Tre femminicidi in poche ore: Daniela, Teodora e Stefania, i segnali allarmanti (per alcune di loro) c'erano
Per il caso in provincia di Reggio Emilia e quello di Civitavecchia fermati i compagni. Indagata, invece, la nuora per la morte di Stefania Camboni

Tre femminicidi nel giro di poche ore. Poco dopo l'omicidio di Stefania Camboni - per il quale è sospettata la nuora - un'altra donna è stata uccisa sempre in provincia di Roma. A Civitavecchia Teodora Kamenova è stata accoltellata nell'androne del suo palazzo. A ucciderla sarebbe stato il compagno, 54 anni di origine venezuelana, che si è costituito.
E' un mistero, al momento, anche la morte di Daniela Coman, rinvenuta senza vita mercoledì sera 14 maggio 2025, in un appartamento in provincia di Reggio Emilia. A dare l'allarme la sorella e l'ex compagno. Sul cadavere non ci sarebbero segni di morte violenta ma il compagno, fermato dai carabinieri, si avvale delle facoltà di non rispondere.
Tre femminicidi in poche ore
Aveva 48 anni Daniela Coman, impiegata di Sassuolo di origini romene e madre di un bambino, rinvenuta senza vita mercoledì sera 14 maggio 2025, in un appartamento di Prato di Correggio. L’hanno trovata vigili del fuoco e carabinieri intorno alle 22, sfondando la porta blindata al primo piano del palazzo di via Dinazzano 35/2, nella casa dell’uomo che frequentava da qualche tempo, Peter Pancaldi, 45 anni, di origini modenesi.
Lo stesso uomo che nella tarda serata di ieri, 15 maggio 2025 è stato portato in carcere a Reggio Emilia dopo il provvedimento di fermo emesso dal pm alle 22,30. L’uomo è indagato dalla procura di Reggio Emilia per l’omicidio volontario della donna, nonostante ieri si sia avvalso della facoltà di non rispondere davanti al sostituto procuratore Valentina Salvi e al suo avvocato d’ufficio, Annalisa Miglioli. Un interrogatorio lampo, durato appena un’ora, comprese le formalità di rito, dalle 16 alle 17.
Ma secondo chiunque abbia parlato con Daniela di quella relazione che lei definiva “tossica” sarebbe stata l’ennesima tragedia annunciata. Il corpo di Daniela Coman era nel letto, sotto un piumone, senza segni apparenti di violenza. Ma fin da subito gli inquirenti hanno sospettato che quella non fosse una morte naturale. L’allarme era stato lanciato poco prima dalla sorella della donna e dal suo ex compagno: da due giorni non rispondeva al telefono.
“Se dovesse succedermi qualcosa andate a cercarmi a questo indirizzo. Ho paura”, aveva detto a chi le voleva bene.
Aveva raccontato delle botte di lui, della “continua ricerca di soldi per la droga” e anche di un tentativo di strangolamento. Tanto è bastato. Per questo gli investigatori sono scattati così rapidamente nelle ricerche lampo e si sono diretti all’indirizzo di casa dell’uomo. Una casa in cui Pancaldi, dicono i vicini, abitava da pochi mesi, circa da Natale.
Fuori dal palazzo, però, non c’era l’automobile della donna. Una volta trovato il cadavere della donna l’appartamento è stato messo sotto sequestro è scattata la caccia all’uomo. Peter Pancaldi, che aveva lavorato per una ditta di autotrasporti, è stato trovato poche ore dopo, nella stessa notte, a bordo della Peugeot 208 di Daniela, nel Modenese. I carabinieri di Reggio – che portano avanti le indagini – per trovarlo hanno seguito le tracce della targa dell’utilitaria di Daniela, inserendo i dati all’interno dei database delle telecamere di videosorveglianza disseminate sul territorio. La ricerca era stata diramata a tutte le forze di polizia d’Italia.

