Tira una sberla alla figlia che manda in giro le sue foto intime e viene pure condannata
In realtà c'è uno storico tribolato, agli atti dei servizi sociali, che va a ritroso addirittura di una decina d'anni...

Ha beccato la figlia 12enne a mandare foto intime a un ragazzo conosciuto su Instagram: uno scenario che auguriamo di non dover sperimentare a nessun genitore. E comprensibilmente la mamma protagonista della vicenda non l'ha presa bene, anzi, ha mollato un sonoro ceffone alla ragazzina.
Insomma, problemi legati all'utilizzo delle moderne tecnologie e reazioni più "tradizionali": colpisce però che la genitrice per quella sberla sia stata addirittura condannata per maltrattamenti in famiglia.
Sembra in effetti incredibile, oltre al danno pure la beffa, eppure la vicenda è in realtà più complessa di come sembrerebbe apparire.
Tira una sberla alla figlia e viene condannata
Chi non s'è preso un ceffone dalla propria madre durante l'adolescenza dopo averne combinata qualcuna? E in questo caso la ragazzina per altro non è che non abbia proprio fatto nulla, considerando quanti sono i casi di cronaca e di violenza che abbiamo raccontato nel tempo, partiti proprio dall'invio di una foto via social.
Eppure in questa emblematica vicenda, che risale al 2016 ma che è arrivata a sentenza solo ora, anche la madre non è propriamente da considerarsi uno stinco di santa... e infatti i giudici della prima sezione penale del Tribunale di Roma le hanno dato un anno e sette mesi (ma il pm aveva addirittura chiesto tre anni). Non solo, la donna dovrà affrontare anche un percorso di recupero.
In realtà c'è uno storico tribolato, agli atti dei servizi sociali, che va a ritroso addirittura di una decina d'anni e che è fatto di segnalazioni per l'incuria e la sporcizia in casa e di controlli durante i quali la 40enne cercava di scaricare ogni responsabilità sulla figlia che a suo dire, mentre lei era quasi sempre al lavoro, non voleva aiutarla nelle faccende domestiche e a badare ai suoi due fratellini.
Ma poi, dopo l'episodio del ceffone, nei successivi tre anni la pressione psicologica sulla ragazzina, sgridata, umiliata e sempre dipinta come inadeguata, si sarebbe fatta sempre più intensa, fino allo sfogo davanti agli assistenti sociali che ha portato la vicenda in un'aula giudiziaria.