che ho fatto, di cui mi pento ogni giorno sinceramente dal profondo del cuore pensando a lei e a tutto questo e di prendere la scelta di rifiutare di affrontare i successivi gradi di giudizio e accettare la pena che ho ricevuto il primo grado.

Dichiaro dunque di rinunciare all’impugnazione proposta in data 21 maggio… I miei difensori hanno preso atto della mia meditata e maturata decisione”.

Le aggravanti

Come anticipato, la procura ha avanzato ricorso in appello per la questione delle aggravanti crudeltà e stalking, che in primo grado non erano state riconosciute.

L’accusa intende capire come può una persona non irrompere nella vita di una donna se quest’ultimo le ha inviato centinaia di messaggi al giorno, dall’alba al momento di andare a dormire.

“Va capito se ha senso tenere in piedi il ricorso in appello — ha dichiarato al Corriere Veneto Stefano Tigani, legale del pool della famiglia Cecchettin. Alla fine, l’ergastolo c’è già ed è la pena massima. Lo stalking è un serio problema generale nelle relazioni degradate ed è tema dell’appello dell’accusa”.

Gino Cecchettin: “Non mi aspettavo questa scelta”

Intervistato dal Corriere della Sera, Gino Cecchettin, papà di Giulia, ha commentato così la scelta di Turetta di rinunciare all’appello:

“Non me l’aspettavo, sarà frutto di una meditazione personale… Allora, se rinuncia a un suo diritto, è perché vuole espiare la colpa in un certo modo. Posso capire tutto, ma denota anche una distonia interiore”.

Gino ha poi aggiunto che di fronte alla scelta di Turetta di accettare l’ergastolo non prova né rabbia, né sollievo:

“Non potrò mai gioire di nulla. Qualsiasi cosa succeda, sono condannato a non rivedere più Giulia”.

Gino ha poi concluso che secondo lui Turetta “va seguito“, nel senso che “serve qualcuno che lo accompagni in un percorso vero, dentro sé stesso.