E poco dopo è arrivato il segnale: l’auto si trovava a Modena. Così gli uomini dell’Arma lo hanno trovato, in apparente stato di alterazione. È stato poi scortato a Reggio dai carabinieri, nella caserma di corso Cairoli, dove è rimasto tutta la notte e tutta la giornata. Anche se ancora nella tarda serata di ieri non era stato emesso un fermo giudiziario nei suoi riguardi. La donna, impiegata in una ditta di elettronica di Baggiovara, si era separata dal padre di suo figlio circa un anno fa. Fino ad allora – raccontano gli amici – aveva vissuto una vita tranquilla a Sassuolo. Era solare e piena di vita. Poi l’incontro con Pancaldi, stando alle testimonianze, avrebbe segnato l’inizio di una relazione scandita dalle sofferenze.
Pare che l’uomo avesse problemi di tossicodipendenza e alcuni vicini hanno riferito di comportamenti fuori controllo. Quando è stato possibile, gli investigatori hanno iniziato a interrogarlo, per ricostruire i fatti e il contesto della relazione tra i due. Da alcune fonti è filtrata l’informazione che avrebbe inizialmente fatto parziali ammissioni, ma non sono arrivate comunicazioni ufficiali dalla Procura e dai carabinieri reggiani. Nella denuncia di scomparsa proprio l’ex avrebbe fatto riferimento alla preoccupazione per il rapporto che Daniela aveva con il nuovo compagno. E sembra che lei si fosse di recente sfogata con una parente sui comportamenti dell’uomo.
Il femminicidio di Teodora
Teodora Kamenova, una cittadina bulgara di 47 anni, è stata uccisa a coltellate dal compagno, Jose German Varela Luna, un cittadino venezuelano di 54 anni. È la cronaca di un femminicidio consumato a Civitavecchia. Varela Luna, intorno alle 14,15 di giovedì 15 maggio, si è presentato alla caserma dei carabinieri di zona. Dopo il delitto, infatti, ha confessato di aver ammazzato la compagna.
Fatali una serie di coltellate. Immediatamente, i militari si sono presentati in via Gorizia. E lì, sulle scale dell'androne, è stato trovato il corpo della vittima. Indagini in corso da parte del personale dell'Arma per capire il movente che ha spinto l'uomo a uccidere la compagna convivente. Il delitto si è consumato al culmine di una lite.
Marco Piendibene, sindaco di Civitavecchia, ha così commentato:
"Oggi la nostra comunità è stata colpita da una tragedia inaccettabile: una donna di 47 anni è stata brutalmente uccisa in un nuovo, un tremendo femminicidio. Siamo sconvolti, addolorati, indignati. Una vita spezzata dalla violenza, ancora una volta. Una ferita che si apre nel cuore della nostra città, e che ci obbliga a riflettere e a reagire. Non possiamo restare in silenzio - ha proseguito - ogni singolo femminicidio è una sconfitta per tutti. È il segno di un sistema che deve essere cambiato radicalmente, partendo dall’educazione, dalla cultura del rispetto, dalla prevenzione e da un sostegno reale alle donne in difficoltà. Civitavecchia non dimenticherà e si unisce nel dolore e chiede giustizia e verità. A nome dell’Amministrazione comunale e di tutta la cittadinanza, esprimo grandissimo cordoglio e la più profonda vicinanza ai familiari e agli amici della vittima".

"Ancora una volta ci ritroviamo a piangere una donna, vittima dell'ennesimo, orribile femminicidio". Queste le parole di Marietta Tidei, consigliera regionale in quota Italia viva. "Una tragedia che si è consumata nel cuore della nostra città, a pochi passi dalla Cattedrale, dove una donna di 47 anni, di origine bulgara, è stata brutalmente uccisa con tre colpi al torace all'interno di una palazzina in via Gorizia. Non bastano le leggi, le pene più severe, le risorse investite: la violenza di genere continua a colpire, senza tregua, lasciando dietro di sé dolore, rabbia e un senso profondo di impotenza. Di fronte a questo nuovo orrore - ha insistito - non possiamo restare in silenzio. La violenza sulle donne non è un fatto privato - ha concluso - è un'emergenza pubblica che chiama in causa ciascuno di noi. È il tempo della responsabilità, della cultura del rispetto, della prevenzione concreta. Non c'è più spazio per l'indifferenza".
Il dramma di Stefania: accusata la nuora
A colpire con una lama affilata Stefania Camboni, la vedova di 58 anni trovata morta nella sua casa di Fregene (Roma), sarebbe stata la compagna del figlio. La svolta è arrivata nella tarda serata del 15 maggio, poche ore dopo il ritrovamento del cadavere e la donna è stata fermata con l'accusa di omicidio.

Stefania Camboni era vedova e madre di due figli. Dal 2020, dopo la scomparsa del marito Giorgio, viveva in una porzione di una villetta in via Agropoli a Fregene con uno dei figli che lavora come guardia giurata. Da circa un mese con loro viveva anche la compagna dell'uomo.
A dare l'allarme è stato, la mattina di ieri 15 maggio, proprio il figlio di Stefania. Ha raccontato ai carabinieri di essere andato a salutare la madre, rientrando dal turno di notte a lavoro, e di averla trovata morta. All'arrivo dei soccorsi per lei non c'era più nulla da fare. Il cadavere era sul pavimento della camera da letto coperto da due cuscini e da un lenzuolo.
Il corpo di Stefania Camboni era martoriato da ferite da taglio all'addome e una alla gola. È stata disposta l'autopsia per avere più informazioni sull'aggressione fatale. Per capire, ad esempio, se ha provato a difendersi e se, con soccorsi tempestivi, avrebbe potuto salvarsi.
La Procura di Civitavecchia, guidata da Alberto Liguori, ha aperto un fascicolo per omicidio. Le indagini si sono indirizzate subito sull'ambito familiare. In casa non c'erano segni di effrazione, non mancavano oggetti di valore o soldi. Questo ha fatto subito pensare che la vittima avesse accolto il killer. Dopo ore di indagini la svolta, col fermo della nuora per omicidio. L'indagata avrebbe detto di non avere alcun ruolo nella vicenda e di non essersi accorta di nulla perché dormiva con i tappi alle orecchie e dopo aver assunto un sonnifero.
Adesso si scava nella vita familiare per capire il possibile movente. Si vuole anche verificare se la famiglia aveva problemi economici o contenziosi di qualche tipo. Sono stati ascoltati anche i vicini.
Sui social, prima di morire, Stefania aveva pubblicato anche una storia su Instagram:
"Quando cercate di ferirmi, ricordatevi che ho visto chiudere una bara con la persona più importante della mia vita". Il riferimento è alla scomparsa del marito morto per un male incurabile.