Strage di Erba: la Procura di Como stronca la possibile revisione del processo
Una nota che suona come una replica al sostituto procuratore generale di Milano che dieci giorni fa aveva avanzato richiesta sulla riapertura della vicenda

"Accuse ingiustificabili, le prove contro Olindo Romano e Rosa Bazzi sono certe, le sentenze in tre gradi di giudizio con lasciano spazio a perplessità".
La procura di Como stronca la possibile revisione del processo sulla cosiddetta Strage di Erba dell'11 dicembre 2006, in cui morirono Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la madre di Raffaella, Paola Galli e una loro vicina, Valeria Cherubini, mentre il marito Mario Frigerio sopravvisse (morì poi nel 2014).
Procura di Como stronca revisione della strage di Erba
E' una nota a firma del procuratore facente funzioni Massimo Astori che suona come una replica diretta al sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, che dieci giorni fa aveva avanzato richiesta sulla riapertura della vicenda, indicando Olindo Romano e Rosa Bazzi come "probabili vittime di un errore giudiziario".

Un documento ufficiale che difende l'operato di Magistratura e Carabinieri, ricorda le tre sentenze di condanna e le confessioni dei coniugi Romano, "dettagliate fino alla descrizione di ogni minimo e più atroce particolare" sull'omicidio di Raffaella Castagna, di suo figlio, sua madre e della vicina di casa.
Il procuratore non esclude iniziative per "tutelare l'immagine dell'ufficio", sottolinea le numerose istanze della difesa già respinte e critica apertamente la divulgazione della proposta di revisione scritta da Tarfusser.
"Stupisce - scrive Astori - che sia accaduto prima della valutazione all'autorità competente, cioè procura generale e avvocatura di stato, e che contenga accuse di condotte abusive e illegittime”.

Un mezzo (per ora) sospiro di sollievo per Beppe e Pietro Castagna (figli e fratelli di due delle vittime della strage), che dopo l'uscita del pm milanese avevano ribadito la loro posizione:
"Speravo fosse finita ma ci risiamo. Noi non diremo nulla. Non parleremo più con giornali o altro. Questo era e rimane il nostro pensiero".

Un riferimento a un vecchio post del 2018 in cui avevano sintetizzato tutto il loro dolore nei confronti dei "revisionismi" negli anni avanzati a proposito della triste vicenda:
"Abbiamo vissuto anni di processi, visto decine di periti, ascoltato centinaia di ore di dibattiti, non dieci minuti di trasmissione tra uno stacchetto della Marcuzzi e l'altro, ma davanti a una corte di primo grado a Como, di secondo grado a Milano, una corte di cassazione a Roma in anni di processo, tre gradi di giudizio davanti a 26 giudici, davanti a noi parenti delle vittime.
Premeditazione, movente, confessioni (che io chiamerei rivendicazioni), testimone oculare, tracce ematiche - hanno elencato - intercettazioni, ammissioni annotate in carcere: potreste anche non essere convinti di qualcuna di queste cose, ma non potete credere che tutto sia davvero frutto di un complotto.
Ora, non sta a noi, né difendere la Procura né gli inquirenti né il loro operato, consentiteci di difendere però la verità, che per noi è solo una - hanno ribadito - consentiteci di essere indignati e increduli nel sentire gente che definisce i colpevoli come innocenti vittime di una giustizia sommaria e faziosa, definiti addirittura come 'un gigante buono e una gracile signora'.
Questo gigante buono e questa gracile signora hanno ucciso brutalmente nostra madre, nostra sorella, nostro nipotino, la signora Valeria, hanno tentato di uccidere il signor Mario, spezzando pochi anni dopo la sua vita e e la vita di nostro padre, facendo vivere a me e a Beppe, a Elena e Andrea Frigerio un incubo continuo".